Skip to main content

Full text of "La Tebaide P. Papinio Stazio nella traduzione de Selvaggio Porpora. Tomo primo secondo"

See other formats


LA TEBAIDE P. 
PAPINIO STAZIO 

[NELLA 
TRADUZIONE] DE 

SELVAGGIO... 

Publius Papinius Statius 



Digitized by Google 



t 



I 




Digitized by Google 



PARNASO 

■ 

DE' POETI CLASSICI 

©• pani xazzoxb 

* 

E&REA , Greca , Latina , Inciesb , SpaCKU© 
la > Portoghese , Francese» ec. 

TRASPORTATI IN LINGUA ITALIANA 

Cronologicamtnte , « varietà di metro 
dai migliori nostri Fotti. 

TOMO TRENTESIMO OTTAVO.. 



Da ogni timo, strani» qua e là raccolsi 
Ospita grata Italia mìa Torti* 
Lor dndc JtaU mesti, i in sin li accolsi . 



A. R. 



.1 L S 



/ 



Digitize^ 



P. PAPINIO STAZIO 

- 

LA TEBAIDE 

\ . 

D I 

SELVAGGIO PORPORA. 



TOMO SECONO©-.. 




X 




VENEZIA MDCCCII. 



PRESSO ANTONIO ZATTA QU: GIACOMO 
Ctn Licenx.it de' Superiori , t trivÌU£Ìt . 




Vn fi dUsìmn che offusen il lettor t, 
W» to'di jfmfip, t di c»lc*t» «ili, 
fluisté f* QUXAO dì Mann minor $ . 



A. R. 



• 

i 



Digitized by G 



V 

A' SUOI AMICI 

• « 

» » « • •% 

ANDREA RUfifii. 

T^Off aver letti i primi Ubri di, Stazio > rd 
ammirai* la versione del Porpora , chi negh$- : 
rà , cortesi amici, che quest'opera non sia de* 
gna della biblioteca a" cipolline ? Gli uomini 
antichi che hanno avuto ragione fermandosi 
sempre sul primo Bello -, ma noi non abbiam tor- 
to,, se vogliamo far pausa talvolta sul Bello 
secondo, Quello, ne attrae II 'ammirazione , ma 
ne arretra -, questo ne accosta un po' di ptà , 
credendo di poterlo imitare . Quanti in fatti 
sarebbero divenuti poeti grandi , se non si fos- 
sero fitti in mente di non voler essere se non 
Omerici e Virgiliano ? duello finalmente ne de* 
sta una dispettosa maraviglia -, questo ne per* 
mette almeno una speranza di somigliarlo . Era 
quasi necessario il secol d* argento, perchè le 
gigantesche stature non abbattessero gli animi 
di chi si affacciava al Parnaso. Si sa, che 
ivi, come negli anfiteatri, vi son sedili secon* 
do i gradi delle dignità . lo vi consiglsero 4 
leggere Stazio anche per più gustare Virgilio . 
Li troverete ambedue lodevoli, benchì non sem* 
fre l'uno sia da bilanciarsi coli' altro. 



• 



Il traduttore di Stazio in un e erto modo U 
nobilitò. Fochi lo conoscer ebbono ai giorni nostri, 
se sì bella mano non lo avesse alV italiana 
vestito . Tanto è vero che chi traduce ha in 
suo potere il destino del suo prototipo. J poeti 
originali dovrebbero saper grado a chi tanto 
fatico in lor favore. Il porpora amo Stazio ; 
ma Stazio ora dovrebbe amare il Porpora . Per 
lui si assapora dai letterati , e si merita il 
giudizio ancor delle colte donne . Auguriamo» 
gli, cortesi amici , una madama Vacier , che 
•#7 tomenti alV Omerica , e Stazio virgileggia. . 
Mi vi raccomando . 



» 



* » 



i 



• < • - « 



4 ' 



■ / 1 



NOTIZIE 

STORIO O-C RITICHE 

♦ 

DI SELVAGGIO PORPORA 

» ■ , ■ * 

OSSIA 
CORNELIO CARD. BENTIVOGLIO. 

t 

« • i • 

N Acque in Ferrara nei 1S6 8. La sua fai 
miglia è tra le prime d'Italia. I buo- 
ni studj in parria occuparono la sua gioven- 
tù , e colla laurea dottorale si portò a Ro- 
ma . Nunzio apostolico a Parigi maneggiò gli 
affari della' sua corte con destrezza e pruden- 
za Le circostanze dei tempi rendettero la sua 
legazione ammirabile. Fu creato cardinale nel 
\7\r* e mori in Roma nei 1731. Verseg- 
giò sempre con plauso . Fu amicissimo dei 
Frugoni ^a cui leggeva con piacere la tra- 
duzione della Tebaide . Di questa cosi scrive 
Il Tiraboschi : V incomparabile traduzione , 
che delia Tebaide ci ha data il card. Benti- 
voglio sotto il nome di Selvaggio Porpora, 
ci ha renduto questo poema piii A dilettevole 




. * 



LIBRO 



stori 



Ti^Entrc in tal guisa a vani giuochi intenti 
1 . Tar ^ano i Greci a cominciarla guerra } 
Mirolli Giove con turbato ciglio, 
E crollò il capo : ai di cui moto scosse 
Treman le sfere, e si querela Atlante, 
Che sovra '1 dorso suo s'aggravi il pondo 
Mercurio chiama : e fendi , ( dice ) e voJa I 
Per mezzo 1* Aquilone a Tracj lidi , 
E de l'Austro nevoso al freddo polo, 
Là dove l'Orsa, a cui vietato, e tolto : 
È T Oceano ^ la sua stella pasce 
De le invernali piogge, e de' rniei nembi: 
Ivi o deposta l'asta, e il fiero brando,, 
Marte riposa, (ancor eh' ei l'ozio abborra ) 
O qual io penso, fra le trombe e l'armi 
InsaziabiI gode , e lussureggia 
Del popolo diletto in mezzo al sangue; 
Tu pronto il trova, e l'ammonisci, e l'ira 
Del genitor gli fa palese , e nulla 
A l ui tacer de* muri sovrani imperi . 
Io g l V commisi pur, che a guerre, e a risse 
Tutte accendere U falangi Argive , . 
E guanto 1? Istmo patte, e quanao abbraccia 
V 

T$b. di Staz. Tom. II. A 



4 



\ 



Digitized by Google 



t Tebaide di Stazio 

tyalea latrando co* suoi rauchi flutti; 
Eà or usciti da la Patria appena 1 
Si stanno i Greci a'sacrificj intorno: 
Sembra . che riedatt vincitori in Argo , 
In tanti applausi rati perduti t e offesi > 
L'aspra ingiuri* crude! posta in obblio, 
Fan lieti giuochi d'un fanciulla a V ombra. 
Tal dumjuev Marie , e il tuo furor ? i Dischi 
' Strido» f** r ana, e con gli Ebaij Cesti 
Si fan le pugne ; ma se in lui s' accenda 
L'innata rabbia , ed il Crude! diletto 
Dì stragi , e morti, onde si pasce* al piano 
Fari cader in ceneri „ e faville 
Le innocenti cittadi , e furibondo - • 
Ferro e fuoco portando , intere, intere 
Srruggerà le nazioni * allor che e noi 
Più fanno voti, e desolato, c vano 
Renderà; il mondo . Ed or che '1 nostro' sdegno 
Lo chiama a Tarmi, è mansueto, e lento • 
Che s'egli non s'affretta, e se non spinge 
Tosto le Greche schiere a' Tirj muri 5 
(Non minaccio rigori) egli pur sia 
Placido Nume > e'1 genio suo cwifcfe 
Ne T ozio* illanguidisca : it branda «ciflga* 
E i cavalli' mi renda , e ttc le guerre 
Pili non abbia Ragion . Ctm lieto «sfc*co 
Guarderà il «Ondo , e spanderò Ja jwo* 



\ 



. ■ A - 



*r J£j*£: ATT. 



L I D R O VH. i 

Sopra la terra > e la Tebana impresa 
Condurrà a fine la Triconia Dea . 

Tacque, e Cillenio a' Tracj campi scese , 
Ma ne l'entrar de l'Iperboree porre, 
Procelle eterne, e di quel polo algente 
J folti nembi , e d* Aquilone i fiati 
Lo rivolsero in giro : il manto suona 
Da graadine percosso, e'1 capo appena 
Gli difende V Arcadico cimiero . 
Mira, e non senza orror l'erme foreste, 
Che son del fiero Nume albergo , c tempio, 
U' da mille furor,' intorno cinta 
Incontro a I' Emo la feroce , reggia 
Ai ciel s' innalza ; son di ferro armati 
Gli angoli de le mura, e son 4' acciajo 
Le porte , e le colonne , che sostengono 
Del tetto di metallo il graye incarco : 
La grafi lampa Febea, che vi riflette, 
Offesa resca, e spaventata fugge 
La luce, e lo splendor pallido, e tristo » 
Che n'esce, ita ciel fa impallidii le stelle 
Stanza degna del luogo : in su le soglie 
Scherza l'Impeto insano, e'J reo Delitto, 
E 1 Ite rubiconde , ed il Timore 
Pallido, esangue j e con occulte spade 
Vi son le Insidie , e la Discordia pazza , 
Che tiene sr*au 1' una , e V altr* mano . 



uigitized 



by Google 



I 

4 Tebaidb i>i Stazio 

Suona la reggia di minacce, e stassi 
Nel mezzo là Virtù mesta, e dolente, 
£d il Furor allegro ; e armata siede 
Fra lor la morte eoa sanguigno volto . 
Nuli* litro sangue su gli altari fuma, 
Che sangue in guerra sparso, e non s'adoara 
Altro fuoco, che quel che ▼ien rapito 
De le cittadi in cenere consunte . 
Pendon spoglie e trofei del mondo vinto 
Tutti a l* intorno, e ne' sublimi palchi 
Stanno i cattivi 5 orribilmente scuke 
Stridon le ferree porre , e -vi si scorgono 
Navi guerriere , e vuoti carri , e i volti 
Sotto le ruote deformati, e infranti, 
E poco menj che i gemiti, e i lamenti 
Cotanto al vivo le ferite , e gli atti 
Vi sono espressi . In ogni luogo vedi ; 
Marte, ma non mai placido in sembianza * 
Tal lo fece Valcan, che non ancora 
L'adultero scoperto a* rai del sole 
Incatenato avea nel letto impuro. 

Non avea appena a ricercar dei Nume 
Dato principio il Messaggiero alato; 
Ed ecco il suof tremare , e muggir l'£bro 
Frangendo i flutti, e'1 bellicoso armento* 
Che le valli pascea , di nuove spume 
Tutte •maltar le tremolanti erbette, 

* 



Digitized by GoOQle 



/ 



L i fi il o \lt. j 
( Segno che il Nume giunge ) e spalancarsi 
te porte <T infrangibile adamante . 
Egli sen vien sul ferreo carro adorno 
D'Ircano sangue, che grondando a* campi 
Mura 1' asperto > ed ha le spoglie a tergo , 
E de* cattivi le piangènti tutme . 
S* aprono 1* alte nevi , e le boscaglie 
Dan luogo, Ovunque passa, e con sanguigna 

4 Mano Bellona i destrier' rògge , e'1 carro, 
E con Jung' asra li flagella, e punge 
Inorridissi a si terribil vista 
Di Cillenio la prole , t chincVl volto.- 
Lo stesso Padre , se in si fier sembiante 

. Scorto T avesse , riverenza , e tema 
N* avria sentito , e le minacce t V ire 
Avria frenate , e '1 suo crudel comando 1 . 
> Marte parlò primiero: or <jual mi porci 
Di Giove impero, o di lassù novella, 
Fratcl ? Perch* io so ben , che tu non scendi 
Di tuo Voler in questo polo algente , 
E fra gli orrori de Je nostre nevi: 
A te i Menali ombrosi , umidi boschi 
Giovano , t del Liceo i* aura più mite. 
Quegli di Giove il gran Comando espone. 
Né Makte indugia ; ma i destriér* rivòlge 

nsanti , è molli, ed egli stesso ha io ir» 
Le dimore dcT Greci . Il vide Giove 



A * 



/ 



\ 



Digitized by Google 



1 



- % T#«AIDE DI STAZIO 

Dal- .Ito «,gli<„ e mitigò lo sdegno,., , 

, 1 lasci» , 'woeello» , e incerta 
^UcX.Vl-onda.cKesi^n, 

«/-onte aeUa ancora: 
La tempesta mancante agu» 

ssa: ■ tsx — » !L. 

D V • e al busto «pento intorno , 
E V fuoer.lt, e ti W J . 

,„„„„ ; Gtect: e g»a , 
Statano x m . . .. cenet fte ddo 



* > 



•tsaT* A^asto 

Da r* To,« « molti lustri : 
Tue feste eia» ^ 

che Jft f » . ebutna 

Pelope V 0 ^*'- Elei, ne'l fier Pitone 
Batterà 1 «mpj J* J • a t 

Corerà i P») giuochi , e no p . 

. < < ai 



OigitTzed byt^oogle 



Libro VII. 7 
Ma la pingue Beozia > e Tebe vinta. 
Cosi per tutti Adrasto, e ne l'interno 
Approvava ciascuno il regio voto . 

Ma già scende* co* rapidi destrieri 
Marte a* lidi Efirci > U dove estolle 
Acrocorinto il capo , e tutti adombta 

I due mari divisi, e di sua schiera 
Sceglie il Terrore , e Jo spedisce al campo 
Non v* è '1 più destro a insinuar ne' petti 
La sollecita tema, o chi più '1 falso 

Col vero adombri : innumerabil' mani 
Ha '1 riero mostro, innumerabil' voci 
E *iual più gli convien , prende sembianza 
A lui tutto si crede , e pon sossopra > 
E io furia ie cittadi, e s'egli afferma 

II terreno ondeggiar , splender due soli , 
Le stelle ruinare , andar le selve ; 

Il fantastico vulgo , e gì* infelici 
Giureran di vederlo . Ed or che '1 Nume 
A tant* uopo lo sceglie, egli raddoppia 
L'arte, e l'ingegno. Da T Erculea valle 
Alza turbo di polve , e sbigottiti 
Io mirano da 1' alto i duci Argivi . 
Indi accresce il terror , e un rumor vano 
Imita, e finge di cavalline d'anni, 
E d' utU orrendi l'aria intorno assorda. 
Rcstan sotpresi i Greci , e mormorando 

^^^^ ^a^BiP^ 



% Tebaidb di Stazio 

Fremo n le tarme : quai fragor ? Qual suono? 
Noi pur 1' udiamo . Quale immensa nube 
Il ciclo inYoIve ? Sarian mai le schiere 
De Toste Ismena ? Ah certo sono. 'E tanto 
Tebe presume? E non paventa? Or stiamo, 
Stiamo a perdere il tempo intorno a* roghi 
Tai sensi ispira a le, confuse menti 
11 fallace Timore, ed or l'aspetto 
jy un guerriero Pisan , or d* un Eleo , 
Ot d' un Lacon ci prende , e giura , e afferma, 
Che '1 nemico è vicino , e un yan terrore 
Sparge per tutto il campo , e lo perturba » 
Ma poi che a l'alme inferocire il Nume, 
Il Nume istesso sopraggiunse involto 
In un turbin di polve, t ebe tre volte 
V asta- crollò tre volte al corso spìnse 
I feroci cavalli» ed altrettante 
Percosso al petto fc* suonar lo scudo ; 
A V armi a V armi furiosi e insani > 
Gridan per tutto t ognun Tarmi rapisce, 
Chi le sue , chi le ignote , e chi *1 cimiero 
Cambia , chi V asta , e chi i non suoi destrieri 
Al carro accoppia ; in ogni petto bolle 
Desio di stragi» e morti, e nulla frena 
Più il lor furor i precipitosi vanno, 
E coropensan rf indugj . In cotti guài ' - 
Ai cominciar del tento il Udo suona 



Digitized by 



I 

Libro Vii. 9 
Di strepito, e tumulto, allot che '1 porto t 
Lascia la nave, e di le vele al vento» 
£ accomoda le sarte . I falsi flutti \ 
Già flagellano i remi , e di già a galla 
Vengon l'ancore curve, e già 1* a*nata 
Spiaggia d' alto si mira , e quei , che a tergqp 
Cari pegni restai* consorti , e figli . 

Vide Bacco partir le squadre Argivc 
Rapidamente accelerando il corso > 
£ lagrimando a la materna Tebe 
Gli occhj rivolse , e al suo natale albergo ? 
£ ricordossi il fulmine paterno. 
Turbato abbassa il rubicondo viso, 
£d il crine scompon, mentre ne strappa 
II serto, e mentre da le corna l'uve, 
£ '1 tirso da le man* cader si lascia. 
Indi 'i manto discinto , e lacrimoso 
Sen corre a Giove , che in rimota parte 
Stava del cielo, in tal sembiante, e mesto i 
Che tale uncjuanco non fu pria veduto : 
(£ ben sa'l Padre , a che ne venga :) allora 
Supplichevole a lui così favella : 

Dunque , o buon genitor de' sommi Dei r 
La tua Tebe distruggi? A corant'ira 
Giunge la tua consorte? £ non ci muove 
La Tetta a te si cara , e V ingannata 
Casa, e de* miei il cenere sepolto 1 



$ 

1 



Digitized by Google 



* 

*C T£B AIDE DI STAZIO 

Siasi «he gii tu involontario fuoco 
Da le nubi scagliasti; ed or di nuovo 
Perchè la terra accendi ? Il giuramenti 
Gii don ti sforza de tf inferna Cora , 
Ne de l'amata le preghiere, e l'arti. 
1 quando avian mai £oe 1 tuoi rigori? 
Dunque a aoi soji U fuimiftf : ritedw i 
Irato Padfe? ma non gii si ficco 
Scendi di Danae a* retti, e a' boschi amic^ 
D'Arcadia, e ai letto de l'amata JLeda . 
Dunque fra tanti figli abbietto , e vile 
Io sol ti sembro? £ pur gradito peso 
Ti fui gii un tempii f pur a me rendesti 
La vita , e 1* alvo , ed i materni mesi. 
Arroge a ciò , ehe i miei Teb*n' non sanno. 
AltV armi maneggiar , che V armt nostre : 
Cinger di frondi il crine, cai suon <le" bossi 
Invasati danzar, e de le spose:- : . 

Temere i tirsi , e de le fiere madri . 
Come potran le trombe» c.M suon de l'armi 
Timidi sostener ? Ecco rimica . ì 

Con qual furor vien Matte t e forse adduce 
I tuoi Curati in guerra? O ci propone 
Pugne innocenti di quadrati scudi ? 
Ahi che contro ne spingi Argo odiosa . 
Porse raancan nemici I Ó duro impero, - l 
Più de' perigli ancori a la matrigna „ 



; 

Libro VII. il 

Parcm le nostre spoglie , ed a Micene 

Che se pur tale e 'I tuo volere , io cedo . 

Ma dove poi de la rnia gente estinta 

Porterò 'J culto , e ( se vi son ) gli avanzi 

De 1' infelice mal feconda madre ? 

forse fra' Tracj ? O di Licurgo a boschi ? 

O a gì' Indi soggiogati andrò cattivo ? 

Se profugo mi vuoi ; dammi una sede . 

Potéo fermar (ne già l'invidio) Apollo 

Delo materno ne l'Egeo profondo; 

Potè Minerva da V amata rocca 

Respinger T acque ; e con quest' occhj io vidi 

Epafo dominar ne' regni Eoi > 

E Mercurio , e Minosse in dolce p3ce 

Godon Ciliene , e Creta. I nostri altari 

Hai solo in odio . Ma se noi meo gtati 

Ti siam Tebe rimira: ivi godesti 

L' Erculee notti » e dì Nittéo la figlia 

Ivi t' accese di soave fiamma : 

Quivi è il seme di Tiro , e del mio fuoco 

Il toro più felice . Almen ti prenda 

Del sangue d' Agenor qualche pietade . 

Sorrise Giove a quel parlar, e '1 Figlio, 
Che gii prestrato a lui tendea le mani > 
Sollevò al bacio , c placido rispose : 

Non è, Giunon, come tu pensi, o. figlio, 
Che dia impulso al furor; negar saprei 



Il *Tebaide ni Stazio 

te atroci imprese a la consorte ancora i 
Qiialor le richiedesse: il giro ecerno 
Mi trasporca de* Faci * e antiche sono 
Le cause de la guerra » In ciel qua! mai 
Trovi di me più mansueto Nume: 
Chi ha più in orror V umano sangue ? [il vedé 
Pur (jaesro polo, e questa immobii reggia, 
£he sarà meco eterna . O quante i o quante 
Volte ho deposto il fulmine gii pronto l 
Come di rado su la cerra il vibro 1 
Né già di mio voler io diedi in preda 
A Diana , ed a Marte a torco oftisi , 
E gravemente , i Lapiti feroci , 
£ i Calidonj antichi. È mia facica 
Tanci corpi formar, mntar rane' alme 
Ma di Labdaco, e Peldpe i nipoti 
Troppo ho tardato a svellere dal mondo . 
Quanto sien pronci ad oleraggiare i Numi 
I tuoi Tebani, (restia or da parte 
Ir Dorici delitti) è a te bea ooco , 
Che anche orTeser te stesso ; e par si taccia, 
Giacché placossi in noi l'antico sdegno. 
Penteo però le scelcrate mani 
Non ave* tirite del paterno sangue*, 
Né compressa la madre, e a se i fratelli 
Procreilo nel talamo nefando ft 
E pur ita gli Orgj tuoi lacero cadde * 

I 



Libro VII. 1 3 

Ove i tuoi pianti allor? Ove le preci ? 

Né gii destino al mio privato sdegno 

L' empia stirpe d' Edippo : a me la chiede 

La terra, il cielo, la pietà, la fede 

O/Tesa, la Natura, e '1 fier costume 

De l'empie Furie. Tu per or la tema 

Deponi , o figlio : il tatal giórno ancora 

Non è giunto per Tebe : a più funesta 

Età la serbo, e a vindice maggiore: 

Or tutto di Giunon sarà V affanno . 

Bacco a tal dire il manto , e '1 cor riprese . 

Cosi talora in bel giardin le rose , 
Se '1 fosco sol le adugge , e '1 torbid'Austro, 
Pallide stanno; ma se i dolci flati 
Spira Favonio , e rasserena il cielo , 
Rtrornan belle, e i lor novelli eermi 
Ridon d'intorno, e si fan verdi i rami. 

Ma del Tiranno a V atterrite orecchie 
Gli esploratori aveano esposto incanto , 
Che vien l'oste nemica a lunghe schiere 
E eh* è già su' confin' : che ovunque passa 
Treman le genti , ed han pietà di Tebe : 
Narran le nazioni, i duci, e l'armi. 
Il te cela il timore, e più ricerca, 
Ed ha in odio chi '1 narra : alfin risolve 
D' aninut le sue squadre , e farne mostra^ 
Tutta 1' Aonia avea commossa a 1' armi . 



1 



14 Tjeb aide pi Stazio 

ilarre , e 1* Eubea , e Focidc vicina. 
Tal di Giove è *1 piacer : scorre per tutto 
Il segno militar j e in un momento 
Armate escon le squadre , e vanno al campo 
A la citd soggetto^ a cui serbate 
Son le battaglie, e i gran' furori aspetta. 
Non hanno ancora gi* inimici intorno 
E pur timida turba, il sessa imbelle 
Su' muri corre i « a' pargoletti figli 
Mosrratì -i^ppprittcenri , e sotto gli elmi 
Additala lofo i genitori ascosi. 

Sbavasi sola sovra eccelsa torre , 
IP -pero vel coperto il molle viso, 
Antigone, non anco a l'altrui sguardo 
Concessa, c seco solo iva Forcante, 
Già scudiero di tajo il venerando 
Vecchio onora' la vergine reale ; 
È prima a lui favella: abbiara noi speme, 
Padre, che queste insegne abbian possanza, 
Per resistere a* Greci? A sor Ja fatua / 
Por**, che contro noi vengono in guerra 
Tutti | regni <li pelone. Or ci prego « 
Mostrami J duci , e Je straniere squadre , 
Che i nostri io' he* ravviso, e quali insegne 
Meneceo porti, e di guai' arni adorno 
Splenda Creonte , e per la ferrea Sfinge 
Superi» Eraon , come se n'esce a/feto 



Libro VII. lf 

per l'Emoloida porrà. Ella si dice 
Semplicemente , e a lei risponde il veglio ? 

Mille Driante Sagittarj in guerra 
Da' freddi colli di Tanagrra adduce, 
Egli ha il tridente in bianco scudo impresso 
Ed aspro d'oro il fulmine trisulco ; 
Del gigante Orion degno nipote 
Per sua virtù : deh stia da lui pur lungi 
Il destino del Padre, e l'ira antica 
La vergine Diana in tutto obblii. 
Seguono le sue insegne, c fangli omaggio 
Medeone , ed Occalea^c la selvosa 
Nisa, e Tisbe, che al suon de le colombe, 
Care à Giprigna > mormora d' intorno . 
Questi, che porta in man le rusticaii 
Armi paterne , è detto Eurimedonte 
Figlio di Fauno > ed ha su 1* elmo un pino 
Che di destrier cadendo imita il crine ; 
Quanto ardito fin qui fu ne le selve » 
Tanto sarà ne le sanguigne pugne 
Lo segue Eritre d* ampie greggi ricca , 
E de T arduo Scolon gli abitatori 
E quelli cT Eteonon cinti d* intorno 
& alte scoscese rupi, e quei che d'Ile 
Statì f ta gli angusti lidi , e quei , che in Scheno» 
Superbì yari ^tt Atalanta > -e i campi 
Qfloran , dove ella fii Volte coese ; 



.... v 

( \6 Tjbbàidb di Stazio 

'Armati di Macedoni zagaglie 
Vengono in guerra » e di quadrati scudi , 
Che mal ponno coprir da' colpi il patto . 
Quelli d* Onchesto , che a Nettun son cari , 
Ecco scendon nel campo a gran fracasso, 
£ i Micalessi fertili di pini, 
E quei, che'l Mela, ed il Gargafio rio 
Irrora , a Palla sacri , ed a Diana ; 
A gli Aliarti, che lè nuove messi 
Invidian de' vicini , c con dolore 
Miran le loro dal rigoglio oppresse : 
Portan tronchi per aste, e per cimiero 
I capi de' leoni > e son le targhe 
Di sovero leggiere, e di costoro 
Duce è '1 nosrro Anfion : ben lo ravvisi 
Vergine, al plettro, che su l'elmo, porta, . 
E al toro avito ne lo scudo impEcsso . 
Generoso Garzon ! ei si prepara 
Gir per mezzo le spade , e 'l petto ignudo 
Esporre in guardia de V amate mura . 
Voi d' Elicqna pur turbe venite 
A soccorrer nostt' armi , e tu , o Permesso , 
E tu felice pe i canori flutti . 
Ormio , non usi a le battaglie i vostri 
Popoli armate: or tu li senti, o figlia, 
Venir cantando t i patrj carmi, appunro 
Di cigni in guisa, che ai partir del Verno 

■ 




Digitized by Goog h : 



Libro . VII. 17 

■ 

Del sereno Scrimoli lasciati ie sponde • 
Itene pur felici: i vostri fasti 
Vivranno sempre , e saran fatti eterni 
Dal dolce canto de le caste Muse . 

Igli cosi dicea > ma 1* interruppe 
La vergine: e chi son quei due fratelli 
Che van si uniti ? Di guai stirpe ? Oh come 
Sono simili a 1* armi > oh come eguali 
Svolazzano le creste in cimi a gli elmi l 
Deh fosse tal concordia anche fra' nostri ! 
Cui sorridendo il veglio : in questo errore 
Tu la primiera Antigone non sei : 
Altri ingannati da V età germani 
Gli hanno creduti , e pur son padre > e figlio 3 
Ma confusero gli anni : or tu m' ascolta : 
Lapitonia Dircea Ninfa lasciva 
Del primo s' invaghi , che giovinetto 
Era, e inesperto, e a* talami immaturo) 
£ tanto fece con lusinghe , e vezzi , 
Che seco si congiunse , e n' ebbe un figlio 
11 vezzoso Alatreo > che '1 genitore 
Me la primiera gioventù, somiglia 
Al volto, e insieme hanno l'età confusa. 
Or del nome fraterno , ancor che finto , 
Hanno piacer , e del comune inganno 5 
Ma vie gode il genitor, cui giova 
Sperar compagno in sua vecchiezza il figlio. 

Teb. di Stàx.. Toro. IL B 



t% Tibà/de m Stazio 

Trecento in guerra caratteri eietti 
Il figlio mena , ed altrettanti il padre; i 
Sé il ver narra la fama, a noi li manda 
Glisanta angusta, e Corone» ferace* 
È ricca Tuna d'ubertose viti, 
£ l'altra* pingue di copiose messi. 
Ma qua rivolgi il guardo, e Ipseo rimira, 
Che itoti quattro corsieri , e '1 carro adombra. 
Con la sinistra man di serte cuoja 
Di toro cinto alto sostien lo scudo. 
Copre il gran petto d* interzata maglia , 
E da tergo non teme. Un asta impugna,* 
Che fu onor de le selve, e che vibrata 
Penetra Tarmi, e va per l'armi a petti , 
Ne -mai lancio Ila il cavaliere in fallo ; , 
Gene rollo il rapace Asopo , e degno 
Padre d' un tanto figlio alior si mostra , . 
Che rotti i ponti, e gli argini,- sonoro, 
Sen corre al mare , e le campagne inonda : 
O quando a vendicar V offesa figlia» - 
Turgidi alzò centra le stelle i flutti , 
E sdegno aver per genero il Tonante . * 
s Poichè rapita al patrio fiume Egina 
Fra gli amplessi di Giove ascosa giacque 
Sdegnassi il fiume, e mosac guerra ai «ieio. 
(Non era in nell'eri lecito a' Nanu t 
Contaminar le wgini innocenti; — 



■ 

Digitized by Google 



Libro VII. 19 

S' alza sovra se stesso a la vendetta , 

£ spinge Tonde in alto, e benché privo 

D'ogni soccorso, pur combatte soloj 

Ma dal fulmin percosso oppresso giacque . 

Gode il fiume orgoglioso in su le sponde 

Vedere ancor le cenemi »celcs ti , 

B va superbo de 1' avuta pena 

Contra il cielo esalando Etnèi vapori . 

Tale vedremo Ipsco ne' Cadmei campi , 

Se pur Egina a Jui placò il Tonanre . 

Seguono il suo stendardo Itone , e a Palla 

Alalcomcne sacra , e Mide , ed Arne : 

Quei che in Aulida, e in Grea spargono i semi> 

E li verde Platèa domaci co' solchi, 

E Peteòne, e quei che '1 nostro Euripo 

Con eterne tempeste intorno scorre , 

E tu ; Anredòne esrrema, ove dal lido 

Umiderboso ne' bramosi ilurti 

Si lanciò Glauco , e già cexuleo il crine 

Patto , e le gore , inorridì in mirarsi 

Dal mezzo in giuso trasformato in pesce. 

Iluotan le frombe , e eoa piombati globi 

Fendon i venti , e Jancian le xagalie £| 

Veloci pid di eretiche saette . 

Tu p\u , Cefisso, a noi mandato avresti 

Il tuo Narciso ; ma ne* Tespj campi 

Langue il 

giovin feroce , e con sue linfe 

£ x 



io Tebaioe di Stazio 

Lo sconsolato padre il fior ne irrora* 
Chi le schiere di Febo, e de l'antica 
Focida potrà mai narrarti a pieno? 
Daulida, Ciparisso , o Panopèa , 
£ Lambadia vallosa , e sopra un scoglio 
Hiampoli fondata, e «mei che manda 
L'uno e l'altro Parnasso , e <juei che Cirra 
Hanno per stanza , e Anemoro pendente 
E di Concia i boschi , e di Cefisso 
Lilia , che preme la gelata fonte » 
Là ve solea Piton 1' immensa sete 
Portando , il fiume divertir dal mare . 
Mita come ciascun su l'elmo ha il lauro, 
E portan ne lo scudo o Tizio > o Deio , 
O le faretre , che votò sovente 
Febo , facendo innume rabil strage . 
Ifito e il duce loro , a cui poc' anzi < 
Naubolo padre d' Hipaso disceso 
Rapi la morte* Naubolo , o buon Lajo > 
Un tempo tuo fedel ospite > e auriga , 
Che guidava il tuo carro il giorno acerbo » 
In cui cadetti indegnamente esangue 
43e' tuoi destrier* era le ferrate zampe . 
Deh foss' io pur teco rimaso estinto ! 

Qui impallidi Forbante , e da* singulti 
Gli fur tronchi gli accenti . Il freddo veglio 
Si stringe allor la verginella al seno, 



\ 



J^J^jfeeclijiLQopQle 



Libro VII. n 
£ lo consola . £i con tremante voce 
Ripiglia, e segue: o Antigone > o ma sola 
Illustre cura , ed ultimo piacere , 
Per cui di gire a le cicch* ombre io tardo > 
E mi serbo a veder forse le avite 
Stragi, e le stesse sceleranze antiche, 
Tanto che te consegna intatta , e pura 
A legittime nozze : ah presto sia ! 
Ed Atropo il mio fi 1 tronchi dal fuso. 
Ma mentre il tempo io perdo ; o guanti vcggiq 
Duci trascorsi! e Ctonio tacqui, e i figli 
D'Abante, a cui sccndon le chiome a tergo* 
Non Caristo pietrosa a te mostrai, 
Non Ega umile, e Cafarèa sublime i 
E già stanca la vista a gli occhj nC g a 
Discerner gli altri , e gii son tutti fermi, 
E*l tuo fratello a lor silenzio indice. 
Avea finito il suo parlare appena 
Da la torre Forbante; allor che d* alto 
In cotai guisa favellò il Tiranno j 

O magnanimi regi , ai cui comando 
Io duce vostro d'ubbidir non sdegno, 
£ privato guerrier difender Tebe j 
Olì non imprendo a' generosi cuori 
Aggiunga sproni , voiontarj a 1* armi 
Correste , e yoiontarj a me giuraste 
I giusti sdegni, c le magnaninV ire , 



0 



I 



< ♦ 

%% Tebaioe di Stazio 

Né men poss' io rendervi grazie , o lodi " 
Al benefizio eguali: * toì mercede , 
Daranno i Numi, e vostre destre invitte , 
Debellati i nemici . Una vicina , 

■ 

Ed amica citta voi difendete^ * 
Contro di cai non da lontani climi 
Viene il nemico» p in altra terra nato ; 
Ma un nostro cittadino a nostri danni 
Muove , e conduce esercito straniero * 
E pure ha qui fra noi ne' nostri muri 
La madre, il padre, c le sorelle afflitte. 
Anche uu fratel tu avevi-.- or mira iniquo, 
Tu , che a gli avi minacci e stragi , e morte , 
Tutta r Aonia in mio favor $ è mossa , 
Né* sono al tuo furor lasciato solo . 
Sai tu che voglion queste squadre? 11 regno* 
Vogliono eh' io ti neghi, e qui si tacque. 
Indi gli qrdin dispone , e chi le mura 
Difender debba , e chi pugnare in campo, 
Quai schiere in fronte , e quali por nei ceiycro, 

Cosi qualor nel rusticaie albergo 
L'alba penetra, e ancor son l'erbe molli j 
Apre le chiuse stalle il buon pastore, 
E fuor ne tragge il gregge i escono i primi' 
I robusti montoni , e insiem ristrette 
Seguon le. pecorelle! egli con mano- - - 
Sostien le pregne , e le pendenti poppe , * 



Digitizéd 6y Google 



Libro VII. *3 

E pone al latte le cadenti agnelle . 
Vengono intanto senz* avec mai posa 
Né di , ne notte furibondi i Grecjr 
Spinti da Tira: appena il cibo, o il sonno 
Li tarda alquanto , e van con quella fretta 
V inimico a cercar , eh' altri lo fugge : 
Ne gli arrestan gli augurj , e i tristi segni , 
Che la sorte presaga a lor dimostra 
Molti, e funesti messaggier' di morte. 
Perchè di lor sciagura annunzio certo 
Diedero augelli , e fiere > ed astri , e fiumi» 
Indietro volti : tuono Giove irato , 
Strisciato infesti lampi : orribiT voci 
Da' sotterranei uscirò , e i chiusi tempj 
Volontarj s* aprir* de' Numi eterni: 
Or piove sangue , or, pietre > ed improvvise 
Apparver' ombre , ed a nipoti , e a' figli 
Flebili si mostrato i padri , e gli avi : 
Gli Oracoli Febei Cirra allor tacque, 
E la notturna Eleusi in non usati 
Tempi urlar si sentì : Sparta presaga , 
Aprendo il tempio, gli Amicléi fratelli 
(O sceleranza l ) pugnar vide insieme: 
Gli Arcadi udirò infra gli orror' noturni 
Lica^ne latrar : correr di nuovo 
Enomac* vidcr ne l'infame campo: 
Attoniti \ pisani > c ^uci d' Acarne 

B 4 



s 

N 



I 



14 Tei aide di Stazio 

Scorsero V Achclòo de l'alerò corno 
Scemo , e deforme : di Persio 1' immago 
Mesta vide Micene , e di Giunone 
Turbato il simulacro , e mercè chiese : 
' Udir* gli agricoltori il procelloso . 
Inaco dar muggiti : ambedue i mari 
Udir' suonar di Paleraòne a 9 pianti 
6ìi sbigottiti abiutor'de l'Istmo. 
Tali arrisi de* Numi ode , e non cura 
la Pelasga falange, e '1 furor cieco 
Di timore la spoglia, e di consiglio. 

Erano giunti di Beozia a' fiumi , 
E de F altero Asopo in su le sponde , 
E non ardiano il periglioso guado 
Tentar le schiere del nemico flutto . 
Perocché allor con ridondante piena 
Pacca terrore a* campi, o la piovosa 
Iride a lui le forze accrebbe , t> i nembi 
Alpestri » o che pur tal fosse sua mente 
. Del terreno natia chiudere il rarCo 
Ai campo ostile. Ippodemonte allora 
Il destriero reselo spinse d* un saito 
Nel Aline, e dietro si titò la sponda, 
E in mezzo k gorghi aito tenendo il freno 
E Tarmi, rolto a gli altri duci grida; . 
Or me seguite» o raiòrosij io scorta 
Primo saroyri a le nemiche murai 

i 

I 




Libro VII. 

10 primo a Tebe spezzerò le porte . 
Tutti lanciarsi allor ne 1' onde a gara 

Vergognando gli estremi • In cotal guisa 
Se dal pastor guidato a fiume ignoto 
Giunge V armento > timido s' arretra ; 
Lontana pargli la contratia ripa, 
Ed in mezzo ha *1 tertor 5 ma le precede 

11 toro condottiero, e '1 guado tenta, 
Allor facile il salto, allor vicino 

11 lido, allor più mite Tonda appare. 

Vider non lungi un rilevato colle 
Cinto da* campi , ove spiegar le tende 
Potean sicuri i capitani Argivi > 
£ donde si scoprian ie torri ostili 
Tutte d' intorno , e ie Tebane mura . 
Piacque la sede , ed il fcdel ricetto j 
Perocché il monte dolcemente sale , 
£ signoreggia il piano , e non lo copre 
Altro monte vicino , e non fa d' uopo 
Di gran sudore a metterlo in difesa : 
forte natura il fé* : le rupi in vallo 
Ergeansi , e in fossi era cavato il piano, 
£ quattro sassi gli cingeano i fianchi 
Fatti dal caso di bastioni in guisa s 
li rimanente terminar le schiere 
Finché il so l cadde, e die riposo a l'opre. 

Ma chi *1 terror può mai ridir di Tebe • 



/ 



1 ' 

%* Tbhaide di Stazio 

Città, che attende /gli ultimi perigli, 
Cai turba l'atra notte, e'I di yicino ! 1 
Corrono per le mura , e hi (juel terrore 
Nulla lor sembra esser sicuro assai, 
Nè fidan più ne le Anfionie rocche. . » 
Ferve il tumulto, ed il timore accresce ; 
De gl'inimici il numero, e il valore: 
Veggonsi a fronte i padiglioni ostili, 
E splender su lor monti estranj fuochi : 
Chi a tempj corre , e a Numi , e chi le spade , 
E ì dardi affina, e de' destrier' fa prova: 
Altri si stringe al sen la moglie, e i figli» • 
E chiede lor l'estreme esequie, e'I rogo: 
Se alcun le luci ia momentaneo sonno 
Chiude; in sogno guerreggiar or la dimora 
Lor sembra avanzo, or han lavica a schivo. 
Ed odian l'ombre, ed han timor del giorno . 
- Scorre per, ambo i campi ebbra, e Baccante 
Tesifonc, ed ha in man gemino serpe: 
Mostra un fratello a 1* altro , e ad ambi il padre. 
1 E questi utlando da sue oscure grorte, - 
Le Furie invoca, c ridomanda il lume. 

Di già ecclissato avea 1* umido corno 
L'algente luna , e già sperian le stelle 
A lo spuntar de la novella luce, . 
E bollia T Oceano al nuovo fuoco 
Dei vicin sole , e guanto vasto è il mata , 



i 



Digitized by Google 



L I 9 K O VII. $7 a 

A* rai cedendo de' destrieri ardenti* ' 

Spianava i flutti , e rosseggiava intorno* . 

Ed ecco uscir da le Tebane porta 

G i0 ca>ta , il guardo torva , e '1 bianco crine 

Sparsa, e incomposta ,« e pallida le gotc> J 

£ livida di colpi i bracci, e'l petto, 

Quasi Furia antichissima inferno , \ 

Portando in man cinto di nera 

Un ramasccl poliva, e accompagnata ■ «v - 

Da la gran maestà di sue sciagure. l iU 

Le due figlie, più ■ quitto^ re miglior sesso. 

Le fan di qua, di là bit sostegno, 

Mentf ella sforza le senili membra 

E sopra il suo potere i passi affretta . 

Giunta a' nemici urta col petto ignudo 

Le sbarre, e chiede con tremante voce 

Interrotta da gli urli essere ammessa * 

E aprite (grida) il varco; io queit* *aa*~> 

Dal di cui ventre tanta guerra usciere i i> 

Io son queir empia , ed ho nel vosero campo 

4nch f io ragione, ed esecrami parte* - +\ 

Innorridir ié guardie al solo aspetto* * 
M^to più a le parole, e di già un- messo. 
Tot**, che fu spedito^ al rege Adrasto, j 
Concine, che venga: apron le porte 
E la fat^o passar» tra V armi ignudo. 
Ma cornea de* principi Urrà .« W ^ 



xt Tea aide m Stazio 

Giunse al cospetto , in suo dolor feroce 
Furiosa gridò: deh chi mi mostra 
Quel eh' io mi partorii fiero nemico ì 
guai' elmo il cela , o principi ? A tal voce 
Corre di Cadmo il figlio, e fra le braccia 
1/ accoglie , e '1 seno di giojoso pianto 
Le begna , e la consola , e o madre , o madre 
Tra* singulti ripete, e le sorelle 
Alternamente or si restringe al seno , 
Or a la madre toma . Allor fra' pianti 
la fiera vecchia rie più P ira inaspra . 

Che lagrime , o crudel ? guai nomi fingi 
Argivo re? Perché m'abbracci, e offendi 
Col ferreo petto P odiosa madre ? 
Tu quell'esule sei? Tu quei meschino , 
Che mendicava albergo? E chi pietade 
Non avrebbe di te ? Lassa ! ma quante 
Schiere da* cènni tuoi pènder vegg'io? 
Da qtfante guardie ti rimiro cinto? 
Misere madri l or qual ti veggio ? E pare 
Io piangeva il tuo esilio i di > e le notti . 
Ma se de' tuoi la voce udir ti degni , 
Se ne ascolti i consigli , or che le trombe 
Taccion ancora, e la pietà sospesa 
Sta in mezzo a 1' armi, a l'empia guerra abborre. 
Io genitrice tua prego, e comando: 
Vien meco , e i Dei paterni « e i pattj retct 

* 



I 



Libro VIL %9 

Mira pria che gì' incenda , e col fratello 
( Che torci il guardo ? ) coi fratel ragiona , 
Ed il regno gli chiedi , ed io fra yoì 
Giudice sederò : che se lo nega , 
Porrai con più ragione usare il brando • 
Temi tu forse , che la madre ancora 
A le frodi consenta , e che t'inganni? 
Non uscì già da 1* infelice casa 
Ogni pietade : il tuo sospetto appena 
Giusto saria , se ci guidasse Edippo . 
Sposa fui > lo confesso , e le mie nozze 
Ahimé fur empie > e fu nefando il parto ; 
Pur tali io v* amo , e i furor' vostri io scuso.: 
Che se ancor tu resisti : ecco t* appresto 
Volontario trionfo ; a tergo lega 
Le pie sorelle , ed incatena > e stringi 
La genitrice afflitta , e se non basta , 
Da le sue grotte ti si meni il padre. 
Or i miei pianti, e le querele io volgo 
A voi > principi Achivi. In abbandono 
Lasciaste pur le dolci spose > e i figli , 
E i vecchj padri, e questi stessi pianti, 
Ch" io spargo $ allor versaste . A me rendete * 
Principi , le mie viscere , e '1 mio sangue . 
Se tanto caro nel suo breve esilio 
A voi si tese ( e siavi prego ancora ) 
Quale a me sarà poscia > e a questo seno ì 



$o Tjitaide djl Stazio 

Non da gli Odrisj regi , o da gi' Ircwù 
Saziano escluse mie preghiere oneste ; 
O s' altri v* ha , ohe vinca i furor* nostri , 
O'I concedete, o duci, o fra le braccia 
Spirar io voglio de i' ingrato figlio , 
Pria di veder le scelerate guetre. 
li flebile parlar mosse a pietade 
Avea le irate schiere , e già d' in tornò 
Si vedean vacillar' elmi , c cimieri» 
E di lagrime pie V armi cospeise i 

Quai feroci leor/ , che coir il petto 
Hanno atterrati i cacciatori, e l'aste, 
Placano 1* ira , e sopra i carpi vinti 
Van passeggiando > e certi gii del cibo 
Godon di prolungar l' ingorda fame ; 
Cosi ne* Greci $' ammolliano i cuori 
E 1' insano furor d' armi , e di morte j 
E Polinice* stesso ora fra i baci A e 
De la canuta madre , or fra gii amplessi 
'De là semplice Ismene, or nel seno • 
D'Antigone piangente, e che Io prega * 
Sta in se dubbio e confuso , e M regno efebi ia. - 
Qi* già d' andar non nega, e non g liei vie ul^ 
Placido Adrasto; ma s'^oppon Tidéo , 
Che si rimembra il ricevuto scorno- # 

Me (grida) me piuttosto ai £er tiraolio,. - 
Che sì fido ptoyaì, prenci , opponete : 



Libro VII. i t 

(E non gli era fratello,) ancor ne porco 
La finta pace , e V empia fe nel petto . 
Arbitra de la fede , e de la pace , 
Ov'cri, madre, allor , ch'una sol notte 
Mi die fra voi così benigno albergo ? 
Ad un sì reo commercio il figlio meni ? 
Menalo prima a quel!' infame campo , 
Che fuma ancor del vostro sangue , c mio . 
£, tu indur vi ti lasci ? O troppo mite ! 
Qual sia il furor de' tuoi più non rimembri* 
Quando sarai da mille spade cinto , 
Basterà forse, che la madre pianga, 
£ cesseranno l'armi? Una sol volta 
Ch'ei t'abbia in suo poter, e che ti chiuda 
In quelle mura a le sue furie esposto , 
Puoi tu sperar, che ti rimandi al campo ? 
Prima vedrai quest' asta , ii ferro scosso 
Rifiorire di frondi, e di verdura» 
L' Inaco prima, e 1' Achelòo vedremo 
Retrogradi tornare a' loro fonti . 
Ma sol si cerca d'abboccarli insieme, 
E se possibil fia , compor le risse : 
Questo campo gli è aperto, ed è sicuro. 
Porse a m e si teme ì Ecco mi parto > 
£ dono al comun ben le mie ferite . 
Vtq£a egli, pare a le sorelle in metso, 
£ '1 riconduca qui la stessa ;uadce . \ 



ft Tebaidb di Stazio 

Quindi che speri i Fa che '1 regno ei ceda 
Vinto da' patti ; il renderai tu poi ? 
Dal feroce parlar mosse le schiere 
Mutati consigli , qual se d' improvviso 
Turbarsi il cielo » e V Austro procelloso 
Tolga a Borea del mar rutto V impero . 
Si risvegliano V ire , e pur di nuovo 
Piacciono 1' armi , ed i furor' primieri . 
Vede Megera il tempo , e pronta il coglie , 
J> sparge a le battaglie il primo seme . 

Su la sponda Dircea givano errando 
Due mansuete tigri , ed eran quelle 
Che '1 carro trionfai de' lidi Eoi 
Trasser di Bacco , ed ei le avea dal giogo 
Libere fatte ne gli Aonj campi . / 
A queste ancor spiranti Arabi odori , . 
£ che obbliata han la natia fierezza , 
Solevan le Baccanti, e la più antica 
Sacerdotessa ornare il colio , e '1 petto 
Di pampinosi serti > e '1 maculoso 
Vello intrecciar di fiori, e fregiar d'ostro* 
E di già care eratto ai campii e a colli , 
£ care ancor ( chi '1 crederla ! ) a V armento» 
£ le giovenche intorno a lor muggendo 
Ardian pascere i prati : ingorda fame 
Non le spinse a le prede j e di coi '1 
Porgerà lor, lambivano le destre. 



Digitized by Google 



Libro VII. 33 
£ aprian le fauci , e distendeano i colli 
A r infusion del dolce umor di Bacco , 
Per le selve dormians ma se talora 
Con pacifico passo entrano in Tebe, 
Jumano io ogni casa > in ogni tempio - 
I sacrificj , e par che Bacco torni . 
Queste , tre volte con viperea sferza , 
Batte la Furia , e le sivolge in ira , 
E al furor primo , e dietro se le mena 
Contra gli Argivi, che non san che sacre 
Sieno ad un Nume: da diverse parti 
Scendon così due folgori dal cielo > 
Solcando V aria con il crine ardente » 
Non altrimenti rapide , e veloci 
Premendo orribilmente a corso, a salti 
Passano i campi, e V infelice auriga 
Sbranan d' Anfiarào •* presagio infausto 
Al suo signor , di cui guidava al fiume 
I candidi destrieri , ed Ida appresso 
Di Tenaro , e Acamanta il forre* Etolo . 
Puggon pei campi, e gli uomini , e i cavalli 
Ma AcooteO nel veder cotanta strage 
( Er' Arcade costui , e cacciatore ) 
Acceso d' ira , con lo strale in cocca 
Le segue ,. e scaglia , e replicando i colpi 
Le impiaga ne la schiena , e ne le coste • 
Quelle fuggendo, e di sanguigna riga 

Teb. diStai. Tom. II. C 

■ 



* 4 TMbaidi di Stazio 

Segnando il suol, su le Tcbanc soglie 
Portano le saette, e moribonde 
Gemono in suon di pianto , e a cader vanno 
De I* arroara cittì sotto le mura . 
Sembra , che i tempj , e la cittade a sacco 
Vada , e sossopra , e le Sidonie case 
Ardan le fiamme : tanto * e tal s* innalza 
Rumor per tutto: avrian minor dolore, 
Se le cune d' Alcide , o di Seméle 
II talamo fumante, o d' £rmiòne 
Fossero i tetti in cenere disciolti. 

Ma del Nume ministro il buon Tegeo 
Con brando ignudo Aconteo inerme assale y 
Ch* era <*ia senza dardi, e ebe godea 
\De la doppia virtoria : il suo periglio 
Miran gli Arcadi , e corrono al soccorso * 
Ma giungoit tardi : su le uccise fiere 
Giace a bacco il ineschiti pronta vendetta. 
Dassi a Tarmi net campo, ed il Concilio» 
Resta disciolto : fra le armate schiere 
Pugge Giocasta , e pili non prega , e seco 
Fuggon le figlie y e chi le udì pietoso , 
Or le respinge irato , e le discaccia . 
Coglie Ti^o l'occasione, e grida: 
Or ite dunque > e fe sperate, e pace» 
Porse ha potuto il perfido Tiranno 
Differire il misfatto in fin che totni 



! 



Libro VIÌ» 3* 

t>a noi partendo la canuta madre ? 

Si dice , e tratto il brando , i suoi compagni 

Eccita a l'armi. Un rumor fiero, e orrendo 

S'aita d'urli, e di strida, e crescon l'ire. 

Senz' ordin ferve aspra tenzone , e '1 vulgo 

Va insiem co* duci> c non ne cura i cenni , 

£ corion misti i cavalieri , e 1 fanti , 

Ed i tapidi carri armati in guerra . 

Infelice colui , che inciampa , e cade ; 

Che la turba indistinta il calca , e preme ; 

Non di se pon far mostra , o del nemico 

Riconoscer le forze : un furor cieco > 

Una rabbia improvvisa ha di già spente 

La Greca gioventude , e la Tebana 

A meschiarsi co' brandi . Insegne , e trombe* 

Restaro a tergo , e quando diero il segno 

Di guerreggiar à già la battaglia atdea . 

Da poco sangue tanta guerra uscio ? 

Cosi'l vento da prima infra le nubi 

Sue forze accoglie , e lievemente scuote? 

Le frondi , e i rami ; indi robusto , e fiero 

Svelle le selve, e d' ombre spoglia i monti , 

Alme Pierie Dee , le vostre schiere 
A noi cantate con più gravi carmi, 
£ di Beozia vostra i casi atroci . 
Non vi chieggiarn cose straniere , e ignote J 

C t 



v 



3* Tebaide di Stazio 

Voi le miraste d' Elicona , e mute 
Restar' Je vostre cetre , e inorridirò 
Al rimbombo di Marte, e de le trombe. 

Venia Pterella un giovane Tebano 
Rapito dal destrier, che sprezza il ire no , 
£ di se donno fra le schiere > e V armi 
A suo talento il porta ; ecco l'idèo 
L'asta gli vibra nel sinistro arcione, 
E '1 cavalier , eh* è per cader di sella, 
Ne V anguinaglia ai palafreno inchioda. 
Fugge il cavai coi suo signor sul dorso/, 
Che non più rrtien V armi , o regge il freno , 
Come Centauro, che d'un* alma privo, 
Su la schiena abbandona il busto umano. 
Ferve la crudel pugna , ed a vicenda 
Ippomedonte Sibari distende ; 
E Perifanto è da Meneceo ucciso , 
E da Partenopeo Iti trafitto .* 
Un di colpo di spada , un di saetta , 
De Tlnachio Cenèo l'alta cervice 
Tronca Emòne feroce : il capo cade , 
E ad occhj aperti il tronco busto cerca, 
E cerca il capo l'alma intorno errante . 
Abante corre ad ispogliarlo, e un dardo 
Vien d' arco Greco , e glie io stende a canto, 
£ '1 suo gli fa lasciare, e 1* altrui scudo. 




i 



Libro Vtt %t 
Qaat consiglio fu il tuo , semplice Eunco , 
Lasciar di Bacco il culto, e i sacri boschi, 
Onde uscir e vietato al sacerdote? 
Chi di Lièo '1 furore in quel di Marte 
Ti fe cangiar ? Chi d* atterrir presumi ì 
Porta lo scudo fral d' edera intesto , 
E di frondi di vite : il pampinoso ^ . 
Tirso candida fascia incorno cinge x 
Ondeggia il crin sul tergo, e % i ptimo pelo 
Adombra il riso , e la lorica imbelle 
Copre un manto di porpora di Tiro . 
tra le maniche i bracci , ed i calzari 
fregiati , e pinti , e soctil velo il seno 
Copre , e s allaccia la Tenacia veste 
Con fibbie aurate , e con smeraldi ardenti a 
Suonangli a tergo V arco , e cento strali 
Dentro lo spoglio di dorata lince . 
Costui dal Nunte invaso infra le schiere 
Venia gridando : ornai cessate P armi : 
Con lieti auspicj quesre nostre mura 
Coi misterioso bue mostranne Apollo. , 
Cessate, dico 5 volontarj i marmi 
Ne cinsero d'intorno. E noi siam gentd 
A' Numi sacra , e de la nostra Tebe 
Genero è Giove, e suocero Gradivo, 
Ed esser nostro citradin si degna 



« 



3 3 Tebaide di Stazio 

Jl gran Libero Padre, e il grande Alcide. 
Mentr* ei cosi ragiona i a lui s' oppone 
Crollando V asta Capanco feroce . 

Qual digiuno lcon , cui sul mattino 
Sveglia la fame , se da T antro scorge 
"timida cerva, o tenero giovenco 
Mal atto ancor a guerreggiar col corno , 
Lieto corre fremendo , e non curante 
Lo stuol de* cacciatori , e l'aste, ci dardi, 
Vede la preda , e le ferite sprezza ; 
Tal Capanèo ne l'inegual cimento 
Vìen baldanzoso alta brandendo l'asta, 
Ma pria lo sgrida : o tu che a morte corri, 
Perchè vuoi spaventar 1* alme guerriere 
Cor. femminili strida ? Oh <jui pur fosse 
Teco <juel Dio , del cui furor sei pieno i 
Or vai racconta a le Tebane madri 
Cotcste fole: dice, e Tasta scaglia, 
Che^tjuasi nulla la ritenga, appena 
Tocca lo scudo , che gli passa a tergo . 
Cadongli di man V armi , e '1 manto d* oro , 
Che '1 sen gli cinge, ne* singulti estremi' 
Ondeggia , c geme , e fuor ne sbocca il sangue. 
Tu cadi , audace giovanetto , un tempo . 
Dolce cura di Bacco, ora dplore; 
Te 1* Ismaro ognor ebbro, infranti.! Tirsi, 



». 



«. 



Libro VII. 19 
E te pianse il Timolo, e la ferace 
Kisa i e caca a Teseo V ondosa Nasso , 
E*l Gange, che per tema a gli Orgj sacri. 
Di Bacco sottopose i flutti altieri . < 
Nt)n mcn feroce le Lcrnce falangi 
Eteòcle distrugge i assai /p#,ietrtq 
Vien Polinice, c'I civil sangue abborre. 
Ma sopra gli altri Anfiario si mostra^ 
Sul carro eccelso , e a tutto corso spinge 
I suoi destrier' presaghi^, e paurosi 
Per T infame tepren > eh* ornai /icusa 
Portarlo in mezzo a un turbine di polve. 
Li assiste Apollo, c ai suo fedele appresta « 
Un vano grido, e a la vicina morte 
Intesse fregi di caduco onore . , 
Ei risplender gli fé' lo scudo , e V elmo 
Di nova luce, di Cometa in gui^ HH ^ 
Ne tu, Gradivo, al tuo fratel contendi 
Che da mani terrene il suo ministro 
Illeso resti. Venerabil* ombra , _ 
\d ostia intatta si riserba a Dite 
Id ei, che certo il suo morir prevede, 
Va più feroce infra le squadre ostili* p 
E U.disperazion. forza gli accjpsce . 
Già pii che d'uom son le sue membra, e '1 volto, 
Ne mal più lieta giorno a M rifulse*.. «. 
Ne mai più certa ebbe dal ciej contezza, 

; , 

é 

• » 



! 

4.9 Tìb aide di Stazi o 

Se la virtù , che già s* appressa al fine , 1 
Tatto a se noi chiamasse. Avvampa, ed arde 
Tutto di Marte , e del suo braccio gode , 
E va de* colpi suoi 1* alma superba • 
Questi , che a raddolcir le umane cure 
Era dianzi si pronto , e che sovente 
Solea scemar di lor ragione i Fati, 
Quanto or diverso appar da quel , che i lauri 
Scguia d'Apollo, e i tripodi loquaci, 
E che , invocato il Nume , in ogni nube 
De* volanti intendea volo, e favella! 
Non tanta strage apporta il Sirio ardente, 
Ed il pesti fer anno , e l'aria grave, 
Quante vite egli miete , e manda a P orco , 
Vittime uccise a la sua nobiT ombra. 
Col dardo Flegia; e con il dardo uccide 
Il superbo Filéo 5 quinci col carro 
Di falci armato a le ginocchia tronca 
Cromi , e jCremetaòn fermo , e vicino : 
Indi con Tasta uccide Ifinoo , e Sage, 
E Già chiomato, e Licoréo , che a Febo 
È sacerdote ; e con dolor miro Ho 
li buon augure Argivo , allor che Tasta 
Vibrata contro a lui gli spinse a terra 
Il cimiero , e la sacra infula apparve • 
Indi Aicatòo d* un sasso in capo fere» 
Che lungo i stagni di Caristo avea 

1 



Digitized by 



Libro VII. 41 
La moglie , il patrio albergo , e i dolci figli 
Usi a scherzar su le palustri sponde. 
Povero pescator visse contento ; 
Ma V ingannò la terra : egli morendo » 
S'augura i flutti, e Tonde, ed i perigli 
De re tempeste, che provò men fiere. 
Vede d' Asòpo il figlio , il grande Ipsèo 
Cotanta strage , e fuga , ed in se brama 
Con generoso ardir volger la pugna. ^ 
Non men feroce anch' ei venia sai carro . 
Strage facendo de le squadre Greche j 
Ma visto il paragon d* Anfiarào , > 
Sdegna ignobil trofeo di sangue umile, 
A lui con l'armi, e con la mente aspira; 
Lui solo cercai ma s' oppon la turba, 
E T impedisce: ond* ei sdegnoso allora 
Un* asta svelta del paterno fiume 
Impugna , e preg3 : o de le Aonie linfe 
Copioso donator , che ancor superbo 
Vai de* fulmini stessi , e de le fiamme 
Che uccisero i giganti, o Asopo , o padre 7 
Tuo nume ispira a questa destra : il figlio 
È , che ten prega , ci* asta is tessa un tempo 
Germe de le tue sponde: e se tu osasti 
Pugnar con Giove ; al figlio almen concedi 
Svenar il vate, e non temer d'Apollo, . 
E le vedove bende.* e Tarmi vuote _ 



4 t Tebaioe di Stazio 

Giuro dar in tributo ai tuo gran fiume. 
Udillo il padre, e consentii ma Febo . N 
S'oppose, e torse il colpo, e V asta il petto 
D' Herse trafisse condottici del carro . 
Cade morto il meschini ma il Nume stesso 
Sotto sembianza di Aliomene, il freno 
Prende, e succede a 1* infelice auriga. 
Al rivo sfolgorar del Nume ardente 
Fuggon confusi i cavalieri, e i fanti i 
li sol timor li caccia, e senza piaghe 
Muojon d'imbelle morte i fuggitivi. 
Dubbio rimane se pili aggravi il carro 
Il divin peso , o a corridoi dia" lena . 

Come, qualor precipitosa cade , 
Svelta da gli anni, o da rio nembo scossa 
D* alpestre monte discoscesa parte ; 
Per diversi scntier' uomini » alberghi , . . 
Selve", eri armenti in sua ruina involge , 
Sinché cessando l'impeto, si spiana 
In cupa valle , o il corso arresta a fiumi * 
Non altrimenti il formidabil carro » 
Che porta il grand* eròe , porrà il gran Nume, 
Ferve nel sangue . Delio stesso i dardi 
Vibra > e guida i destrieri , ed egli al tate 
Dirizza i col pi , e in altra parte volge, 
E rende vane l'aste, e i dardi ostili. 
Cadono a terra Menala pedone* 



Libro VII. 45 
E dal grande corsier coperto invano 
/latita j ed Etiòn > che d'una Ninfa 
1/ Elicone era nato ; e per i' ucciso 
Prarel Polire infame , e Lampo audace , 
Ch' osò tentar la purità di Manto 
Diletta a Febo, e di sue bende cinta. 
Contro il profano Je saette sante 
Scocco egli stesso, e vendicò l'oltraggio. 

Ma già su' corpi estinti, e su' mal vivi 
Gli anelanti destrier' cercano indarno 
Il coperto terreno , e duro solco 
S* apron su membra lacerate , e infrante , 
E ne rosseggìan le girerò!' ruote . 
Calc3 il. carro crudel gli esangui busri, 
E già di senso privi , e chi ferito 
Languendo giace , sul suo capo il vede 
Ratto venir, né di schivarlo . ha speme: 
E cria lordo il timon » lubrici i freni 

D 

Son di putrido sangue ; un denso limo 

Di teschj infranti a e di midolle invischia 

Le ruote si, che le fa lente al moto» 

E T ossa de' cadaveri insepolti 

A* già stanchi destrier' servon d' inciampo • 

Il vate ognor più fiero i dardi svelle - 

Ne le ferite infissi , e li rilancia , 

E fa nuove ferite , e nuove morti , 

£ geraon l'alme sciolte al catto intornp. 



^44 Tebaide DI STAZIO 

Alfine il Nume al servo suo fedele 
Si scopre , e dice : usa tua forza , e lascia 
D* immortai fama il tuo gran nome eterna , 
Or ch'io son reco, e 1* implacabil rturte 
Sospende ancor 1* irreyocabil punto . 
Ornai siam vinti * e la severa Parca 
Sai ben, che a nullo unqua ritorse il filo. 
Vanne , o promesso , ed aspettato un tempo 
Gioja, ed onore de gli Elisj campi. 
Vanne senza temer del reo Creonte 
L* dure leggi , e di mancar d* avello . 
gli da T armi respirando , al Nume 
osi risponde : o gran Padre Cirrco , 
Io te dianzi conobbi , e roen diè segno 
4P L'asse sotto il maggior peso tremante; 
ÌA& perchè tant' onore a un infelice, 
he tu ne regga il periglioso carro 
stinato a l' inferno ? E sino a quando 
errai sospeso il mio Destin maturo? 
Già sento Tonda rapida di Stige, 
E i neri fiumi de l'orrenda Dice, 
E l'orrido latrar de le tre gole 
Del Tartareo custode : ornai ripiglia 
L* a me commesso onor de le ette bende, 
E '1 sacro allor , cui profanar non lice , 
Portandolo ne 1* Èrebo profondo . 
Ma le pur del tuo vate «dir V estreme 



5 



i 



Digitized by Goog 



I 

* 

L i b * o VII. 4f 

Voci non sdegni , c i giusti roti suoi ; 

10 ti ricordo l' ingannata casa , 

E il castigo de l'infame moglie, 
E del mio figlio il nobile furore . 
Mesco aJJor scese Apollo, e celò il pianto . 
E risto afflitto il catro , e i buon destrieri 
Si doissr privi dei celeste auriga. 

Così vede sicuro il suo naufragio 
Nave agitata da notturno coro , 
Cui lo splendor de la, maligna stella 
D' Elena infesta minaccioso guarda. 
Posti già in fuga Castore , e Polluce . 

Il suol , che tosto s f aprirà in vorago 
A vacillar comincia , e scuote il dorso , 
E s'alza maggior turbine di polve: 
Mugge sotto T Inferno 5 i combattenti x 
Ctedon, che sia il rumor de la battaglia, 
E si spingono innanzi: il tremor cresce, 
E fa T armi ondeggiare , ed i guerrieri 
E i trepidi cavalli . J colli intorno 
Piegan le cime ombrose , e V alte mura 
Già crollano di Tebe. Inalza i flutti 
Gonfio 1* Ismeno , e le campagne inonda . 
Cessano V ire : ogni guerriero i dardi 
In terra affigge , e a V aste vacillanti 

11 corpo appoggia, e nel pallore alterno 
Conoscendo il reciproca timore , 



4* Tebaide djl Stazio 

Confuso si ritira a le sue insegne . 
guai se talor sprezzando ii mar profondo 
A stretta pugna Je gran navi accozza 
Bellona irata, setvon Tire, e 1* armi > 
Ma se opportuna alta tempesta sorge , 
Ciascun pensa al suo scampo , e nuovo aspetto 
Di nuova morte fa deporre i brandi , 
Ed il timor fa germogliar la pace ; 
Tal T ondeggiante guerra era in quel campo 
O che la terra un turbine concetto 
Affaticata sprigionò de* venti 
La chiusa rabbia , e *i prigionler furore ; 
O che da V onde sotterranee ro*a 
In quella parte ruinando cadde; 
O quivi in suo girar con l'ampia mole 
Si posò il cielo , e col fatai tridente 
Nettun la scosse , c con, più gravi flutti 
Appoggiò il mar sovra l'estreme sponde/ > 
O il suolo istesso minacciò i fratelli ; 
Ecco aprirsi voraggine profonda . 
Vider l' ombre la luce , e gli astri V ombre, 
Ed ebber vicendevole timore . 
L' immane speco ne i* immensa voto 
Assorbì l f indovino : e i suoi corsieri , 
Che per passarlo avean già pr-.so il salto. 
Nom lasciò il sacerdote o V armi , o i freni * 
Ma qual era sul carro ai cupo fondo 



Digitized by Google 



L i • k o VII. 47 

Ritto discese riguardando il ciclo » 
E geme quando riserrarsi il suolo 
Sopra si vide, e un più ieggier tremore 
Rimarginar i fessi campi , e '1 giorno 
Celar di nuoro al tenebroso Averno . 





t 



LIBRO VIE 

• • • 

POichè fra 1' ombre pallide reperire 
Discese il vate , e penetrò di morte 
L'oscure case, e del sepolto mondo 
Scopri gii occulti arcani > e die spavento 
Ombra armata, e guerriera a l'alme ignude; 
Maravigliando inorridir* d* Inferno 
Gli abitatori in rimirar intatte 
L'armi, e i vivi destrieri , e '1 sacerdote , 
Spettacol nuovo i d'ossa, e carne cinto: 
Perchè non arso di funerea pira 
Scendea a gli abissi , e fuor di nero avello; 
Ma di guerrier sudor grondante , e caldo 
Con lo scudo sanguigno , e polvetoso 
Di militare arena, e non ancora 
L' avea V Eciani con il tasso ardente 
Purgato , e mondo , nè su V atra porta 
Persefone notato infra gli estinti : 
Ma prevenendo il suo destin , le Parche 
Sei videro vicino, e sbigottite 
Lo stame in fretta ne troncar' dal fuso . 
Spaventò quel rumore i lieti Elisj , 
E s* oltre il primo baratro profondo 
Sono altre bolge , altri paesi oscuri . 



t 

Di^itized bytoogle 



L i b x o Vili. 49 
Turbarsi i laghi inferni, e i neri stagni, 
„ E il nocchier de la livida palude 
Premè ' mirando inusitate strade 
Aprire il suolo al Tartaro profondo, 
E /fuor del legno suo dar varco a V ómbre „ 

Stava per sorte il re del basso mondo 
Assiso in mezzo del funesto regno , 
Del popol morto esaminando i falli , 
£ la trascorsa vita . In lui pietade 
Non^ trova luogo , e a tutte V ombre è irato. 
Stangli 'ntorno le Furie , e varie morti ; 
E in varie guise fa suonar la pena 
Catene, e ceppi. Le spietate Parche 
Traggono i stami de le umane vite, 
E gli troncan sovente , e pur de V opra 
È maggior la fatica , ed il lavoro. 
Ma il placido Minosse , e '1 venerando 
Fratello ispira al barbaro Tiranno 
Pili giuste leggi > e ne ractempra T ire . 
Vi assistono Cucito, e Flcgetonte , 
E Stige , eh* al giurar de* Numi eterni 
Il freno impon d* inviolabil legge ; 
ld ei quantunque a non temere avvezzo. 
Pure a V aprirsi de la terrea mole 
Teme le stelle ignote, ' e '1 torvo ciglio 
Dal dolce offeso balenar del sole : 
Crollò il gran capo » e minacciando disse : 

T*b. di Staz, Tom. II. D 



5* ThÉAIDE DI STA2I0 

Qual supcrior ruiua ai cieco Inferno 
Mostri ii nemico ciclo ? E chi rischiara 
Queste tenebre nostre > E chi la morte 
Quasi richiama a vira; e ne minaccia? 
goal de* fratelli miei guerra m'indice? 
Eccomi pronto • Il mai diviso mondo 
Ornai si turbi $ e chi di noi più 'I brama?. 
La terza sorte me dal polo eseluse , 
E dei colpevol mondo a me dic'l regno, 
E questo ancor mi ci contende: or ecco 
Com'egli è aperto 'a le nemiche stelle. 
Esplora forse il tumido germano, 
Che regna in cielo , le mie forze ascose? » 
Stansi qui meco gii orridi giganti, 
Che haa quasi rotte le catene, e i figli 
Di Titano > che uscir bramano in guetra _ 
Contro de Numi , e l' infelice Padre . 
Perchè gli ozj mici tristi, e l'inamena 
Pace mi turba, e fa bramarmi il giorno' 
Solo ch'il voglia, aprirò i regni oscuri,^ 
E involgerò fra l'ombre iqfcrne il sole: 
Io non rimanderò Y Arcade alaro 
A* Dei superni ( a che a me viene , e parte 
Messaggier fra le tenebre , e la luce? ) 
Io tirerò quaggiuso ambo i gemelli 
Di Tindaro : e perchè gli eterni, giri 
D'Issione io nonVerrao ? £ perché l'onda ' 



• t 

.» « > » «. * ' ' * J 



ized by Google 



Librò V1H. 1* 
tot l'assetato Tantalo ancor fugge? 
Degg'io soffrir, che tante volte > c tante 
Vengano rivi a profanata 1' Inferno ? 
Di Piritòo l'impecia» e di Teseo . / 




Troppo fedele al temerario amico 
tìo ancor in mente < c quando il fiero Alcide 
Cerbero seco trasse , e restar pwi* 
Del triplice latrar le ferree porte , 
Sento sdegno, e rossor che'l Tracio 
Penetrasse quaggiù condolei accenti: ^ T\ r 
Io vidi , io vidi al lusinghiero canto 
Pianger le Furie » e rannodar lo trame 
Gii tronca il fuso le crudeli Parche ,, , 
Io stesso,., ina i'irrevocabil legge ! V -1 *d 
Fu in me più forte , ed io , che una sol volta.* 
Né già di furro, ai elei sereno ascesi, 
£ d* amor punto ne* Sicani campi . 
Rapii la sposa, e al letto mio la trassi j 
Lecito disser che non m'era, e Giove 
Tosro fe leggi inicjue , e con la madre 
Barbaramente mi divise V anno . 
Ma perchè parlo indarno? Esci, e vendetta 
fa N » Tesitene, ornai del nostro Inferno * ^ 
JB s ognog.., fosti d' esecrandi mostri 
Pecond»;i?4^4|fc.va> inusitata , e grande 
Sceleraggih fuaètta, e da le stelle 
Non più veduta in alcun tempo > e degni 

D x 




I 

ja Tebaide di Stazio ' 

Che r invidiin rue' suore, e ch'io V ammiri: 
Cadan V «n sovra V altro in lieto Marte 
Con alterne ferite ambo i fratelli ; 
( Sian questi esordj a le vendette nostre ) 
Altri di fiera in guisa il capo ostile 
Roda feroce con rabbiosa fame : 
Altri gli estremi roghi a* corpi, esangui 
Contenda, e neghi, e i* aere pura infetti 
Co' cadaveri putridi, e insepolti. 
Veggalo il Crudo Giofe , e sen compiaccia , 
E perchè i regni nostri a gli altrui sdegni 
Soli non sieno esposti , alcun ritrova , 
Che muova guerra a' Numi, e del Tonante 
La folgore respinga, e al ciel contrasti. 

10 farò sì , che non più facil sembri 
Del Tartaro turbar l'oscure sedi , 

Che monti imporre a monti, e Pelio ad Ossa. 
Disse, c al jhio dir tremò l'orrenda reggia , 
E *1 suol , cui preme , e '1 superior terreno . 
Non con forza maggior scuote il Tonante 
Le stelle, e i poli, se'l gtan capo muove ; 
E a te ( soggiunse ) che quaggiù scendesti 
Per illecite- vie , quai pene appresto? 

11 sacerdote allor fatt* ombra lieve, 
Ed invisibil quasi a gli occhj altrui; 
Di già consunte 1* armi , e già pedone ; 
Ma conserrando (ancor che spirto ignudo ) 

i 



Google 



Libro Vili. J J 

U onor del sacerdozio , e su la fronte 
Le oscure bende, e '1 ramusccl d'oliva 
Pallida in mano , al crudo re rispose : 

Se lece, e $' c permesso a le sacr' ombre 
Scioglier la voce , e in questi luoghi , o estremo 
Ricerco 3 e fine de le cose al vulgo , 
Che poco intende > ma principio , e. fonte . 
A me , cui le cagioni , e gli elementi 
Pur sempre noti ; le minacce afFrena , 
£ placa il cuor turbato, e non far degno 
De l'ira tua chi le tue leggi apprezza . 
A V Erculee rapine io non discendo . 
Donde in me tanto ardir ? Né impuro amore 
( Credilo a queste bende ) e chi mi guida : 
Non si nasconda ne le oscure grotte 
Il can trifauce , né del nostro , care* 
ProsJerpina paventi: io fui poc'anzi 
Augure, e caro a gli Apollinei altari. 
Giuro per lo tuo Caos ( e vano fora 
Giurar quaggiù per Febo) alcun mio fallo 
Reo non mi fe di così nuova morte, 
N T é meritai per cosi strane vie 
£sser tolto a la luce • Il sa ben 1' urna 
£)el Giudice Cretense , e può Minosse 
Scoprirne il vero: da l'infida moglie , . 
Tradito , e a prezzo d* esecrabil oio 
Venduto; e del mio mal certo indovino. 

Dì 

f 



\ 

\ 



\ 



%4 Tbuaidb di Stazio 

M* ascrissi a V armi Argive » , onde tant' altro 
Scesero a te poc anzi , e di mia mano 
Certo non poca , e non ignobil parte . 
Con subita vertigine dal mondo 
( inorridisco ! ) me fra mille schiere 
La tua gran notte nel suo abisso immerse» 
Quale mi feci allor , che per lo vano 
l}e la terra pendente, o per l' opaco 
Aere discesi? Ahi che di me non resta 
Nulla agli amici, a la mia Patria , p al neno 
Spoglia > e trionfo a la nemica Tebe. 
Io non più rivedrò le Argive musa > 
Ne *1 mio mortale in cenere raccolto 
Tornerà ai mesto padre, e senza tomba 
Senza 1* onor dei rogo, e senza pianti 
Con V eiequie mie intere , e co' destrieri 
( Ma per nulla tentare ) a te ne vengo ♦ 
Ne gii ricuso convertirmi in ombra , 
Ed i tripodi miei porre in obblio. 
Ch* hai tu che far de 1 vaticinj nostri , 
Se a tuo voi$r fiian le Parche i Fati? 
Deh placa Tira, e mansuero , e pio 
Ti mostra a me piik de* superni Numi . 
Ma quando a te verrà la moglie infame # 
A lei serba i supplìcj , e V aspre pene : 
Essa, o buon re, de Tira tua è più degna, 
. Piuto esaudì le preci, è n'ebbe scoino,. 



Digitized by Google 



Libro Vili. y j 
Così leon del cacciator Massile 
Se vede incontra balenarsi il ferro , 
Si muove a 1* ira , c V unghie arruoca , c *1 dente s 
Ma se cade il nemico > e a terra giace , 
Sol gli va sopra > e di la vira al vinto . 

Cercano intanto sbigottiti i Greci , 
Ove sia il carro sì temuto io guerra , 
E insigne per le bende, e per alloro. 
Ne da forza mortai vinto , o fugato. 
Si ritiran le schiere , e ognun paventa 
V infelice terreno , e al luogo infausto 
Giran da lungi timidi i guerrieri : 
£ ciò eh' è intorno a V avida vorago 
Cessa da V armi , e s* ha rispetto e tema> * 
A la tomba infernal del vate assorto, 
Ma Palemon , che da vicin lo scorse 
Precipitar nel cupo fondo , e appena 
A gli occhj proprj il crede , al vecchio Adrasto* 
Ch'eccitava le schiere a la battaglia 
In altra parte , spaventato corre, 
Pallido ancora per 1* immane speco 
Che dinanzi si vede ; E fuggi ( grida ) 
fu ggì» o buon re, s' ove fuggir ci resta,. 
S* c ancata il suol natio, s'ancora stanno. 
Le mura d* Argo > e le paterne case . 
A che T atmi adoprar , spargere il sangue ^ 
Che. giovai il ierro contro Tebe? U suolo . 



Tebaide di Stazio 
per lei combatte , e i guerrier* nostri ingoja, 
£ Tarmi, e carri: ahi, che fuggir mi sembra 
Sotto i piedi il terren , che ora calchiamo . 
Vidi il xieco sentier de J* ombra eterna 

10 stesso , e vidi ne 1* aperto piano 
Precipitar colui , che mentre visse 
fu cosi caro a le ptesaghe stelle , 

11 diletto d' Apollo Anfiario , 

E in van gridai , la mano in? an gli stési . 
Maraviglie io racconto : ancor fumante 
Resta il terreno , e son di spuma aspersi 
GT infami campi , e vi son V orme impresse 
Del carfo, e de* destrieri , Il suol crudele 
Non è con tutti j i figli suoi risparmia , 
E stan sicute le •Tebane schiere . ( 
Stupisce Adrasto , e non sa ben se *1 creda 5 
Ma Mopso , e Attor narrati le stesse cose >. 
E la fama le accresce , e forza acquista 
Dai novello terrore , e narra , e finge 
più òj* un guerriero assorto . Al fiero annunzio, 
Senz' aspettar che de le trombe il suono * 
Chiami a raccolta, di spavento piene 
Euggon le schiere ; ma la fuga è lenta , 
Ed a la brama non consente il piede. 
Par , che i destrieri stessi abbiano mente , 
Cosi scn van dubbiosi , incetti , e lenti , 
Nè temono gli spron , ne mutan passo * 



Libro Vili. 5 1 
JM* timidi adombrando , e a capo chino 
isTom osan sollevar da tetra il guardo . 
Gi* incalzano i Teban' ; ma fuor conduce 
I cavalli di Cìntia Espero oscuro : 
Breve quiete , e momenranea pace 
Ebbero allora i Greci , e 1* aera notte 
Piti di tema arrecò , che di riposo.. 

Qual fu la faccia allor dei campo afflitto» 
Poiché il dolersi fu permesso ? Quante 
Lagrime uscir', poiché fur sciolti gli elmi? 
Nulla a' miseri giova , ed in non cale 
Pongon gli usi guerrieri, e Tarmi» e l'aste 
Scagliano lungi , ed i sanguigni scudi > 
Quali di guerra uscir' , né alcun li terge * 
Non v* ha chi cura de* destrier' si prenda , 
" O chi su gli elmi le gran piume assetti. 
Jasciano appena le ferite aperte, 
E le più gravi -, tal per tutto é doglia : 
Ne permette il timore a* corpi lassi 
Porger ristoro con gli usati cibi , 
£ rinnovar le forze a nuova pugna . 
Solo de le tue lodi in mezzo a* pianti 
Anfiarào si parla , e del profondo . 
Saper , con cui tu discoprivi il vero • , 
Teco ( diccan ) partir' dal campo i Numi. 
Ov' é il carro laurigero, e le insigni 
Armi, e di bende l'intrecciato elmetto? 



5 8 . T*baidb jdi Stazio 
Son questi gli antri , ed i Castilj fonti , 
Questa de* sacri Tripodi è la fede? 
Cosi Apollo t*é grato? £ chi de gli astri 
Fia che steli gì' influssi ; e ciò che voglia 
La folgore sinistra > e ne le fibre 
£ual Dio si mostri * e del partire il tempo 
Qual fia, qual di fermarsi, e de la pace* 
£ de Ja guerra ne distingua l'ore ? 
A chi predirai! pio gli augelli il Fato , 
La pugna a noi funesta , e '1 tuo destino 
Tu prevedesti ; e pur de 1* atmi infauste 
(-Tarn* era in te virtù) fosti compagno. 
E cjuando instava gii l'ora fatale, 
£ 1' aperto terreno ; era tua cura 
Far de' Tebani strage: ancor tremendo' 
A gì' inimici in morte > e? ti vedemmo 
Scender con l'asta d' ostil sangue aspersa» 
Or guai* é la tua sorte ? A te permesso 
lia mai l'uscir dal tenebroso interno, 
£ ritornar di sopra ? O pur contento 
Stai con le Parche amiche , ed il 'futuro 
Con vicenda concorde insegni , e impari! 

0 forse impietosito il re de V ombre 
Te mandò a' boschi del felice Eliso 

1 Yoli ad osservar de' fausti augelli ? 
Ovunque sei, tu satai sempre a Febo - 
Rinnovato dolore, eterna pena. 



igitizejJ.by Google 



\ 



Libro VITI. 5> 
Taceri' Delfo > e piangeri gran tempo 
Tua morte acerba : questo di funesto 
Chiusi terrà di Tenedo gli altari , 
£ Cirra , c Delo , cui nascendo Apollo 
Stabile rese , e le presaghe grotte 
Di Branco: nè ria più chi su le spoglie 
Di Claro preghi, o chi consulti il tempio 
Di Didime , o le sorti in Licia cerchi : 
Del cornigero Amori fi ni muti i boschi t 
£ la quercia fatidica» e ripiena 
Dei Molosso Tonante , ed i Timbrei 
Oracoli, ch'Apollo in Troja tende: 
Anzi gli stessi fiumi , e i sacri allori 
Inaridirsi brameran per doglia • 
Non predirà con i presaghi canti « 
Il ciel piti il vero , e non vedrem gli augelli 
L'aria solcar con misteriosi voli: 
Ma ben tempo verrà , che altari , è tempj 
Ti fieno eretti , e a le divote tutbe 
Renderan tue risposte i sacerdoti. 

Questi gli onori fur , ch'ai duce, e ?ate 
Rese concordemente il campo Argiva 
Di pira invece , e di funereo rogo , - 
E de l'esequie, e de la tomba liert> 
Quindi cade i' ardire in ogni petto , 
£ s' ha in odio la guerra : in cotal guisa 
Morto Tifi repente i Minj audaci 



6» Thbaide di Stàzio 

Restar' conquisi , e men sicuro il pino 
Lor parve, i remi debili, e fallaci, 
£ al lor cammin soffiar più fiacco il vento 
Ma ne gli animi lassi il parlar lungo > 
£ '1 molto sospirare a poco a poco 
Scemo aveva il dolore, e l'atra notte 
Sopia le cure, e fra* singulti , e i pianti 
Faci 1 l'entrata avea trovata il sonno* 

Simile aia non fu la notte in Tebe , 
£ ne le piazze , e ne paterni alberghi 
La consumano in giuochi. In su le mura 
Ebbre stanno le guardie , e sonnacchiose • 
I timpani , ed i cembali risuonano 
Per tutto a gara , e le forate tibie : 
AUor fra le carole i Numi lodano , 
£ cantano , e raccontano per ordine 
I cittadini Dei; le fronti, e i calici 
Fregian di vaghi serti , e le incoronano 3 
Ora d'Anfiarào la tomba irridono; 
Or fin al cielo il lor Tiresia inalzano * 
Ora de gli avi lor tesson catalogo* , 
E de la lor citta dicon l'origine. 
Cantano questi di Sidone i flutti, 
£ la fanciulla r che al Divino amante 
Palpa le corna > e*l bue» che solca il mare 
Quelli rammentan Cadmo , e la già stanca 
Yacea, d'uomini armati il suol fecondo» 



Libro VII. *i 
Chi di Semele il parco , e chi racconta 
De la figlia di Venere le nozze 
Al letto nuzzial fra mille faci . 
Accompagnata da' fratelli amori. 
Cantasi alcun bel fatto in ogni mensa , 1 
Come se allora il loro Nume Bieco, 
Col tirso dorai i regni de 1* Aurora , 
E T Idaspe gemmato , il popol nero 
In trionfo trasse , e gl'Indi ignoti. 

Faine che all'or per la primiera volta 
Edippo uscisse di sue grotte oscure, 
Ove giacca sepolto a gli occhj altrui , 
Nè schivasse seder fra liete mense, 
E che allegro nel volto il suo canuto 
Squallido crin ricomponesse , e i detti 
De gli amici accogliesse, ed i conforti, 
Ed i piaceri sino allora esclusi : 
Anzi gustò de* cibi , e terse il sangue 
Su le guancie rappreso ; ed ei che avvezzo 
Era solo a trattai co' Numi inferni , 
.Con Pluton , con le Furie, e di querele 
Antigone pagar, che lo reggea* 
Fatto repente affabile , e cortese , 
Parla » ^ risponde : ognun stupisce , e alcuno, 
La ragion non ne intende. A itti non cale 
Il trionfo de' suoi ; la stessa guerra 
È che gli piace, e giova > '1 figlio l©da t - 



i 

*» Ti'R a i n e ni Stazio , 

£ r esorta a seguir: ne però brama- » 
Ch* ei resti vincitor. Con voti iniqui 
£i già contempla le fraterne spade, 
E d'ogni sceieranza il primo seme. • 
Quindi il piacer de' cibi, e i gaudj nuovi, 

• Cosi Fioéo , dopo una lunga fame 
Sofferta in pena, nel reale albergo. 
Da che più non senti strider le Arpie , 
(Non ben sicuro ancor) le mense, i letti , 
E i calici tratti non più turbati „ - 
y Da* sozzi ventri, e da l'immonde penne. 

Dormiva intanto la falange Argiva 
'Stanca da l'armi, e da' pensier funesti : 
Ala da la tenda sua, eh' é in alto posta, . 
Vegliava Adrasto , ed i tripudj udiva 
De la nemica Tebe, ancor ch'ei fosse 
Per la senile etade infermo e lasso. 
Ala il supremo comando (o di chi regna 
Misera leggei).su le altrui sciagure 
A vegliare 4 lo forza . vi bronzi cavi , 
E le forate tibie a lui dei sonno * 
- Turban la pace , ed i clamori insani . 
Vede mancar Je faci* c de le scorte, 
guasi ì fuochi sopiti, e moribondi, 

Così fra l'onde un eguai sopore . ' 
La nave oppressa tace , ed in profondo ' 
Soaao la gioventù del mar sicura i ^ 



Digitized by Google 



Libro Vili. <c$ 
Giace sopita è II nocchier solo é desto , 
£ seco il Nume , che presiede al legno • 
Era già '1 tempo > che i Febei destrieri 
Sente accoppiarsi al luminoso carro 
Cintia , e muggire V Ocean profondo : 
A lo spuntar de la novella luce, 
£ se stessa raccoglie, e. si ritira, 
£ con lieve fhgel scaccia 4e stelle *, 
Adrasto àllor mesto Concilio aduna , 
£ ricercan gemendo i Greci afflitti - 
Chi a' tripodi succeda , e al sacro alloro , 
£ a le vedove bende » e di concorde 
Voler scelgoa fra lor Tiodamante 
Per fama insigne > e di Melampo figlio w 
Seco soleva Anfiarao de' Numi 
Partir gli arcani , e de gli augelli il volo 
( Né invidiando a sua virtù ) godea 
Di vederselo eguale > o aimen secondo . 
Quegli per il novello onor confuso , 
L' alta gloria improvvisa , e '1 lauro offerto 
Umile adora , e a si sublime incarco 
Inegual si confessa» e lo ricusa» 
£ iti ricusando più sen mostra degno . 

Cosi di Perso re tenero figlio , ; 
Per cui meglio era , che vivesse il padre , 
Timido siede su V avito soglio, 
E '1 nuovo onor con la paura libra c . 



\ 

ì 

1 



^4 Tebaidb di Stazio 

Se i proceri sian fidi ; e ubbidiente 
A le w leggi il vulgo : a chi commetta 
Le Caspie porte : a chi V Eufrate ia guardia; 
V arco , e'i destrier paterno ardisce appena 
Trattare ; e troppo grave a la sua mano 
Lo scettro sembra; ed il suo capo augusta 
Del serto imperiai non ben capace » 

Poiché V infule^sacre il capo attorse 
11 nuovo vate, ed ebbe fausti i Numi | 
Tra lieti applausi , e tra festive grida 
Girò pel campo > ed a placar la Terra 
Tosto s* accinse , e Y approvaro i Creci . 
Dunque comanda, che di vive piante , 
£ di verdi cespugli insieme intesti 
S' ergan due altari» ed a la madre antica 
Dona i suoi doni , innumerabiT fiori , 
E cumuli di frutta, e ciò che l'anno 
In se tornando rinnovelia , e '1 latte 
Sopra vi sparge, indi cosi ragiona: 

, O Madre eterna de gli eterni Numi, 
E de* mortali , che produci , e crei 
E fiumi, e selve, e innuraeramT alme , 
E del mondo ogni seme , e che animasti 
A Prometeo le mani, a Pirra i sassi; 
Che a 1" uomo desti gli alimenti primi , 
E che 'l «innovi ognor coi sen fecondo * 
Che l'Oceàn circondi, e lo sostenti* 



> 



Libro Vili. 6 5 

Tu le innocenti g**gge > e Ie iraconde 
Fiere porci sul dorso , e dai riposo 
A gli augelli volanti , e de V eterno 
Mondo sei ferma , e inviolabil sede : 
Intorno a te , che pendi in V acr vano > 
Ruotan dal cielo le veloci sfere , 
E de* maggior pianeti ambedue i carri , 
O mezzo infra le cose , e non diviso 
Fra' celesti fratelli , e comun regno . 
Dunque eguale nutrice a cinte genti 
Tu sola basti a sostenere il pondo 
De* popoli , eh* a te premono in giro 
Sopra , sotto , e da* lati il globo immenso 
Di tante nazioni , • di tant* alme 
Cittadi eccelse, e *i Mauri tano Atlante, 
Che folce gli astri sul tuo dorso , porti 
Oliasi leggiero peso, e noi ricusi! 
Noi soli ti siam gravi 2 £ qual ignoto 
Delitto ne fa rei di tanta pena > 
Porse perché venghiam gente straniera 
Da le contrade d*Argo? Ogni terreno 
È Patria a 1' uomo . Ottima Madre , a noi 
Non voler assegnar confini angusti. 
Quasi ad ignobil vulgo : a 1' armi nostre 
Eguai ti mostra , e a le Tebane , e lasci» 
Che spiriam l'alme forti in giusta guerra > 
E le rendiamo ai cielo > e non rapirci 



Ttb. di staz. Tom. IL 



£ 



* — 



6 6 Tei aide di Stazio 

Con improvvise tombe i corpi viri . 
Non ci affrettare; per diverse vie, 
Qual prescritto è a ciascun , tutti verremo * 
Noi ti preghiara : sta ferma , e le Pelasghe 
Schiere sostenta , e la veloce Parca 
Non- prevenire. E tu diletto a* Numi* , 
Cui non Sidonio ferro, e mortai destra' 
Escinse; ma Natura il duro seno 
Aperto i rtt le viscere t'accolse, ' . r . 
Quasi entro il meritato antro Cirrcos 
Deh io* noi, pregato, il suo saper infondi, 
Ed il elei ne concilia, e i sacri altari» 

i Fati a te già noti a me rivela ... 
Io t'offrirò votive ostie presaghe, 
E interpetre fede! del tuo gran Nume 
Te invocherò, quantunque taccia Apollo. 
Pjii di Cirra a me tacro , e più di Dolo 
Questo luogo sarà , dove cadesti „ 

Ciò detto , e nere gregge , neri armenti 
Vivi sotterra, é sopra di essi inalza 
Gran tumulo- d* arena „ e in cocal forma 



D'immaginario avello il vate oaora. j 
Ciò si face a tri" Greci aitar che adiro / 
Di Tebe uscir tale un rumor di guerra, 
Di tìmpani > e di trombe un cale invito, ' 
Che iti fretta li costrinse a prender l'armi . 
Su la cima di Tcumcso Megera -^A- - 



igitized by" Google 



t I B K O Vili- 

Scuote la chioma serpentina, e i fisc^j 

Mesce a le trombe , e fa più acuto il suono . 

JL* ebbro Citerò , e 1* alte torri avvezze 

A seguir miglior canto , inorridirò 

Al non usato strepito di Marte. 

Bellona stassa le ferrate porte 

Urea, e spalanca , e tutta Tebe è aperta. 

Quasi per sette bocche escon al campo 

Confusi , e misti , e cavalieri , e fanti , 

E Carri, e fansi T un a l'altro impaccio* 

Sembra che i Gteci abbiano a tergo: tanto 

S' affollano a le porte : esce Creonte 

Per 1* Ogigia , e sen vien per la Neita 

Eteocle feroce j il force Emòue 

Sgorga per 11 Émòloida , e la Pretida 

fuor manda Ipsèo : quindi l' Elettra ingombra 

II gran Driante ; con robusta mano 

L' Ipsista scuote Eurimedonte altero; 

E la Dircea sta di Meneceo in guardia. 

Cosi talora fi Nilo in se nascoso 
Sugge a gran tratti Orientali nembi , 
E de l'opposto ciel gli umidì indussi; 
Poscia il tesoro de l' ignoto fonte 
Divide , e porta in abbondanza le acque 
Per sette foci a l' Ocean profondo: # 
Fuggono le Nereidi , e i dolci flutti 
Non pan soffrir di quei novelli umori - 



> 



Digitized by Google 



6 8 Teeaide di Stazio 

Escon dai vallo a passi tardi , c Icoti 
I Greci afflitti, e pili d'ogni altro Stuolo 
Vengono meste le falangi Elèe , 
Quelle di Lacedemone, e di Pilo 
Vedove e privé del lor duce, e vate, 
Seguendo il nuovo lor rege improvviso, 
-Non bene avvezze al suo comando. 
Né solo te cercan tue fide genti , 

rmnu wa — iera • 

Crede, che a lei tu manchi, e men sublime 
H-icttimo cimier sorge nel campo* 
r Qual se in 1' umido polo invida nube 
Un astro invola a le Parrasie stelle , • . 
Tronco ne resta il carro , e d* una luco 
Scemo risplende il cielo, e i naviganti 
In numerar le srelle incerti stanno . 
Ma già mi chiamali Tarmi: in me rinforza 
Calliope, i carmi, e pili* sonora cetra 
Mi doni Apollo: il feral giorno adduce 
A* popoli vogliosi , e furibofitlt 
S*icirali T ultimo momento* 
Uscita fuori de la Stigia gora 
La Morte a cielo aperto il campo ingombra 
Co* tetri vanni, e col suo nero ammanto' 
Eccitai a l'armi le nimiche squadre, 
Ne vuole alme plebee, ma quelle sceglie, 
Che p« ctade, e per valor più degne. 



Libro VlH. t> 

bl Vita Sono , c con sanguigno serpe 
te nota , e le distingue. I fusi interi 
Tolti a le Parche , de Je Parche in vece 
Troncan le Furie a gì' infelici , e Marte 
Con V asra ancor non sanguinosa stassi 
Nel mezzo al campo , e *1 risplendente scudò 
Or volge a questi, ed or a quelli , e a Tatmi 
Tutti gP instiga > ed obbliar lor face 
I cari alberghi , le consorci > e i fiali : 
Scordansi ancor Je Patrie, e quel eh* estremo 
Parte da noi , dolce di vita amore . 
Tiene il furor pronté le mani a* brandi , 
Bolle T atdir de* petti , e par che voglia ; 
Uscir fuor de ali usberghi, e orribilmente 
Tremano sovra gli elmi i gran cimieri . 
Me che stupor , se cotant' ira accende 
I/alrne guerriere? Ogni destrier rassembra i 
Che spiri fuoco , e che la pugna agogni : 
Smalta il molle terren di bianche spume , 
E quasi al corpo del signore unirò 
Par che de' sdegni suoi tutto s'informi: 
Tutti rodono i freni, e la battaglia 
Col feroce nitrir chiedono a prova ? 
S'ergono in alto, e i cavalier'sul dorsò 
Scuotono impazienti, ed ecco jl segno i 
E gii Spingonsi al corso : immensa polve 
S'alza p^r tutto, e l'uno, e V altro snuda 



. Diftteed by Google 



f 0 - Tbbaide pi Stazio 
Vassi a incontrar con frettolosi passi , 
£ lo spazio di mezzo ognor decresce . 
Urta scudo con scudo , elmo con elmo , 
3rando con brando , piè con piede, ed urta 
Asta con asta » e in sanguinosa pugfe* i 
Si meschiano le schiere , ed a Vicenda 
Si riscaldan co* fiati , e son «teluse J 
Jnsiem le penne de' «ùmici elmetti. , 

Pur vago 4* ** g« crra * aA H or r a, P etto i 
Opi ctiÉàé ^ il cavalicr sul dorso j 
Ogni carro il suo auriga , e sovra ogni cimo 
Svolazzano le creste, ed a lor luogo 
Stanno ancor V armi , ed ogni scudo splende. 
A'rai del sole, c sono ancor adorne 
£ le faretre > e i militari cinti, 
Né* il sangue ancor toglie splendor a l'oro,. 
Ma poi che cmdel rabbia, empia virtude 
Prodiga de lt vite i cuori accese * 
Non con impeto tal piombam da l'Arto 
li Rodope a ferir nevi gelate.» 
Non con tanto rumor V Ausonia turba 
Giove , qualor tuona da tutto il cielo ; 
tic di gradin maggior le ***** inonda 
Borea , <jualor da le latine, spiagge 
In Libia pòrta turbini , e procelle : 
Velaio il di co* dardi , e per lo ciclo 
Yolan nubi di ferrose l'ari* immensa 



y 



Digitized by Google 



L x a k o vm. 7t 
Appena par, che a cotant" armi baste. 
Altri i dardi avventati, altri i respinti 
Mandan tornando a morte. A mezzo il calle 
Scontransi spesso le ferrate travi , 
E cadon vane a tetra ; asta con asta 
Concorre a pugna : grandine di sassi 
Scaglian le frombe , e le veloci pa ll e 
Van del fulmin pii preste , e le S3Ctte 
Volan per l'aria con diverse morti. 
Né pili r'è luogo, ove un sol colpo a terra 
Cadas ma van tutti a ferir ne' corpi. 
L'un l'altro uccide, e i'u ao 1' altro abbatte 
Spesso senza saperto, e di virtude 
Sostien le veci il caso, or questa turma 
S avanza , e incalza , or si ri eira , e cede , 
Ed or acquista , or ra perdendo il campo . 

Siccome allor che minaccioso Giove 
Scatena i venti , e le procelle irate , 
E con alterno tutbine flagella 
Il basso mondo ; nel celeste campo 
Sun due contrarie schiere, ed ot più forte 
E il nembo d' Austro , ou d'Aquilon la forza, 
Unchè pugnando i turbini, o quel vince 
Con le sue piogge t Q cq1 sefeno ^ 

Ecco figlio d' Asopo il grande Ipséo 
Da principio a la pugna , e le Spartane 
Squadre respinge (avéa la fiera Gente 



»> 

I 

7 2 Tmbaìdr di Stazio 

Pei Jo natio valor gonfia , e feroce * \ 

Co' scudi aperte le Tcbane schiere ) i 
E primo uccide il duce lor Menalca. 
Costui per alma, e per vi mi Lacerne 7 
E de 1' E irrora alunno , e che disnore 
Non fece a gli avi , si strappò dal petto 
Per V ossa > e per le viscere squarciate 
L' asta , ch'entrava, acciò che a tergo uscendo 
Non lo macchiasse di vergogna , e scorno - 
E con debile man del proprio sangue 
Tinta al riero nemico la rimanda • 
Ei nel morire il suo natio Taigeto 
Rimembra , e le sue imprese, e quei flagelli^ 
Cui da fanciullo l'avvezzò la madre*. 
Tende Aminta Teban l' arco , e di mira j 
Fedìmo prende. O troppo pronta morte t 
Fedimo sul rerren gii moribondo 
Langue : né tace ancor 1* arco d' Aminta , 
Il Calidonio Agrèo di Fegea tronca 
La destra mano : essa ancor guizza * c'iferr» 
Impugna, e muove. Tra l'alenarmi sparsa 
Sopra del cuoio pevenrolla Aceste, 
E benché tronca la feri di nuovo . 
Ifi A ramante , ed il feroce Ipséo 
Argo distende, e Abante Fcjeo uccide. 
Ma con diverse morti : é cavaliere*- 
Ifi , ed Argo pedone , Abante auriga/ . 



Digitized by Google 



Libro Vili? 7*; 
Uno in gola , un nel fianco , c '1 terzo in front» 
Cadon feriti » due gemelli Argivi 
Di Cadmo ucciser due gemelli ascosi 
Sotto gli elmetti chiusi , o de la guerra 
Ignoranza crude! I ma poi che scesi 
Li dispogliato, c'1 lor misfatto apparve , 
Mesti, dolenti, afflitti, e quasi immoti 
Si mirano i fratelli , e n' # ebber doglia. 
Iòn di Fisa abitatore atterra ! 
Dafni di Cirra , i suoi destrieri avendo 
Pria spaventati: gli applaudi da l'alto J 
Giove : del suo Cirrco senti pietade , 
Quantunque tardi , e inutilmente Apollo « 
Ma la fortuna quinci , e quindi illustra 
Due forti eroi nel sangue ostii feroci . 
Emon Tebano i Greci urta, e flagella, 
E Tidco preme le Direte falangi . 
A questo Palla, a quello assiste Alcide. 
Come scendon da* monti a un tempo istessd 
Due rapidi torrenti, e'1 piano inondano 
Con subita ruina , c par , che a gara 
Faccian tra lot chi più rapisca i campì , 
O più so vere hj i ponti > ecco una valle 
Lor da ricetto , e ne confonde T acque 3 
Ma superbo ciascun dal proprio corso 
Negano al mar portar unite V onde . 
De' combattenti in mezzo Ida d'Enchesto» 



74 TeSaide di Stazio 

Gita scorrendo con accesa face , 
E con la fiamma disgombrando il calle » 
£ scompigliava , e ponea in rotta i Greci . 
Allor che da vici» del gran Tidé*o ^ 
L'asta gli spezzò Telmo, e lo trafisse, 
v Cad'ei supino, e molto spazio ingombra \ . 
Tien T asta in fronte , e la caduta fiamma . . 
Sii circonda le tempie •• allor l'insulta 
Il vincitore : non chiamar crudeli 
Gli Argivi no t noi ti doniamo il rogo 
Con le tue faci , e col tuo fuoco : or ardi . 
Indi guai Tigre, che nei primo sangue 
La rabbia accese , e a tutto il gregge ancia ; 
Aòne con un sasso , e con la spada 
Folo , e Cromi ferisce * iodi con 1* asta 
I due fratelli Elicaòni uccide > 
Che gii da Mera de l'Egea Ciprigna »_ 
Sacerdotessa, de la Diva in onta 
Fur generati di furtivo amplesso. ì 
Miseri voi giacete! e i fieri altari , r 
Circonda ancor la suppliche voi madre* 

Con non minor furor 1* Erculeo Emooe 
Sitibondo è di sangue » e mille schiere tj 
Col brando insaziabile trascorre. 
I fieri Calidonj urrà, e fracassa i ) 
Turba <juei di Pelenc, e de la mesta 
Pie uro ne abbatte i giovani feroci; 

* 

* 



v 



i 



e 



Libro Vili. 7f 
Finche già rintuzzato il brando, c l'asta 
V Ollenio Buti, che le schiere affiena , 
E lor vieta la fuga, oggi unge , e assalta. 
Era giovine Buti, e 1 fean palese 
Le inratte guance , e '1 non tosato crine , 
Quando improvvisa a lui su V elmo scese 
La Tebana bipenne , Ambe le terapie 
Cadon partite, e la divisa chioma 
Di qua di là sovra le spalle pende, 
E a lui , che non attende , e non sen guarda, 
Innanzi tempo il vital filo tronca . 
Poscia il bionda Polite , Ipari il biondo 
( L' uno a "Febo nudriva il molle viso, 
E T altro a Bacco la lasciva chioma ) 
Del pari uccide . O troppo ingrati Numi i 
Appresso a questi Iperion distende, 
E Damaso , che in fuga era rivolto i 
Ma r asta del guerrier lo coglie a tergo » 
E per l'usbergo passa, e ne lo scudo r 
Si caccia , e lungi su la # p^ nta ^ P orta • 
Strage maggior ne le Lernèe falangi 
Tarebbe Émon , perocché Alcide i dardi 
Gli drizza, e a lui di forzai ma Tidco 
Palla gli oppone , e gii si stanno a fronte 
Co* tutelari Numi : allora Alcide 
Patio primicr , ma placido in sembianza . 
Fida Germana , «jual ettor di guerra , 



Digitized by Google 



I 



Ì< TfiBÀIDE Dr Sf AX1Ò 

Quii sorte insieme a battagliar ne guidai 
forse un si reo misfatto ordisce Giuno ? 
Pria mi vedri (benché nefanda, ed empia 
Impresa fora ) al fulmine trisulco 
Opporre il petto , e contrastar feroce 
Col mio gran Padre . Dal mio ceppo scende 
Emon ; ma se tu 1* òdj > io lo ricuso \ 
Ne se contro Ila , e contro Anfitrione 
( Qualor tornasse in vita) il tuo Tidco 
Vibrasse 1* asta , a lor farei riparo. . 
Bci 4 mi sovrien , né* fia eh* unqua l'obblii* 
Quanto per me questa tua destra invitta 
Sudasse , e questo tuo Gorgoneo scudo , 
Allor che tutto andai vagando il mondo 
Servo infelice in duri casi involto 5 
Ita saresti meco anche a gli Abissi; 
Ma i Dei superni non ammette Averno . 
T>a il oiel , ru il Padre a me donasti. A tante 
Grazie qual mai potrò donar mercede ì 
Se vuoi Tebe appianar, io l'abbandono/' 
E cedo al tuo volere, e perdon chieggio,- 
Si diwe, e gii partia: l'altera Dea 
Piacessi al suono dei parlar gentile , 
E serenò il sembiante, e su '1 Gorgone 
Sgonfiando i colli, ri posar' le Serpi, 
Sente partirsi il Nume , e gii più Itarf 
I dardi vibra l'infelice Enxpe, . * 



1 



V 



! 

Lino vnr. 77 

E ne* languidi colpi il vigor primo 

Non riconosce , ne F usata destra . 

In J ai manca V ardire e'I timor cresce» 

Nè si vergagna ririsarsi : allora 

Pili feroce Tidèo l'incalza, e preme > 

E maneggevol* solo a la sua mano 

Libra un' asta ferrata » e a certo seguo 

La drizza , e al sommo de lo scudo mira > 

Ore confina la goletta , e *i colpo 

È più mortale: nè ingannollo il braccio. 

Già portava la morte il crudo certo ; 

Ma noi permette » e Tornerò sinistto 

Sol gli lascia lambir con lieve piaga 

Grata al fratello U Trkonia Dea : 

Più non sta fermo Emon , ne pili s' appressa 

Al gran nemico , e non ne soffre il volto » 

E virtude , e speranza in lui vien meno . 

Qual setoso cinghiai > cui ne la fronte 
Con non felice man confisse il ferro 
Il cacciator , nè al cerebro pervenne ; 
L' ire esercita in fianco > e più non osa 
Gir contro l'asta, che provò sì fiera. 

Ecco vede Tidèo Proteo Tebano 
Condottici d* una squadra i Greci suoi 
Mandar con certi colpi a certa morte . 
S'accende ad ira; vibra il pino, e lui 
P' un colpo s,olo, e'I iuq catai trafigga • 



7** Tebaid e at Stazio 
Cade il destrier sui cavaliero , e mentre 
Cerca ei la briglia , su la faccia V cimo 
Gli calca» e sopra il seri preme lo scado, 
Sia che col sangue il fren gli *sce di bocca, 
E morta cade al suo signore accanto . 

Cosi talora avviticchiati insieme 
Caàon dal monte Gauro , t a doppio danno 
Dei povero cultor l'olino, e la eritf 
Miseri al paca ma più «contento l'olmo, 
Che i.trcwctóTami suoi non piange tanto, 
Quanto 4« la compagna i tralci amati , 
E l'uve amiche, suo mal* grado infrante. 

Prese atea 1' armi Contrari!- campo Greco, 
Corcbo d' Elicona amico Avl tempo , 
E compagno a le Muse . Il di fatale 
Conscia de' stami inferni, e da le stelle 
Pria conosciuto a lui predetto avea 
Urania; e pur Tarmi, e le guerre agogaf 
( E forse per Cantarle ) il garzorf folle . 
Ei cade* o nel cader degno si tende 
Ch'altri lo canti i ina le affìtte Muse? 
Mute restaro» e V onora t r co' pianti . 

Fin da' più teneri anni era promessa 
Ad Ati Ismene, e non renla straniero r 
Benché di Cirra, il giovane gentile 
A questa, guerra, e no* ave* ki orrore 
In suo fame -da* suoceri ie coljwr* . ,.. X 



Libro Vllf. 7 J 

La fa il casco pallor a lui pia grata , 
£ le accresce beltà l'indegno luteo . 
Era anch' egli leggiadro , e non nudila 
La vergine da lui diverse voglie, 
£ T un de i' altro, se fortuna a mezzo 
Non troncava i disegni, erano amanti. 
Ma la guerra crudel vieta le nozze > 
Quinci di maggior' ira acceso il seno 
Vien furiando , e le Lernce falangi 
Ora pedon col ferro urta , e scompiglia , 
Ora sovra un corsier , quasi da Talco 
11 rimirasse Ismene» i Greci assalta. 
Di rriplicata porpora coperte 
Le spalle ancor crescenti , e '1 molle petto 
Gli avea la madre , e del descrier gli arnesi 
£ l'elmo, e le saette erano d* oro , 
£ le manicne, c'1 cinto, e sul cimiero 
( Pere h' ci non gisse men d'Ismene adorno ) 
L* oro increspato svolazzava al vento • 
Misero! ei vano de' pomposi fregi 
Os* i Greci sfidare, e fatta strage 
Ne 1« forti squadre a' suoi sen riede 
Con le acquistate spoglie» ed or uccide 
Un guetrier» or ritorna al suo drappella* 

Qua! giovan* 1 CO q ne' boschi Ircani 
Nudo ancora di pelo , e non rremendo 
Per V onor d* U giube , e Ma ancora _ 



so Te balde di Stazio 

Avvezzo a ber de' generosi il sangue > 
Poco lungi a le stalle il vile armento > 
Quando e il pastor lontano ardito assalta > 
E d' un tenero agnel pasce la fame ; 

Tale Ati , a cui noto non c il valore, 
Né V armi di Tidèo -, ma lo misura 
Solo dal corpo > noi paventa > e ardisce 
Con debil dardo , mentre quei minaccia 
Gli altri , e gì* incalza , di tentarlo . Al fine 
Gli occhj il fiero rivolge a' colpi frali , 
E amaramente ride : e ben m* avveggio 
Temerario garzon ( dice ) che aspiri 
A gloriosa morte . Indi sdegnando 
Usar contri un fanciul la spada » e V asta > 
Apre appena le dita , e lieve strale 
Sfuggir ne lascia > che qual fosse un grave 
Acuto cerro , e con vigor scagliato 
Gli passa 1* anguinaglia , e '1 fere a morte . 
Sdegna Tidéo spogliarlo > e non fia mai 
( Grida ) che sì vii dono abbia la madre r 
O che a te, Palla, tali spoglie appenda. 
Me lo vieta il rossore ; e se nel campo 
Qui Deifile fosse , appena a lei 
Per suo trastullo le porrei davanti. 
Dice , e a gloria maggior pugnando » aspira» 

Cosi leon per molte stragi altero 
Sdegna i molli vitelli, e- 'l vile armento, 



Libro Vili. Si 

E sol de* generosi ii sangue anela , 

E al toro condottier dei gregge agogna 

Star su T alta cervice , e farne scempio . 

Dal flebile clamor Meneceo accorto 
Del caso d* Ati , i suoi destrieri , e '1 carro 
Li vol^e a tutto corso, e in terra sbalza . 
Già del Taigcto i giovani feroci 
Stavan su lui > che giace : in abbandono 
Lo lasciavano i Tirj . Alto rampogna 
Meneceo i vili : o voi da Cadmo scesi , 
Che da' solchi guerrier* vantate i padri, 
E '1 valor ne mentite j ove ne andate , 
Ove fuggite? Oh eterna infamia ! Oh scorno I 
Dunque meglio per noi Ati sen giace? 
Ati stranier , che non aveva in Tebe 
Cui vendicar, che la diletta sposa , 
E questa ancor non sua ? Noi tanti nostri 
Pegni, le mogli, i figli , i tempj , i tetti 
Tradirem dunque ? Da vergogna punte 
Perniarsi allor le schiere , e '1 patrio amore 
Tornò ne* petti > e rivoltar' la fronte . 

Stavano intanto in solitaria cella 
Del regio albergo le innocenti figlie 
Di Edippo amabil coppia , e di costumi 
Dal genitor Riversa , e da' germani , 
Rammentando tra lor , gli acerbi casi, 
E de* vicini , e de* primieri tempi . 



Teb. di Staz. T. IL * 



I 



%% Tébaidb di Stazio 

De la madre le nozze una , e dei padre 
V altra gli occhj rammenta : or «juesta piangé 
11 fratello , che regna : or il ramingò 
Quella mesta deplora : ambe le guerre . 
Quindi più grave a loro è la tardanza 
De gl'infelici, e non ben certi voti. 
Sospese stan qual vincitor, qual vinto 
Bramin veder nel barbare* duello; 
Ma ne l'internò V esule prevale. 

Cosi il garrulo augei di Pandione 
Quale* ritòrna al suo fidato albergo, 
Onde cacciollo il verno, e sovra il nido : 
V* svolazzando, le sciagure antiche 
À' tetti narra, e ai vento, ed il confuso; 
Flebile mormorio crede parole , 
E ben rassembra a le parole il canto . 

Dopo un lungo silenzio, e dopo i pianti 
Parlo di nuovo a la sorella Ismènc : 
Qual error turba i miseri morrali ? 
Qual* ingannevol fede ? In mezzo al sonno 
Veglian le cure , e a la sopita mente 
Tornan distinti e simulacri, e larve? 
Ecco io, che appena se profonda pace 
Godesse il regno, } i talami, e le nozze 
Volgerci ne la mente ( io mi vergogno ? 
Sorella» a dirla) ne la buja nojte 
Vidi le tede nuziali; ahi come 

< 

\ 

i 

_ •' Digitized by Google 



L i a x o Vili, %i 
Questo folle s«por mostrommi io sogno 
Lo sposo appena visto* Una sol volra , 
E involontaria in questa reggia il vidi, 
Mentre non so quai patri a le mie nozze 
Stabilivan fra loro . A me parea 
Tutto turbarsi d'improvviso, e spente 
Mancai le faci , e la rabbiosa madte 
Con urli , e strida seguitarmi , ed Ati 
Ridomandarmi . £ quale annunzio infausto 
È mai questo di strage ? £ pur non temo , 
Se staran queste mura, e se lontane 
Andran le Greche schiere , e tra fratelli 
S'avremo rempo di compor la pace. 

Cosi dicean tra lor : quand'improvviso 
Mèsto clamor la taciturna reggia 
Turba, e spaventa, ed ecco Ati ritolto 
Con gran fatica a le nemiche genti , 
Mal vivo si riporta , e senza sangue i 
Ha la man su la piaga , e da io scudo 
Pende languido il capo , e su la fronte 
Scomposto ha il crin : prima Giocastail vede 
£ pallida e tremante Ismene chiama • 
Questa sol chiede coq languente voce 
11 moribondo genero j sol questo 
Nome sta ancor su le gelate labbia . 
Alzan le ancelle i gridi, c l'infelice 
Vcrgin portava già le mani al crine i 



t I B R * Vili. "Sf 
Oc* nemici abbattuti > c moribondi > 
E Capatico vibri 1' acuto pino 
Pur troppo noto a le Sidonie squadre . 
Di Tidèo solo é queir orribil giorno, 
Lui sol si teme , e da lui sol si fugge , 
E vien egU gridando: Ove fuggire? 
l'erchè il tergo volgete ? Ora ora è il tempo 
Di vendicar vostri compagni uccisi, 
E compensar queil* infelice notre . 
Io son colui , che cinquant* alme spinsi 
Con brando ancor non sazio in grembo a Dite , 
Vengan cinquanta , e cinquant* altri insieme « 
Cbe io qui gli attendo . Quei , che dianzi uccisi 
Non han dunque fra voi padri , o fratelli 
Vindici di lor morte? Onde proviene 
Questo si vile obbllo de' vostri lutti ? 
Io mi vergogno riveder Micéne , 
£ star contento de la prima strage . 
Tali guerrier* restano a Tebe ? Queste 
Son le forze dei re ? Ma dove mai 
Dove s'asconde questo invitto duce? 
Ed ecco il vede nel sinistro corno 
Animando le schiere , e Jo distingue 
A lo splendor de la superba fronte . 
Non sì veloce piomba il grande augello, 
Portatore def fulmini di Giove 
Su bianco cigno , e con gP immensi vanni 

i 

» 3 



%€ Teraide di Stazio 

Tatto r adombra } come allor Tid^p 
Contro del re si scaglia, e lo rampogna: 

O giusto re de la Sidonia gente , 
Vuoi tu venir a manifesta guerra, 
E meco al fin provar del pari il brando ? 
O sol ti fidi ne V amica notte , 
E le tenebre aspetti? Ei non risponde, 
Ma di risposta invece a lui rimanda 
Stridente dardo . L* Erolo campione 
Con leggiera percossa il colpo torse , 
Ouando a lui fu vicino , e al fin del volo r 
Indi con tutto il braccio , e de 1' usato 
Con maggior forza avidamente vibra 
Centra il crudel Tiranno asta maggiore, 
Giva la ferrea trave , e ponea fine 
Ai fier duello , e V applaudian da V alto 
De* Greci , e de' Sidonj i Numi amici j 
Mal vi si oppone la spietata Erinni, 
Ed Eteòclc al reo fratei riserbi- 
Andò il ferro a piagar Elegia scudiero , 
Ove più ardea la pugna . Allor Tidèo 
li brando stringe , e pili feroce corre 
Contra il re , che già cede , e si ritira , 
E lo copron co' scudi i suoi Tebani • 

Come vorace lupo in buja notte, 
Ch' abbia assalito renero giovenco > 
de' pastor'da folto stuol respinto, 



Digitized by Google 



Libro VII!. 87 

In rabbia monca , e disprczzando i dardi , 
A lor rivolge V affamato dente, 
E in quel , per cui già venne , il torvo sguardo 
Fisso tenendo, contra lui s'avventa, 
Sempre fermo in desio di farne preda i 
Cosi Tidco sdegna le opposte schiere > 
£ la turba minore , e i colpi affrena . 
Pure a Toante nel passare il viso, 
A Deiloco il petto , a Clonio il fianco , 
E ad Ippodamo truce il tergo fere . 
Sovente a* corpi le lor membra rende , 
E manda a V aria le celate piene : 
E già fatto a se stesso argine, e cerchio 
Ha di corpi , e di spoglie , ed in lui solo 
Si consuma la guerra , e contra lui 
Drizzansi tutti i dardi . Altri a la pelle 
Giungono a vuoto, cadon altri a terra: 
Altri Palla ne svelle, e già lo scudo 
Sostien d'asta, e di dardi orrida selva. 
Ei d* ogni parte è cinto , e già da tergo 
Squarciato pende il CaJidonio vello * 
E con funesto augurio a terra cade 
Marte, gloria, ed onor del suo cimiero 2 
Già d'ogni fregio nudo in su le tempie 
Posa 1* elmo infiammato , e ripercosso 
Da sassi, e travi orribilmente suona. 
Gli scorre per la fronte , e per, lo petto 



V 

gg Tebaide t>i Stazio 

Di sangue, e di sudor tepido rio. j 
Ode i suoi , che T esortano a ritrarsi j! 
E lungi vede la stfa fida duce 
Con lo scudo coprirsi il mesto Tolto. . 
Essa prendendo verso il cielo il volo 
Giva a placar col pianto il genitore . 
Ed ecco fende il vento immensa trave, 
Che gran destino , e gran vendetta porta , 
E l'autor non è noto , e non si scopre. 
Menalippo uom vulgar d'Astaco figlio 
F u colui, che fc'ii colpo, e non sen vanta, 
E quanto può cerca occultar la mano; 
Ma il clamor de le tutme il fe palese > 
Poiché al colpo mortai si piegò in dorso 
Tidèo ferito , ed allentò lo scudo > 
E tutto il fianco gli restò scoperto . 
Alzan le grida allor le Aonie schiere , 
E piangono i Pelasghi , e co' lor petti 
A lui', che freme, fan riparo, e schetmo. 
' Egli a traverso le Dircce falangi 

Cerca con rocchio il suo nemico» e tutte 

M Le reliquie de 1* anima raccoglie , 

£ 'un'asta, che a lai porse Opléo vicino, 

Contro gli scaglia / e per lo sforzo estremo 

L'ultimo sangue da le vene uscio. 

Allor gli Etoli mesti il lor signore, 

Che anco* combatter brama, e V asta chiede 



Digitjzed b^Gcjg^k: 



Libro Vili. 8* 
(Ahi qual furor!) e de la morte ia braccio 
Di morir nega , riporraro indietro > 
£ le languide membra , e '1 corpo frale 
Adagiar su uno scudo, e lo posato i 1 
Sul margine del campo , e fra* singulti 
Gli fer sperar di rimandarlo in guerra; 
Ed ci, che al fin Tede mancarsi il giorno; 
E nel gelo mortai sente le membra 
Sciogliersi , e già fuggir 1' alma superba^ 
S* alza <jual può sul debii braccio , e dice ? 

Pietà vi prenda del mio caso acerbo , 
Greci -, non già cbe questa inutU salma 
In Argo si riporti , ed a Pleurone » 
Cbe r esequie io non curo , e sempre odiai 
Queste caduche membra , e '1 debil uso 
Del corpo frale, e peregrina spoglia— [j i 
Che presto manca, ed abbandona l'alma* i 
Ma se fia , che *1 tuo capo alcun mi porti > 
Solo 11 tuo capo , o Menai ippo ! e certo 
So, che tu mordi il suolo, e che gli estre.ni 
Sforzi non m* ingannar* di mia virtude ♦ 
Va, Ipjtomedonte , se in re ferve il sangue 
D*Àtt^p; vanne, garzon d'Arcadia onore j4l 
E già famoso ne le prime guerre A. 
E ttt /« ^i Greci il P iA sablime 
Muoviti, o Capan^ corsero tf^ara > 
Ma Capanco giunge primiero , e trovalo ; 



♦ 



§0 Te*aide di Stazi» 

Mcoalippo spirante , c se lo gftrta 1 4 

Su la sinistra spalla, ancor che il sangue, 
Che da V aperta piaga esce a rorrenti, 
Gli lordi il largo rergo , e '1 ferreo arnese > 

Da l'Arcadico speco in cotal guisa 
Il predato cinghiai riportò Alcide 
A' desiosi , ed acclamanti Argivi. 

Tidèo s* alza di nuovo , e al 'suo nemico 
Corre incontro col guardo , e ooi che '1 vede 
Gir boccheggiando ne * singulti estremi > 
E con le luci languide, ed erranti, 
£ la Sila morte riconosce in lui; 
D'allegrezza, e di sdegno ebbro , e furente 
Vuol che '1 .capo sen tronchi , e se gii porga. 
Il prende , e torvo il guarda , e si compiace 
In rimirarlo , ancor che tronco . in giro 
Rivolger gli occhj torbidi, e tremanti.. 
Tanto bastava al misero : ma chiede 
Maggior misfatto 1* empia Furia ultrice . ^ 
£ già sceedea dal eie! ( placato il Padre > 
Pallade non più mesra , e a P infelice 
Pe l'immortaliti portara il dono. 
Ma quando il vide di cervella e sangue 
Ancor fumante satollar le labbra, 
Né poterlo staccar dal fiero posto 
Inorriditi i Greci} in su'! Gorgone 
Si drizzato le serpi, e de la Dta, 

/ 



Digitized by 



Libro VIIL 
Vclac la faccia, ed essa abbominando 
Il capo torse , e pria di gife a gli astri , 
Purgò la vista con il sacro fuoco, 
E de l'Eliso si purgò ne 1* onda. 



• 



S 1 • 



■i 

♦ • 

1 



v 

<A 
i 

i 

1 



X . Digitized by Google 



L I B R O IX. 

L, Atroce rabbia di Tidèo crudele 
Inasprì i Tirj , e mitigò ne' Greci 
Il doior di sua morte , e 1' atto indegno 
Tutti biasmar* . che di vendetta ruppe 
Ogni legge , ogni dritto . E tu de* Numi 
Marte il più fiero, ancor che la gran pugna 
Tua mercè fosse nel maggior calore j 
Tarn* è tra noi > che non il Tolto solo 
Torcesti altrove ; ma i destrieri , e *1 carro < 
Dunque la gioventù da Cadmo scesa 
Non altrimenti a vendicar si muove 
Di Menalippo la spietata morte , 
L'esequie profanate, e '1 fiero scempio, 
Che se 1* ossa , e le Ceneri de gli avi 
Fossero sparse al vento , e f urne aperte t 
E date in preda ad esecrandi mostri « 
Il re vie più gli accende; e chi pietoso 
( Grida ) fia più co* Greci ? E chi da loro 
Spera nulla d* umano ? O non più inteso 
E ferino furore I han dunque in noi 
Tutte vuotate le faretre , e gli archi , 
Che d' uopo sia , che con le adunche zanne 
Squarcino a brano a bran le membra tronche ? 



Digitizec 



Libro IX. *j 
Con tigti Ircane , e co* leon' feroci 
Non vi sembra pugnar di Libia adusta ? 
Ed or colui sen giace (o de la morte 
NobiI conforto I ) c con i denti afferra 
II teschio ostile, e le dure ossa, e *1 sangue 
Rode, c fugge 1! infame , e muor contento* 
Adopriamo noi pure il ferro , e *i fuoco , 
Che basra lor la ferità natia, 
E gli odj soli senz' usare altr* armi. 
Ma sieno pur crudeli , e <juesta luce 
Godano lieti , pur che *1 sommo Giove 
Rivolga in lor gli occhj da V alto , e '1 veglia . 
E si stupiscon poi che s'apra il suolo, 
E fugga lor di sotto a* piedi? Io sento 
Maraviglia maggior, che anche li porti 
Il lor terreo natio . Cosi ragiona , 
E fremendo , e scorrendo innanzi spinge 
Le schiere . Tutti un sol furore infiamma 
A rapir di Tideo le spoglie^ e '1 corpo. 

Così veggiam stnolo d' ingordi augelli 
Velar co' vanni il ciel , qualor da lungi ..' 
Senton 1* aria spirar corrotta , e guasta - 
Da' cadaveri putridi , e insepolti ? 
Vengon gracchiando, e l'Etere rimbomba, - 
E gli augelli minor' cedono il campo . 
La fama intanto pi u veloce , e pronta 
Ne le infauste novelle era trascorsa 



Digitized by Google 



/ 

P4 TllAiDE DI Stazio 

Di chiera in schiera per lo campò Argivo l 
£ giunta a "Polinice» a cui maggiore 
Ira per recar doglia . Al duro avviso 
Inorridissi il giovane ; è su gli occhj , 
Già pronti a uscir gli si arrestalo i pianti ; 
£i sta in dubbio se '1 creda , e di Tidco 
La virtù conosciuta , a la sua morte 
11 prestar fede persuade i e vieta . 
Poiché certo ne fu , le luci , e il senso 
Gli si adombraro > e ristagnato il sangue , 
Languir' le membra , e 1' armi , e già di piantò 
Asperso c '1 lucici' elmo , ed a* suoi piedi 
Lo scudo cade . Con rremanti passi 
Se ne va mesto strascinando 1* asra > 
Qual se di mille piaghe il seri trafitto , 
Ed ogni membro lacerato avesse. 
Giunge ove Tidèo giace intorno cinto 
Da' fidi amici, ché'l mostrar* piangenti 
A lui, che'l chiede . Allori' armi, che appena 
Seco avea traete , lungi scaglia , e nudo 
Sul cadavere esangue $ abbandona , 
£ a le lagrime il fren scioglie » e a la voce? 

Dunque, o caro Tidéo , de le mie guerre 
Unica speme > tal mercé ti rendo ? 
Son questi i premj a tua virtù dovuti? 
Che ru » me salvo , sul terreno infame 
Di Cadmo giaccia ? Or sì , che vinto io sono: 



Libro IX. $f 
Ór sempr' «siile andrò , or che in è tolto 
Un frate! d Eteòcle assai migliore . 
Io più l'antiche sorti, e pia non chieggio 
La violata mia corona , e '1 regno . 
Qual cosa esser mai può, chea tanto prezzo 
Lieta mi serhbri ? O qual gradito scettro , 
Che non mi porga la tua forte mano ? 
Itene pure, , amici » e me qui solo 
Al reo fratel lasciate. A che più giova 
L* armi tenrare , e invan perder tant" alme > 
Che pii dar mi potete ? Ecco eh' io steiso 
l'idèo condussi a morre : or con qual morté 
Purgar giammai potrò tanto delitto J'Wj 
Oh Suocero ! Oh Pelasghi ! Oh de là primi 
Notte risse gradite , e pugne alterne ! 
Oh brevi sdegni d'un si lungo amore 
Forieri , e pegno ! Ah perché mai '1 tuo ferro, 
( E ben tu lo potevi ) in su le soglie 
Non mi svenò d* Adrasto , o gran Titleo ? 
Anzi per me , qual se i tuoi proprj onori , 
E'I tuo regno chiedessi, a' tetti infidi, ^ 
Onde tu sol tornar potevi illeso, v 
Bei reo fratello volontario andasti . 
Taccia, Telàmoti , tacci* Testo ' « 1 

L* antica firn*. Ed or ohimè qual giaci! 
Ahi quali pri^tt«a|ua* ferite* 
È qual' è il tuo, qua! l'inimico sangue! 1 - 



$6 Tjesaide di Stazio 

Qual folta schiera di guerrieri eletti 
Fu, che t'oppresse; il padre , il padre stesso 
Insidiando tua virtù , la morte 
Ti diede ; Marte fu , <fuel che t' uccise . 
Cosi dice , e co' pianti il morto viso 
Di sozzo sangue deformato , e lordo j 
Lava, e sul petto gli compon le braccia • 
Indi ripiglia: adunque tu cotanto • - 
I miei nemici odiasti, ed io ancor vivo? 
E di già tratto il ferro in se crudele 
Sei «rivolgeva al sen per darsi morte ; 
Ma il ritengon gli amici , e lo riprende 
Adrasto , e de le guerre i varj casi 
A lui narrando, e del Destin la forza, 
V accheta , e lo consola , e a poco a poca 
Dal corpo amato, onde s'avviva il duolo. 
E in lui s' accresce di morir la brama , 
Lungi lo guida , e destramente il ferro 
Tra* discorsi di man gli toglie , e il cela . 

Ei parte , come toro afflitto , e lasso , 
Cui venne meno il suo fedel compagno , 
E lasciò il solco non finito ancora: 
Mezzo il giogo sostien sopra il suo collo > 
Mezzo ne regge il viilanel piangente. 

Ed ecco d'Eteòcle i detti, e l'armi 
Seguendo vien di giovani feroci 
Eletto stuolo, cui Bellona , e Marte 



S' t 



Libro IX. 97 
Non sprczzerieno in guerra. Ippomedonte 
Fermo su piedi con io scudo al petto 
Abbassa Tasta, e a quanti son si oppone t 
Qual rupe incontro a* flutti,. e che del cielo 
L'ira non teme, e ? 1 mar respinge, e frange, 
Sta immota a le minacce, t-U paventa 
V Ocean procelloso, e d* alto' mar* , 
JL3 conoscon da lungi i naviganti 

Vien Eteòcie, e Tasta scuote, e grida: 
E non vi vergognate in faccia a Numi ,! t '{«9 
Dei cielo a vista , e de la pura luce 
Difender queste scellerate membra , M 
Che fur de la milizia obbrobrio eterno ? ' : 
O nobile sudor, rara virtude . 
Per dar tomba a una fera ! Adunque in Argo 
Porterassi costui con mesra pompa, , 
E del rio sangue lorderà il ferétro l 
Si tralasci tal cura: augelli, e mostri v r 
Noi toccheranno , e de lo stesso rogo a 
( Se gliel darem ) V abborriran le fiamme . 
Tacque , e scagliò sì smisurato dardo , 
ritardato ancor dal primo cerchio 

scudo , penetrò al secondo è*U^ft£> 
Indi r auc vibrar' Ferétc , e . Lica j 
Ma il coT^o di Ferète indarno 





E con sotte mlfclto*, r asta di Lic* 
Lambigli Telmo ort&dlecJiioinato ; 

Teb. di Stai. Tom. II. 



p% Tifi Aide di Stazio 

Svelte dal ferro le superbe piume 
Volaron lungi , e inonorata apparve , 
f de suoi pregi la celata priva* 
Nou si arretra il guerriera ne contra Tarmi 
Provocato si lancia v in giro volge 
Su l 1 orme istesse la terribil fronte 
E a* nemici resiste , e '1 suo valore 
Tien, che lungi non scorra. In ogni moto 
Guarda V amato corpo , e lo difende , 
E al cadavere intorno si raggira . 

Non con tanto valor > non con tanta cura 
L'ardita vacca il suo vitel difende 
Dal lupo assalitor , ruotando infoino 
Le dubbiose cornai esse non teme, 
Ma del sesso scordata e freme , e sbuffa » 
E ì forti toti generosa imita. 

Ma pure al fine a Ippomedonte è dato,. 
Poiché cessaro le saette ostili,. 
Di rilanciar suoi dardi , e far vendetta . 
Già il Sicionio Aicone, e gii i veloci 
Pisani erano accorsi in sua difesa , 
E fatto gruppo di guerrieri» e d'aste* 
Affidato in costor, nave Lemca 
Ei scaglia , e quella va non meo veloce 
Di eretica saetta , ed a Polite. 
Il petto- passa , e Mopso a lui congiunto 
Fora, e varca lo scudo > indi Cidone 



Libro IX. 9 9 

Di Focida > e Falante di Tanìgro , 
Ed Erice trafigge ; Erice addietro 
5'era rivolto, e mentre sta sicuro, 
E 13 morte non teme , e chiede V aste , 
Ne la nuca lo coglie , e i denti spezza , 
E per la bocca , u* non entro , se n esce . 
Leuconteo intanto dietro Tarmi ascoso, 
E dietro i combattenti avea di furto 
Stesa la mano , e per lo crin prendendo 
Tidèo , seco il traeva. Ippomedonre , 
Quantunque cinto di minacce , e d' armi , 
Il vide, t a terra con un colpo solo 
Gli fa cader la temeraria mano . 
E grida : questa a te Tidco rapisce , 
Tidco stesso 1 ha tronca , e quindi appren 
Pe' magnanimi eroi, benché consunti, 
A rispettare i Fati , e le grand' ombre 
I/i arvenirc a non tentare impara . 

Tre voi re i Tir j avean V orribil corpo 
Rapirò , ed altrettante i Greci audaci 
toro 1' avean ritolto • In cotal guisa 
Sta del Siculo mar fra le procelle 
Navs agitata , e del nocchiero in onta 
A gonfie vele , e con in poppa il vento 
S' aggira , e torna ne* medesrai flutti ♦ 
Né di Sidonia avrian tutte (e schiere 
Respinto Ippomedoote ; né di loco 

G 1 



\ 



JOO TtEAIDK ùl STAZIO 

Smosso 1' avrian le macchine murali > 

Ed a le torri eccelse anche tremendi 

Nel forte scudo foran vani > e cassi 

Caduti gli urti , e ritornaci indierro : 

Ma la Furia crude! , che ha fermo in mente 

Di Plutone il comando , e di Tidéo 

Le colpe in se rivolge, in mezzo al campo 

Ingannevol si mostra , e in finto aspetto . 

La sentitoli le schiere , e un sudor freddo 

Scorse per l'ossa agli uomini, e a' destrieri, 

Ancor ch'ella d'Ali prendesse il volto, 

E il ceffo suo coptisse , e nascondendo 

Le sferze , ed i flagelli , In cotal forma 

Vestita d* armi , e in placido sembiante 

Ceti dolce yoce , a Ippomcdonte a canto 

Fermossi ; e pur mentr' ella , parla , ei teme, 

E del «uovo timore ha maraviglia. 

Ed essa allor piangendo : ed a che invano , 

Generoso guerriero , adopri 1* armi 

A difender i morti ? Adunque solo 

De gì* insepolti corpi , e de le tombe 

Avrem noi cura ? Ma si mena intanto 

Da V altra parte prigioniero Adrasto , 

E per re solo ei chiama» e con la mano , 

E con la voce il tuo soccorso implora . 

Ahi quale il vidi sdrucciolar nei sangue 

privo di serto la canuta chioma ! > 



\ 

Libro IX. lai 
Uè quinci è lungi. In quella parte volgi 
Gli occhj , oyc s* alza un turbine di polve < 
U* pili folto è lo stuol . Fra due timori 
Sra il dubbio cavaiier mesto , c sospeso j 
.Ma la furia lo preme : a Che più tatdi ? 
Che non andiamo ? Queste morte spoglie 
Ti ritengono forse > e non ti cale 
Di chi ancor vive? Al fin vincer si lascia 
Ipporoeddnte, e a* forti suoi compagni 
11 cotpo raccomanda « e le sue pugne • 
Parte, e abbandona il suo fedele amico: 
Par indietro si volge » e attento ascolta 
Prónto a tornar, se a sorte altri '1 richiami. 
Del finto Ali I" orme seguendo intanto 
Di <jua, di la per traviate strade . A ^-1 
Si aggira indarno: fin che Tempio mostro 
Gettò Io scado, e sparve, e le ceraste 
Spezzaron Telmo, e sibilando uscirò. 
Sciolta T infcrnal nube , egli rimira 
Starsi sul carro suo sicuro Adrasto, 
E intorno a lui le guardie sue tranquille. 

Ma i Tirj intanto han preso il corpo , e lungi 
Il palesa^* le festive voci i * a < 
E a lui fcthfcgti W cchj , e di segreta 
Doglia strinsero il lepre, e gli urli, e i gridi 
De' vincitor' superbi . O dei Destino t \ C ^T 
Tiranna forzai Ecco Tidco si tragga - ^ 



io* Tj&aAiDK di Stazio 
p er l'otti! campo: fluei Tidéo , che dianzi, 
Quando i Tirj incalzava , o sul destriero , 
O pedon combattesse, a lui davanti 
S' aprian di qua , e di li natte le schiere ; 
Non stari l'armi in riposo, e non le destre; . 
Ne li n tic n , ora che ' i ponno impuui > 
Da l'oltraggiar le già temute membra 
Quella ferocità, che pur conserva 
Nel terribil sembiante, ancor ch'estinto. 
Una sol brama i vili, e i forti accende, 
Nobilitar le mani , e i dardi tinti 
Serbar nel costui sangue , ed in trionfo 
Mostrarli poscia a le consorti, e a' figli. 
. Cosi terror de'Mauritani campi 
Leon feroce , per cui steron chiuse 
Le gregge, e in armi i buon custodi , e desti; 
Se cade al fine da' pastori oppresso , 
Il prato se ne allegra > e d* ogni parte 
Con liete grida accorrono i bifolchi , 
E gli strappan le giubbe , e V ampia gola 
Spalaacan rammentando i proprj danni . 
Ei su l'ovile, o da una pianta pende 
Trionfo , e gloria de F antico bosco . 

Ma il fiero Ippomedonte , ancor che vano 
Vegga il soccorso, e per la tolta spoglia 
Tarda la pugna , pur ruotando il fcrro^ 
Irrevocabilmente il passo avanza» 



Libro IX. i©3 
Ne l' inimico da V amico sceme , 

Se lo ritarda ; ma la fresca strage 
Lubrico fa il terreno , e i semivivi , 
£ i carri al suolo rovesciati , e infranti 
Gi' impediscono il passo , e*l fianco aperto 
Da lo strai d'Ereòcle: ( o de la pugna 
Nel calor non sentillo > e di vendetta 
Per troppo amor dissimulò la piaga . ) 
Vede Opleo al fin, che fu ne le battaglie 
Al gran Tidèo compagno, ed or ne porta 
Inutilmente 1* armi , e per lo crine 
Tiene il destrier del cavaliero estinto , 
Il buon destrier > che del signore amato 
Il caso ignora , e co' nitriti il chiama , 
£ si duol che di* se lo lasci vuoto , 
£ che più goda di pugnare a piedi • 
Ippomedonte ( ancor che il nuovo peso 
Portar ricusi su V altero dorso , 
Siccome avvezzo a quella sola mano» 
Che lo domò ne la primiera etade ) 
11 prende, lo corregge, e gli favella: 
Infelice corsier , perche ripugni 
Al nuovo impero? Il dolce peso amato 
Del tuo primiero eròe più non avrai ; 
Tu più non pascerai d' Etolia i campi , 
E più non scuoterai le altere chiome 
Ne r acque d* Àcheiòo i quel che ci jesta , 



I 



x t> 4 Tébaipe 01 Stazio 
Eseguiscasi altaen : Ir care spoglie 
Vien meco a Vendicare , o pur mi segui > 
Perchè tu ancor 1* ombra raminga errante 
Prigioner non offenda , e dopo lui ,. 
Altro superbo cavalier non porti. ... 
Parve eh' egl' intendesse , e d'ira acceso 
Si mosse al corso , e '1 cavalier sostenne „ 
Meno sdegnando un condottier simile . 

Tal se da l' Ossa a precipizio cala 
Un biforme Centauro a I" ime valli ; 
Temono i boschi i'uom, la belva i campi* 
Fuggono streni insieme , ed anelanti 
Spaventati i Tebani. Ei sta lor sopra» 
Ed improvviso i capi tronca, e a tergo 
Lascia i tronchi cadaveri cadenti . , 
Eran giunti a l'Israéno, oltre 1* usato 
( Funesto augurio ! ) per gtan mole d' accjuc 
Gonfio, e spumante. Ivi pigliar' respiro 
Pet bteve tempo i miseri Tebani , 
E timorosi ivi fermar 1 la fuga . 
Stupì 1* onda non usa a le battaglie 
In mirar tante schiere , e ripercossa 
Tutta s'accese di tan t'armi a* lampi . 
Al fin cacciati dal timor , ne' gorghi -. 
Sì lanciarono ' a gara > e dal gran peso 
L'argine rotto , un turbine di polve 
Involò a gli Qcchj la contraria sponda. -, 



I 



Libro Et. 10f 
Ma con salta maggior ne* flutti ostili » 
Cosi com'era Ippomedonte allora, 
Balzo ( ne già ritenne il fren , che troppo 
Avria tardato ) e a 1' atterrite turbe 
Terribil sopraggiunse, avendo prima » * 
J dardi appesi d* un gran pioppo antico 
Al verde tronco , e >a quel lasciatigli cura* 
Trepidi allora- i miseri Tebani iW- i $£ 
Al flutto rapitor cedono l'armi, uiu 
Molti vi fur, che pria Telmo deposto, 
Per quanto il fiato ritener poterò , 
Stetter sott'acqna infamemente ascosi: k 
Altri il fiume passar tentaro a nuoto j 
Ma gi'irapediscon l'armi, e lor dà impaccio 
Il cinro ai fianco, e la carozza al petto* 

Qual si desta terror ne' pesci allora L;v 1 
Che per le vie del mar, sotto de l'onde, 
li fallace delfin stare a la preda.,. v 
Mirano inteso j la squammosa turba 
Al fondo fugge , e per timor s* unisce 
X c 1' alghe verdi , e vi si addensa , e asconde; 
£ non ardisce uscirne , in fin che sorto u,„ 
Noi veggion sopra i flutti, e con le -navi . 
Da lungi viste ganeggiar nel nuoto 
Tale il guerrierr caccia i Te b a ni, e in mezzo 
Del fiume alto sostiene il freno , e V armi 
Regge , e sostenta \l suo destrier su' piedi 
Di remi invece : la ferrata zampa , 



i 



106 T £ b a i d e di Stadio 

s Avvezza al suolo , ondeggia , e ài fiume in fondo 
Cerca indarno toccar l'usata arena: 
lòn da Cromi ì ucciso * uccide Cromi 

- Antifo y Afttifo Ipsco ; quindi del pàti 
Astiage a morte manda * e seco Lino 
•Che già dal fiume ascia; ma vieta il Fato, 
& la Parca crudel , eh' in terra ci muoja • 
Freme i Tebani Ippomedonte , e i Greci 
Turba figlio d' Af dp© il grand' Ipséo . 
Ambi reme r Ismcno , ed ambi i flutti 
Macchian de V osti! sangue, ed ambi il Fato 
Nega l' uscir dai profanato fiume . 
£ già su l'onde volteggiando ranno 
Membra, e capi recisi, e spesso a' busti 
Riporta il flutto le già tronche destre . 
Si vedon galleggiare e dardi , e scudi , 
E gii archi lievi , ed il calare al fondo 
Tolgon le piume eccelse a gli elmi vuoti . 
Vanno intanto a fior d' acqua armi vaganti , . 
£ i miseri guerricr* giacciono al fondo : 
Ivi lottando stan con l' empia morte 

I corpi offesi, e l'anime spiranti 

II fiume incontra , e le. respinge indietro • 
Da la corrente in giù rapito, aveva . . 
Agrio fanciul de la vicina sponda 
Atterrata usa pianta: a lai da tergo 
Meneceo sopraggiunge , e da le spali» 



Digitized by Google 



1 I B x o IX. *°7 
Gli recide le braccia • Egli 1* impresa 
Imperfetta abbandona , e in già cadendo , 
Mira le braccia sue pender dai twnccr. 
L' asta d' Ipsèo d* immensa piaga uccide 
Sago, e al fondo lo cacci*; e.flol di lai 
Re sra V orma sao^igit» ^ cinH ^ IV onde . 
Per dar soccorsoci suo fratel discese*^ 
Agcnor da la sponda, ed afferrollo : l L 3» {j 
Misero! che il ferito a lui le braccia L $ 
Al collo stende , e coi tuo peso il grava . 
Potea Agenò? da gì* imposturi amplessi 
Sciogliersi , e osci* dai periglioso guado , 
Ma arrossi di tornar senza il fratello. 
Alza Calete di ferire in atio 
Minaccevole il braccio . Il rio crudele 
Ne* girevoli gorghi ecco l'involge: - « *i«c 
Già la faccia, già il cria , 4* «an si «eia*: 
Ultimo il ferro fu-, «he su eommerse . 
In varie guise una sol morte affligge 

I miseri. Ad Argltt il tergo passa 
De' Mtcalèsi un* asta ; ei si rivolta , 

E cercaci feritor ; ma non appare. i 

II fi utrié' smesso coi veloce corso - fc v.s#**é. 
Portò tiueUStttv micidiai su l'onde.* 

CW a ber sen ^ S%ir infette* U sangue • 
Ma 1* Etolo destar ilmah^ ferito - ^ 

Ne la spalla: e i ambascia^ al violento * 



tfctf Tibaioe di Stazio 
Dolor di morte su due piedi s'alza* 
£ sospeso così 1' aria flagella 
Con le ferrate zampe , e versa il sangue. 
Già non paventa i procellosi gorghi 
Il cavalier j ma del cavai pietade 
Sente, e di propria man Tasta ne svelle 
Dolente , e lascia in libertade il freno j 
Indi sbalza di sella , e più sicuro 
£ di mano» e dì pie , pugna di nuovo, 
E Nomio vile , e Mimanto feroce , 
£ Antidonio Licèo , Lica di Tisbe 
V un dopo l'altro uccide, ed il minore 
De* due figli di Tespio . A Panemòne , 
Che chiede anch' ei la morte , insulta ; e vivi 
( Dice ) e ritorna a la profana Tebe 
Solo senza il fratel , che non sarai 
Più dolce inganno a' genitori afflitti ; 
Sien grazie a' Dei, che nel rapace fiume 
Bellona mi guidò con man., sanguigna, 
IT da T onda natia tratti n andreta 
Timidi , in pasto de* marini mostri > 
Ne l'ombra ignuda di Tidco insepolto 
A' vostri fiioc^i striderà d'intorno: 
Ei r,iace in terra , e al suo principio torna , 
Cosi gl'incaica , e con i detti acerbi ^ _ 
Inaspra le ferite, ed or col brando 
Infuria, or scaglia li nuotanti dardi . _ ^ 



Digitized 



L I B K O IX. 

Tetòne amico de la casca Dea, 
E Già di ville abitator, Ergino 
Per tir flutti vagante , Erse chiomato 
A morte manda, indi Cre tèa V aggiunge i 
Sprezzato re del mare, e che sovente < U 
Lo scoglio Cafarèo su picciol Ugno , 
E TEuboiche procelle ardito vintéiQ 
Ma che non puote il Fato > Il se* trafitto 



*0 



Dai ferro micidial naufrago cade , * &l£i*& 
Ed oh in qual flutto! de la Doric' asta ^ 
Tu pur, Farsalo, fosti al primo colpo 
Da l'alto carro rovesciata in «ai, 
A soccorso de' tuoi, varcavi il fiume i 
E rimasti i destrier* senza governo , « v * 
Da vortici rapiti, insiem congiunti, 
La funesta unione ambi sommerse . 

Ma quanta ebber fatica i flutti insani -,_W£ 
Ad atterrar Ippomedonte , e qttrie £ ^ 
V Isméno ebbe cagion di prender V armi , 
Fate a me noto , alme Castalie Dee . I 
Vostr' opra è il riandar gli* scorsi tempfr, *0 
E da r oscuro obblìo sottrar la fama. 

Godè* di guerreggiar per le materne 
Onde i^^^in Crenéo d* un ^Fauno natov \ì 
E d* una Niìfcfa de 1* Ismèno figlia fc 
Egli ap;l gli oickf >i giorno in queste ripe: 
A lui fur Patria il fiume , e cuna l'alghe. ^ 



no Tea Aide oi Stazio 

ti dunque non crccka , eh' entro qnetl' ac^ue 
fcagion avesse r le crudeli Parche $ 
£ lieto già da 1' una a 1' altra sponda 
Passando l'avo lusinghiero, e l'onda,- 
O ne seguisse il corso, o pur col nuoto 
Obbliquo la fendesse > alto il sostenta s 
E s' a ritroso va, non lo ritarda, 
Ma lo seconda, e seco torna indietro. 
Non più placido il mar bagna co' flutti 
De T Àntedonio Glauco il ventre , e i fianchi. 
Ne più Jeggier su la marina estira 
Triton galleggia , ne più pronto toma 
Tra' dolci amplessi de la cara madre 
Palemone , affrettando il suo delfino , 
Che troppo lento su le spalle il porta : 
Ben 1' adornano 1* armi , e per mole' oro 
Fulgido , e insigne il grave scudo porta , 
In cui sta sculta de 1* AÒnia gente 
V origin prima : ne* Sidonj flutti 
Del toro mansueto il dorso preme 
La fanciulla di Tiro, e già sicura 
Fatta del mar, non più le corna afferra 
Con le tenere mani , e lussureggia 
L' onda baciando a lei le m»ili piante, 
Sembra veracemente entro lo scudo 
Nuotare il di via toro , e fender 1* acjue £ 
£ l'acque sono tanto al ver simili , 



Libro IX. i i i 
Che acquistai] fede, ed bau di mar sembianza l 
Quindi Crenco fatto pili audace sfida 
Con orgogliosi detti Ippomedonte : 

Questa Leraa non è d'atro veleno 
Infetta > e tinta • nè i' Erculee serpi 
Vengono a dissetarsi entro quest' onde . 
È sacro il fiume » e sacro ? e '1 proverai 
Tu i che '1 profani > e sanguinoso scorri 
Per T acque ultrici de* superni Dei . 
< Quel non risponde , e s' avvicina r 'opponi» 
11 v fiume a lui con maggior forza d'acque» 
£ gli tarda la man > ma non in guisa r 
Ch' essa il colpo non vibri , e nel pii interno 
Non giunga a penetrare» u' 1* alma ha sede. 
Inorridissi il fiume, e voi piangeste 
De 1' una » e l'altra sponda o afflitte selve » 
£ d'ululati rimbobar' le ripe. 
Egli morendo proferì V estremo 
Suono , e chiamò la madre . I flutri intanto* 
Gii passar' sopra , e soffocar* la voce > 
Ma la madre infelice intorno cinta 
Da le cerulee sue meste sorelle , 
D' improvviso dolore il cor trafitta > 
Lascia le grotte cristalline, e i crini 
Sparsi» e coniasi» e percuotendo il petto» _ 
£ lacerando il volto, e 'I verde crine». 
Accorre furibonda» e poi che fuori 



Ha, Tebaide i>i Stazio 
Usci da T acque , con tremante voce , 
Creneo , o Creneo ripete , e indarno il chiama . 
Ma ben io scudo galleggiar su 1' onde 
Ne vede , ai lei troppo sicuro segno 
Di sue sciagure. Egli ben lungi giace» 
Ove T Ismeno con il mar si mesce . 

Cosi Alcióne desolata geme , 
Qualora vede per lo n\3r vagante 
Il caro nido co' suoi figli , e vede , 
Ch'Austro piovoso ognor l'urta, e l'incalza, 
E finalmente dentro il mar gli asconde : 
Ella al fondo si cala , e sorro i flutti 
Ricerca i figli, ovunque l'onda splende, 
E in ricercarli si lamenta, e piagne. 
Tal la madre dolente si querela , 
Ne pero si ritiene ; a' dardi , e a l'aste 
Intrepida va incontro , e con la mano 
Gli elmi ricerca , e i tronchi busti esplora \ 
Ma respinta dal mar, ne' flutti amari 
Gli è tolto entrar , fin che a pietà commosse 
Le ninfe di Nereo > ne le sue braccia 
Meste portato il già rapito figlio ; 
Ed essa allor , come s* ei fosse vivo 
Al sen lo stringe, e sei riporta indietro* 
E su le sponde, qual su letto il posai 
Indi coi uaolle crin 1' umido volto 
Gli asciuga , e terge , e singhiozzando esclama,* 



Libro IX. i i } 
Si fiero dono i Semidei parenti , 
E l'avo tuo immortai ti diero , o figlio* 
Cosi ru regni nel Materno fiume ? 
riti mite a te fu la straniera terra > 
£ discorde da noi : più miti 1* onde 
Del mar , che te fino a 1* estrema foce 
Portar* del fiume , ed aspettar* la madre . 
Ahi questo e dunque il volto a me simile? 
Questo del totvo genitore il guardo ? 
Soli questi i crini dei grand* avo ondoso ? 
Tu di quest* acque , e de le selve un tempo 
Gloria fosti > e decoro : io do le Ninfe , 
Mentre vivesti , fai regina , e Dea 
Or dove andrà 1* ambizioso e folto 1 
Stuòlo, che stava a le. mie porre intorno? 
E di servirti le Napèe bramose ? 
Ed io i che teco dentto il mar profondo 
Meglio poteva rimaner estinta > 
Con infelici amplessi , or ti riporto 
Non * me , ma a la tomba; e tu, crudele 
Padre , non hai rossor di tanta strage , 
E pietà non ne senti ? E qual t* asconde 
Ne r imo centro torbida palude, 
Ove non giunga a 1§ tue sorde orecchie 
Del nipote la morte, ed il mio piantò? 
Ecco ne* gorghi tuoi va furibondo 
Ippomedonte , e ornai di te maggiore 

S 

Tih. di Staz.. T. II H 



/ 



ti4 TtBÀtfts di Stadio 
Nel tuo letto trionfa, e l'acque, e i lidi, 
N' hanno spavento , e le nostr' onde tinte 
Sono per lui di sangue , e tu codardo 
Non ricusi servire a fieri Greci: 
A' roghi almeno, ed a l'esequie estreme 
Vieni, o crudel, de* tuoi : non sari solo 
Il tuo nipote , che arderan le fiamme . 
E qui rinforza il p^apto A e squarcia il seno, 
E l'altre Ninfe a* piarci |uo/i fano/eco. 

( Cosi gè VUtm x > 9* l>»rema spiaggia 

MMi:*??) Don ancor fatta Dca 

Leu co toc pianse in rimirare il figlio 
Freófd© versar da 1* affannato petto 
Il già bevuto mar nel sen materno . 
| Ma il padre Isolino, eh entro gelid'antro r 
Onde s'imbevon l'aure, e l'atre nubi, 
E si nudrisce V Iride piovosa , > 
E più fansi fecondi i Tirj campi , 
Giacendo stava* poi che lungi intese 
(Bcnch # cgli stesso strepitando corra jl • 
De la figlia i clamori, e i nuovi pianti/ 
Alzò, il muscoso eolio, e la di gelo 
'Gravosa chioma, e da J e man' gli cadde 
L* eccelso pjnp , ? ì' urna, a Terra, sparse . 
Stupir* le selve iq su le ripe , e i fiuotf 
Minori innorridir'i quando da Tonde 
Tutu smaltata de l'antico loto 



le 



Libro IX. tif 
La faccia eresse . Tanto , e tale inaila 
Spumoso il crine , e per lo sen gli corrono 
Giù da la «barba risuonanti rivi . < 
De la figlia il dolore , e, del nipote 
la m or re a lai tutto per ordin narra 
Ninfa i che lo rincontra , ed il feroce 
Uccisor gli dimostra , e cori la mano 
la man gli preme. Égli sa Tonde allora 
Tutto si mostra , e con la man tergendo 
L'umido volto, e di verdi alghe cinte 
L'ardue corna scuotendo, irato, e gonfio, 
Cosi fotte esclama dal sen profondo: 

Questo dunque è V onor , che a me tu rendi 
lettor de' Numi? A me, che tante volte 
Ospite a te divenni, e de* tuoi fatti 
Consapevole fui? ( ne già pavento 
Di rammentarli . ) Tu d' inique corata 
Vestisti pur la simulata fronte \ 
Tu gli umidi destrier* scioglier dal carro , 
Vietasti a Cincia, e i nuziali ròghi, • 
E T ingannevol folgore io mirai, . . 

£ i tuoi più cari figli io ti nudrii . 
Così sprezzar miei doni ? E pur fa visto 
Pargoleggiare in questo seno Alcide , 
E spense Tonda mia di Bacco il fuoco . 
Mira con quante stragi al mar sen corra , 
Quai C2davcri porti il noitro fiume > 

» 

ti % 



né Tib aide di Stazio 
Tutto d' armi coperto , e di cataste 
Di morti , e di malvivi : entro il suo seno 
Tutta la guerra è accolta » ogni *onda spira 
Sceleraggini , e lutto: e in cima, e al fondo 
Vagando vanno alme novelle , e meste 
Adombrano spirando ambe le spónde . 
Pur quei son io , che i sacri gridi accolgo 
De Je Baccanti; e i Tirsi imbelli, e i corni 
Mondar ne soglio con mie pure linfe. 
£d or ristretto da cotante stragi, 
Angusta strada mi procaccio ai mare . 
Non de V empio Strimon corrono ; fiumi 
Di maggior sangue , né rosseggia tanto , 
Oualor Marte combatte , £bto spumoso . 
Né te muove a pietà T onda nudrice / 
Ne le tue mani a 1* armi irrita , o Bacco ? 
Cosi gli avi ti scordi ? O in Oriente 
Meglio Idaspe si doma? E tu, o crudele, 
Che vai altiero de le imbelli spoglie, 

■ 

E d' un fanciul ne V innocente sangue 
Trionfi , e godi ; non farai ritorno 
Ma questo fiume a la erudii Micene , 
Né vincitor a V Inaco potente , 
Onde parristi , s* io mortai non sono , 
p uno tu de gì' immortali Numi . 

Cosi sdegnoso parla , e in un istante 
Dà. il seguo a fonde} Gherone alpestre 



Libro 1 1 7 

Manda gli ajuti , e le sue antiche névi % 
Alimenti del verno, in giù discioglie. 
Tacite forze per occulte vie 
Manda a V Isméno il suo germano Asòpo » 
E somministra Tonde, ed egli stesso 
De la terra le viscere ricerca, 
9 fuor ne caccia i stagni > e i targhi laghi, 
£ le pigre paludi: indi a Je stelle 
Avidamente il volto inalza > e i nembi 
Umidi in seno attragge , e l'aria fugge » 
E tumido soverchia ambe le sponde . 
Ippomcdonte , che già mezzo il fiume 
Varcato avea solo- con l'acqua a' fianchi , 
Si maraviglia come tanto cresca 
La turbici' onda , e che le braccia , e '1 petto 
Ornai gli copra , e se minor conosce : 
Gonfiansi i flutti d' ogni parte , e sorge 
Animosa tempesta al mar simile, 
Quando assorbe le Plejadi, e Orione 
Torbido oppone a' timidi nocchieri . 
Non altrimenti del marino assalto 
Scuote il fiume Tebano Ippomsdonre, 
E più s' estolle ne lo scudo urtando , 
E in 'quello infranto si dilata, e spande , 
E con onda maggiore indi ritornai 
Nè contento di ciò svelle , ed atterra 
Gli arbuscéi da le ripe , e i vecchj tronchi , 



il 8 Tebaide di Stazio 
£ solleva dal fondo arena , c sassi . 
Sta incgual la tenzon fra V uomo , e '1 fiume» 
E la Diviniti n ha sdegno , e scorno $ 
Perchè non cede il fier, non si ritira, 
Nè paventa minacce , e a* flutti irati 
Va incontro , e a fiumi torbidi , e sonori 
Oppon lo scado, « li respinge indietro. ^ 
Sotto il terrea gU sfugge» ed ex sta immoto 
Sovra i lubrici sassi , e le ginocchia 
Tende, e si ferma sul fallace limo, 
Ed oltraggiando parla.- e donne Ismèno 
Questo nuovo furor? E da qua! vena, 
Servo d- imbelle Dio , traesti > V acque , 
O sol avvezzo a rimirare il sangue 
Tra' femminili cori , allor che i bossi 
Suonan di Bacco , e le furenti madri 
Svenan ne gli Orgj triennali i B%Uì 
Disse : ed a lai tutto mostrossi il fiume 
Torbido il viso di stillanti rivi, 
Ed offuscato di nuotante arena ; 
Ne* co' detti infierì : ma de V opposto 
Guerrier tre volte, e quattro il petto audace , 
Quanto il suo Nume , e V ira sua valea. , 
Alzandosi percosse . Allora il passo 
Ritrasse Ippomedonrfe , e da la mano 
Cadde lo scudo, e tardi volse il tergo. 
L'incalzan l'onde, a trionfante il fiume , - 



Libro IX. 119 
Mentr'ei vacilla, il preme. I Tirj d'alto 
Scaglian d'asce, e di sassi orrido nembo , 
E gli vietano irati ambe le sponde . 
Or che farà d' acque assediato , e d' armi ? 
Non può fuggi fC il misero , e gli è tolto 
Morit di grande e* memorabil morte . 
Stava Frassino eccelso in su 1* erbose 
Ripe pendente fra la terra, e l'acque, 
Ma più a 1* acque proclive , e di grand'ombra 
Copriva il fiume . A questa Ippomedonte 
Stende 1' adunca mano , e vi si appiglia -, 
( Qual rimangli altra via per gire a terra ? ) 
Ma noi sostien la pianta , ed in giù tratta 
Dal maggior peso , che l' aggrava in cima 
Da le radici , con cui parte al fiume 
S'attiene» e parte a l'arido terreno* 
Divelta cade , e seco trac la ripa , 
E '1 trepido guerrier , come se un ponte 
Su lui cadesse , col suo peso opprime . 
Vi accorron V onde , ed un tenace limo 
Nel fondo siede , e i vottici profondi 
Pan maggior la vorago : e gii le spalle, 
Gìè il collo del guerrier co' tortuosi 
Corghi circonda . Al/or si dà per vinto 
Il lasso Ippomedonte, e così parla: 

Non ti vergogni , inclito Marte , in questo 
Fiume sommerger mia grand' alma? Io dunque 

! 



ito Tebaidi di Stazio 
Quasi vile pastor, cui d'improvviso 
La piena oppresse , andrò cibo de* pesci 
Dentro i torbidi laghi , e i pigri stagni t] 
Degno -dunque non fui morir di ferro ? 

Da quesre preci al fin mossa a pietade 
Giuno parlò al Tonante : .e sino a quando 
Gran genitor de* Numi i mesti Argivi 
Opprimerai? Già Pallade ha in orrore 
Jl suo Tidéo i già per lo vate assorto 
Tacciono in Delfo i tripodi d'Apollo: 
Or ecco Ippomedonte , a cui Micene 
Fu culla, ed Argo è Patria, ed io son Nume, 
(Cosi a* miei son fedele ? ) andrà de' mostri 
Marini in preda ? Tu V esequie esrreme , 
Tu pur le tombe promettesti a* vinti . 
Che gioveranno a lui 1' Attiche fiamme , 
E i roghi di Teseo ? Non sprezzò Giove 
De la consórte i giusti voti, e a Tebe 
Volse placido il guardo, e al primo cenno 
Calmarsi Tónde, e si abbassaro i fiumi. 
Scoprirsi allor del cavalier ferito 
L' esangui spille , e il traforato petto ; 
Siccome avvien se le procelle scosse < 
Da lo spirar d* imperuosi venti 
Cessano in mar, sorgon gli scogli in alto, 
E la terra cercata a* naviganti 
Si mostra, e l'onda da i sbattuti sassi 



£f;byGo©gl< 



Libro IX. Iti 
Al fondo cala. £ già preme il terreno: 

Ma che prò , se di strali un folto nembo 
D' ogni parte il circonda , ed a le membra 
Non ha riparo > e timo esposto è a morte ? 
Gli si apron le ferite L e '1 congelato 
Sangue , che istupidì sotto de 1* onde 
A l'aria aperta esposto, ogni meato 
Scioglie a le rene, e giù piove a torrenti, 
£ sotto gli vacilla istupidito 
Dal gel del fiume il mal sicuro piede. 
Al fin ei cade; quale in giù mina 
Ne l'Emo Tracio, d'Aquilone a' fiati , 
O perchè le radici il tempo edace 
Le abbia corrose, altera quercia, e grande, 
Ch'alzò il capo a le stelle, e di sua mole 
Mole' aria sgombra : mentr* essa vacilla , 
Il pian la teme, e il monte , e da qual parte 
Cada non sanno , e quali selve opprima. 

Non v' ha però chi di toccarne ardisca 
L' elmo , la spada , e a gii occhj proprj appena 
Prestano fede , ed han terror mirando 
Qual cadavere immenso, e insiem ristretti 
Con 1 armi in pugno a lui si fan vicini . 
Ma giunge al fine Ipsèo , che da la mano, 
(Che morta ancor V impugna ; il ferro tragge, 
E filmo scioglie da la torva faccia • 
Indi iu cima de l'asta a' suoi Tebani » 



Xài TìfAIDE DI Stazio 

Alto lo mostra , e così fiero esclama t 

Questi è il feroce Ippomedonte, e questi 
DC t immane Tidco P uitor temuto , 
E il domator del nostro sacro fiumè . 

II fiero o Capando da lungi il vede; 
E il dolor reprimendo , immensa trave , 
Libra coi braccio, e la sua destra invoca: 
Siimi propria, o destra, a me sol una 
Presente in guerra, t inevitabii Nume j 
Te sola adoro, e ogni altro Nume sprèzzo. 
Dice , ed ei stésso il proprio voto adempie . 
Vola r asta tremenda , e per lo scudo 
Passa l'usbergo, e mortalmente giungi 
Laddove l'alma nel gran petto ha sede. 
Atlor sen cade Ipsèo eon quel ftagore, 
Ch'eccelsa totre da più colpi scossa 
In giù ruina , e al vincitor superbo 
lascia de la cittade aperto il varco . 
Capando gii sta sopra, t de li morte 
Non ti fraudo l f onot '( dice : ) rimira 
Quello che ti ferii quello son io. 
Or va Contento , che «porti il vanto 
Sopra V altr' ombre . Indi la spada , e l'elmo 
Ripiglia , e a qaesti il vinco scudo aggiunge, 
E su V esangue Ippomedonte in alto 
Le tien sospese r e quéste prendi ( grida J 
Spoglie tue spoglie ostili » inclito duce: 

.» 



« 



Digitized 



» 



Libro IX* t a J 

Ben si daranno al cenere famoso 
Gii onor' dovuti , e tua magnanim* ombta 
Non se n* andrà raminga , e sena* avello : 
Ma incanto che tu aspetti e fiamme , erogo. 
Te con quett' armi , di sepolcro invece » 
Vendicatore capanèo ricopre . 
Cosi a vicenda fra i Tebani , e i Greci 
Dubbioso Marce dividea le stragi . 
Piangono questi Ippomedonte fiero , 
£ quelli Jpsèo non men feroce, e pronto» 
£ dal dolore altrui traggon conforto . 

De T Atcade garzon la fiera madre 
Turbata incanto da funeste iarve , 
De* notturni ripoji in mezzo a' sonni * * * 
Col crin disciolto , e con le piante ignuda 
(Secondo il rito) e prevenendo T alba , 
Se ne già del L adóne a V onde algenti 
Per purgar dentro il fiume il sonno infausto. 
Perocché fra i sopor' de 1' atre nptti 
Tacce inquiece da' pensiet* molesti > 
Veduce avea cader da' sacri altari i 
Quelle ehe di sua man spoglie vi appese* 
E se da' boschi esclusa, e da le Ninfe 
Cacciata in bando andar raminga, e sola 
Ad ignoci sepolcri erraado incorno. - 
Spesso nuovi trofei tornar dai campo * 
£ l'armi, e'1 cjestrier noto, ed i compagni 



Digitized by Google 



x*4 Tmaide di Stazio 
Del figlio vide, e mai non vide it figliò? 
•/alor le parve la faretra a terra 
Da le spalle cadérle, e la sua immago , 
£ i noti simulacri arder nel fuoco . 
Ma presagio pili certo, e più funesto 
Recò a la madre quella stessa notte , 
Che tutta a lei mise in tumulto Palma « / 
Sorgea d'Arcadia ne gli ameni boschi 
Quercia famosa , e di felici rami , 
Che scelta fuor da le minori piante 
Aveva di sua man sacra a Diana, 
E col suo culto V avea fatta Dea . 
A cpiesta essa appcndea sovente l'arco, 
E i rintuzzati dardi , e de' cinghiali 
Le adunche zanne, e de* leoni uccisi 
Le vuote spoglie , e <le fugaci cervi 
Pari a le selve le ramose corna. 
Appena a rami luogo resta , tante 
La drcondan per tutto agresti spoglie 5 
E *1 balenar di ferri f e d* armi appese 
Toglie de la yefd* ombra il grato orrore . 
A lei parea , che dal cacciar le fiere 
Scendea da monti faticata e lassa, 
D'orsa feroce alto portando il teschio*, 
Terror de T Erimanto: e quiri giunta 
Vedea la pianta da reo ferro tronca 
Giacer, scosse le chiome > ed # ogni ramo 



Digitized by 



Libro IX. 1 1 e 

Stillar di vivo sangue. E a lei, che ij chiede, 
Ninfa racconta, che il nemico Bacco, 
E le sanguigne Menadi P ban svelta . 
Mentr'ella piange, e si percuote il seno. 
Si scoglie il sonno ; essa abbandona il letto 
E il falso pianto invan da gli occhj asciuga. 
Dunque poiché attuffò, purgando il sogno , 
Tre volte il crin nel fiume , e detti aggiunse 
De le madri a purgare atti le cure , 
De V amara Diana al tempio corse 
A lo spuntar del giorno, e lieti ride 
Starsi la selva , e la sua quercia intatta. 
Eermossi allor sul limitar del tempio, 
£ in cotai voci pregò il NUme invano : 

Vergine Dea , eh' hai sovra i boschi impero. 
Di cui le forti insegne , e gli aspri studj 
Sdegnando il sesso , oltre il costume greco 
Sovente seguo, ne di me pili fidi 
Sono al tuo culto i popoli di Coleo , 
Nè de le Scite Amazzoni le schiere j 
Non a me i balli , ed i profani giuochi 
Piacque! de P empie notti ; e benché io giacqui 
^Contaminata in odioso lecto, 
Trattare i Tirsi, e Ja connacchia imbelle 
Ebbi in orrore, e ne le selve ancora 
Restai dopo le noaze , e dopo il parto 
Vergine con la mente, e eacciatrice . 




■ 

US T*«àide ut SrArtd 
tyà già mi piacque entro remoti spesai 
Celar il fallo ; ma il fanciul tremante 
A* pie* ti posi > * confessai 1' errore . 
£i non menti il mio sangue, e ne le selve 
Pargoleggiò fra gli archi , e con i pianti , 
E con le prime voci i dardi chiese • 
Deh questo a me ( che mai la spaventosa 
Notte minaccia, e l'inquieto sonno?) 
Questo , che in te fidato a le battaglie 
Con audace t dU«la put or sen corse, 
Dammi £- t| §tan Dea , che vincitore io miri 
ti campo : e se pur troppo io chieggio, 
»i almen che io Io veggia , e te seguendo, 
Sudi de Tarmi tue sorto V incarco, 
fa vani, o Dea, di mie sciagure i segni. 
E quale han mai ragion ne le tue selve 
Le Menadi inimiche , e i Dei Tenaci ì ; 
Misera l ( ahi sian fallaci i tristi augurj ) 
Perchè la quercia tua , perche il mio sogno 
In cosi fiero , e infausto senso io spiegai? 
Ma se i presagj miei veri pur sono ; 
Per lo dolor materno, e per quel lume, 
Che dal frate! ricevi , io ti scongiuro , 
Co* dardi tuoi quest'infelice seno " 
Trafiggi , o Diva , e pria eh 1 io la sua morte, 
Permetti, ch'egli la mia morte intenda. 
Cosi dissella, p lasciò il freno al -pianto*. 



*•*>*<» **- a»? 



E sudar ride ij simulacro algente . 

Lasci, Trivi* feroce entro il $ tt o tempi? 
L'afflitta madre, che i M0 i freddi aitati 
Terge coi crin disciolto , e addietro lassa 
Velocemente Menalo sublime , 
Ch'alza fra gli astri la frondosa fronte* 
£ per quella del del strada pia interna , 
Che sol «splende a' Numi, jj volo drizza 
A le muta di Cadmo, e d'alto scorge 
Sotto a'suoi piedi , quanto è vasto il mondo. 
£ di già mezzo il suo cammin varcato 
Tra i verdi colli di Parnasso avea; 
Quando incontrò il frate! mesto in sembiante 
Da splèndenti nubi intorno cinto . 
Facea ritorno da' Tebani campi 
Piangendo invano il suo gra „ yate 

A 1 umon de' due maggior' Pianeti 
Rosseggi il cieJo ( e a 3uel div . no . ncontre 

Splendette accesa di pi u viva luce 

P ambo Ja chioma, e ne gli alterni amplessi 

R>percossi suonar' faretre , ed archi 

Febo parlò primier : so ben , germana , 

£e T,r,e sch.ere, e le feroci pugn 7 
Tentare osò, brami recar salute: 
La fida genitrice è , che ten prega f 
Deh cosi -noi vietasse il Fato avverso! 



I 

. \ 

XlS TlBAlDE 'DI STAfclO 

Ecco , che io stesso del fedel mio vate 
Sen^à riparo ( oh mia vergogna eterna! ) 
V armi , e le sacre bende al vuoto Inferno 
Discender vidi, e lui l'avide luci 
( Precipitando ) -in me tenere immote; 
Ne il carro io gli ritenni , e non gli chiusi 
La gran vorago . O veramente fièro , 
E d' esser adorato indegno Nume! 
Non vedi , o suòra , come stanno mesci 
1 nostri spechi, e taciturni i tempj ? 
Questo sol dono al mio fedele io rendo . 
Cessa tu ancor da là tua vana aita. 
Sorella, e non pigliar fatica indarno. 
Immutabile e il Fato } e già ,al suo fine 
Tende Partenopèo; né sono oscuri 
Gli oracoli fraterni, e non t'inganno. 

Ma di gloria colmar quell'infelice, 
( Rispose ailor la vergine turbata ) 
£ dar alcun sollievo a la sua morte 
Mi fia permesso . Le dovute pene 
Non fuggirà il crudel, che Tempia mano 
Profanerà ne V innocente sangue . 
Anche a* miei dardi incrudelire è dato . 
Parte , ciò detto , ed al fratel le gote 
Più scarsa porge , e a Tebe irata vola . 

Intanro più. crudel ferve la pugna 
Per li due regi estinti » e la vendetta 




.„ b ^G oogle 



Librò IX. 
Maggior furor cT ambe le parti accendo . 
Piangono Ipsco i Tebani , e maggior duolo 
A' Greci apporrà Ippomedonte estinto : 
Vengono a stretta pugna : un solo ardore 
1 cuori accende : uccidere , o morire , 
E trar J' ostile , o dare il proprio sangue . 
Non si arretran d'un passo» e corpo a corpo 
S'azzuffano rabbiosi, ed a la fuga 
Antepongon la morte . In su la cima 
Del gran monte Dirceo fermossi allora 
Cintìa discesa per la via de' venti . 
La senrirono i colH ; e tremò il bosco 
In riveder la conosciuta Dea , 
Che in mezzo a le sue piante , ignuda il petto, 
Con saette crudeli a la feconda 
Niobe spense la prole, e srancò l'arco. 

Scorreva intanro per le schiere ostili 
Partenopeo per poche stragi altero \ 
Su cacciator destriero , a le 'battaglie 
Non uso, e appena a' primi freni avvezzo* 
Cui ricopriva il maculoso vello 
Di tigre Ircana , e con le zampe ai/rate 
Flagellava le spalle : il collo in arco 
Curvo, e sottile, e la superba chioma 
Ristretta in nodi , e .gli pendean .sul petto 
Bianchì monili di ritorti denti 
(Trofeo de' boschi ) de 1* uccise fiere. 



Tel*, di &taz. Tom, II* I 



r 

. f 

t 30 j Teb a i de 01 Stazio 
fi con nodo lcggier succinto il fianco 
Del manto d' ostro doppiamente tinto > 
E de la ricca d' oc Incida veste ì 
(Unico de la madre almo lavoro;) 
Pender lasciava dal sinistro arcione 
Il forte scudo , e del suo grave brando 
Con aurea fibbia alleggeriva il peso . 
Che grato udir lo strepito > con cui 
La vagina > il pendaglio , e la farètra 
Eco fanno al fragor de le catene , 
Che del collo a dftesa , in su le spalle 
Gli cidon da la cima de V elmetto . 
Baldanzoso scuoteva egli talora 
Le piume del eimicr di gemme adorno ; 
Ma quando , stanco di pugnar * dal volto 
\ v Di sudor molle la celata scioglie , s: * 4 

\ E fa vedersi col bel capo ignudo i 

{ Dolce allora il veder scherzar col vento 

1 La bionda chioma, e dj. più viva luce 

Sfolgoceggiare le pupille accese , 
/ £ le guance di rose , in cui non spunta 

(Bench'ei sen dolga; il primo pelo ancora. 
Egli di sua beltà sprezza le iodi, 
È il volto inaspra; ma nel vago aspetto 
J Leggiadra. c Tira, e venustà gli accresce,. 

Cedongli volontarj , e altrove i dardi 
In lui drizzati volgono i Tebani , 



Google 



Libro IX. 1 5 i 
Rimembrando i Jor figli ; ed egli ingrato 
Li tenta, e l'aste vibra > e ognor più fiera 
Conerà chi gii perdona incrudelisce . 
Mentr* ei combatte , e più leggiadro appare 
Tra la polve, e il sudor , da' vicin' colli 
Lai vagheggiando le Sidonie Ninfe 
Lodanlo a prova, e co* sospiti interni 
Van traendo de! cor le occulte brame . 
Mentre Cintia ciò vede , e in sen le serpe 
Pietoso duolo le verginee gote 
Contamina di pianto / e così dice : 

£ qual poss* io da la vicina morte 
Tuo fido Nume ritrovarti scampo ? 
Oh troppo audace, è misero fanciullo! 
Tu pur volesti de la madre in oota 
Gire a sì crude guerre ? In te* cotanto 
Potéo virtù immatura , e ardente brama 
* Di glorioso , e m^morabil fine ? 
A te i Menali dunque ombrosi boschi 
D'anni tenero ancor parvero angusti ? 
Tu, che senza la madre infra i covili 
De le fiere sicuro andavi appena , 
Ne forra avevi a maneggiarne i* arco , 
£ le agresti saette i or che si lagna 
La misera, e rinfaccia i sordi Numi, 
E stanca i nostri tempj , e i muti altari 
Tu godi ajtcro infra le trombe e i gridi 

i i 

• ■ 



i 



IM TfBAiDE di Stazio 

De le battaglie» e mentre te non cari» t 
Tu morrai solo a V infelice madre . 

Ciò detto , cinta di purpurea nube , 
(Per non essete alraen discesa indarno 
Ad onorar del giovane la morte ) 
Ov'è lo stuol più folto^ ella si mesce % 
Ma ptia d$ la faretra i lievi, dardi 
Toglie al folle garzone, e la riempie 
Di celesti infallibili saette. 
Quindi il cavallo , e *i cavaliero asperge 
D* ambrosia , e vuol che sino al punto estremo 
A* colpi ostili impenctrabil restii 
E i sacri carmi , e i mormorii vi aggiunge 
Ben noti a lei, che ne* notturni tempi 
Entro le grotte a le profane maghe 
01' insegna , e addita lor 1* erbe nocive - 
Allor Partenopeo tendendo l'arco 
Scorre per tutto , ne ragion i* affiena .• • 
Già la Patria, la madre , e gii se stesso 
Posto ha in obbllo ; ma più feroce, cardilo 
Usa soverchio de' celesti dardi . 

Qual tenero leon , . cui ne la grotta 
La madre arreca il sanguinoso pasto,, 
Appena sente svolazzar la giuba 
Su T altera cervice , e torvo mira 
Pi rovelP utfghia il fiero piede armato, 
Sdegna d'esser nudrito, e per li campi 



I 



t 2-1 t d IX. 1 3 3 
libero scorre, e gli antri angusti obblìa * 

Chi potrà raccontar , giovane ardito, 
Color , che da rtfoi strali ebbero morte ? 
Corebo Tanagrèo cadde primiero , 
Passando il dardo per angusta via 
Tra Torlo de lo scudo >> '1 fin de V elmo* 
Gli sgorga da la gola a rivi il sangue, 
E il volto acceso ha del divin veleno . 
Più crudelmenre ad Eciòn trafigge 
Tripartita saettà il manco ciglio : 
Ei fuor la tragge insiem con V occhio > e corre 
Contro del feritore a far vendetta . 
, Ma che non.pon l'armi celesti? Un nuovo 
Strale vola per Taure, e l'altra luce 
Colpisce,. e tutto se gli oscura il giorno! 
Egli pur segue furioso , dove 
Il nemico rimembra, infin che d'Ida 
Nel cadavere urtando , inciampa , e cade : 
Qui fra le stragi il misero si giace 
Palpitando , e fremendo , e a dargli morte 
E ì suoi Tebani, e gl'inimici invoca.' ; 
D' Abante i figli a questi aggiunge i il bionda 
Argo chiomato, e di lascivo amore 
Il bel Cidòn da l a sorella amato. . 
Ieri del primo il ventre, c dei secondo 
Con colpo obbfi<juo penetrò le tempie.- „ 
ia passò il ferro , e qua restar* le penne y . 

ti 



13 4 TEBAIDE pi STAZIO 

P da due parti # caldo sangue uscio . 

Chi da quei dardi può fuggir la morte ? 

Non Latno la beltà, Ligdo le bende, 

Né I B età giovanile Eolo difese : 

Ne T anguinaglia Ligdo , in volto Lamo ? 

Eolo è ferito ne la bianca fronte . 

Un la scoscesa Eubca , V altro produsse 

Tisbe nudrice di colombe 5 e il terzo 

Voi più non rivedrete , o verdi Amicle. 

Colpo in fallo non vibra > e teaza piaga 

Strale non parte , nè la man si sranca ; 

Ma il primo fischio d* un volante dardo 

Segue il secondo # E chi mai creder puote t 

Che tanto faccia una sol destra , un arco ? 

Or per lo dritto fere , ora inquieto 

A destra, ed a sinistra i colpi alterna. 

Fugge talor, ma chi l'incalza mira 

Solo con T arco , e i dardi a tergo scocca; ? 

E già maravigliandole mossi a sdegno 

S/univano i Tcbani ; ed Anfione , 

Che il sangue tragge dal Rettor de* Numi t 

Cui fino allora erano srate ignote 

Le stragi , onde il garzon riempie i campi , 

Primo a lui si fa incontro , e lo minaccia t 

E fino a quando differir la morte; 
Speri, o fanciul , che dei lasciare in pianto 4 
E di te piivi i genitori afflitti ? 



v 



Digitized by 



Libro IX. 1 3 > 
Tanto T ardire in te cresce , e I' orgoglio , 
Quanto fra tanti un sol guerrier non degna 
Tcco ( perchè minor) provarsi in guerra, 
E sei de l'ire nostre indegno oggetto. 
Torna in Arcadia» e in fanciullesche guerre 
Scherza co' tuoi compagni : in questa arena 
Marte ferve davvero , e non da giuoco . 
Che se pur brami di funesta fama 
Ornare il tuo sepolcro , e il cener freddo ; 
Ti fia concesso. Morirai da forte. 
Da stimoli più gravi il scn trafitto 
Gii buona pezza d' Atalanta il figlio 
Ardèa di maggior* ira , ed al Tcbano , 
Che non taceva ancor , fiero rispose : 

Troppo anche tardi a Tebe l'armi io porto 
Conrra si vili schiere. E chi c cotanto 
Fanciul , che contro voi pugnar non possa? 
Non i Tebani tuoi , ma in noi tu vedi 
La gran stirpe d' Arcadia , e il fiero seme 
Di valorosa infaticabil gente. 
Ne i taciti silenzj de la notte 
Me già non partorì ministra a Bacco 
Madre profana : di lascive mitre 
Noi non orniamo il crin ; né con infame 
Destra vibriamo i pampinosi Tirsi. 
Io pe' fiumi gelati a gir carpone 
fanciullo appresi, e de le immani belve 



I 4 



13* TeIìaide di Stazio 
Osai entrar ne gli orridi covili . 
Che più? La madre mia di ferro, e d'arco 
Va sempre armara . I genitor' fra voi 
Solo sanno suonar timpani, e bossi. 

: Più non soffrì Ànfion , ma grate dardo 
jVibrogli al, viso; al balenar del ferro 
Spaventato il destrier lanciossi in fianco , 
E se da motte, e il suo signoc sottrasse, 
E cadde a yitotd U sitibondo colpa. . 
Quindi Aqfion viepiù sdegrioso il ferro 
Ignudo s dilìge , ed al garzon si avventa ! 
|Ha Cintia allor sviatamente in campo 
Si fé' vedere , e al suo furor s'oppose. 
Tra i seguaci de V Arcade garzone 
Stava Dorceo Menalio , e n era amante > 
Ma di pudico amore, a cui ia madre 
Le guerre , i suoi timori^ e gli anni audaci 
Dati avea in cura de l'amato figlio. 
Sotto sembianza di costui, la Dea 
Così parlò: Partenopeo, ti basti 
Turbate aver sin qui le Tirie schiere 
Assai per te si è fano : a la dolente M.. 
Madre perdona , e a' tutelari Numi . 
Non piegossi il garzone > e a lei rispose,. 
Lascia, fido Dorceo (ne pia 'ti chieggio) 
Deh lascia almen , che costui solo abbatta, 
Ch' emula: co' suoi dardi i dardi raief, . 



Digitized by Google 



Libro 



• I 



IX. 



i*7 



■ a 



Che come me s* adorna , e sul destriero 
Alto s'asside, e scuore il fren suonante. 
Mie fien le briglie , e le acquistate spoglie 
Saranno appese di Diana al tempio, 
E la farètra donerò a la madre , 

Malgrado del suo duol Cintia .sorrise 
Al semplice parlar del giovanetto . 
La vide Citerei , che allor del cielo 
In parte- più remota > e pili segrera 
Tenea fra le sue braccia il Dio guerriero 3 
E rammentava al suo feroce amante 
I nipoti d' Harmonia , e Cadmo , e Tebe • 
Prende scaltra il suo tempo , ed opportuna 
L'interno duol, che dentro il cuor si ceia, 
In cotai detti fra gli amplessi esprime 

Vedi , Marre > costei fatta orgogliosa 
Per sua verginità, che ne* tuoi campi 
Tra i guerrieri si mesce j osserva come 
E le schiere, e le insegne ordina, e regge. 
Ne contenta di ciò , di nostra gente 
Ve' quanti manda innanzi tempo a morte 
A costei la virtù dunque e concessa ? 
Di costei è il furor ? A te sol resta ^ 
ferir co' dardi le silvestri damme. 

Da sì giusti lamenti il fiero Nume 
Mosso a 1' armi seti corre , e mentr' ei scende 
Per lo vano dei cielo , ha sola al fianco 



.* 



•1% 

• * 



• - 



/; 

I 

» 



138 Toatde pi Stazio 
V ira ; gli altri Furor' sedano in guerra • 
Appena giunto , minaccioso sgrida 
La sconsolata Dea : non a te Giove 
Diede le guerre, temeraria, e tosto, 
Se tu non pam dal sanguigno campo , 
Vedrai , che a questo braccio , e a questa destra 
Bellona stessa non può dirsi eguale . 
« Or che farà? Quinci di Marte il brando, 
Quindi gii colmo del fanciui io stame 
La preme , e il volto del Tonante irato , 
Cede essa ai fin da la vergogna vinta j ». 
E Marte allora infra le schiere sceglie 
L'orribile Driante a la vendetta. 
Dal torbido. Otiòu nacque costui » 
£ del gran genitor 1* innato sdegno 
Contro i seguaci di Diana sciba; . 
Questo e del suo furor prima cagione? 
Quinci gii Arcadi turba , e i loro duci 
De r armi spoglia : cade a lunghe file 
Il popol di Cilene, e de l'opaca 
Tegca gli abitatori j e i capitani 
Fuggon d'Epiro, e le Fenèc falangi. 
Spera Partenopeo mandate a morte, 
Anche costui; e pur la- destra ha stanca. 
Né più le forze intere, e benché lasso > 
Or questa turma , ora queir altra ^infesta . 
Mille prcsagj del vicino Fato, 



t ■» 




, v l I B K o ne. . I 3 9 
E una tetra caligine di morte 
Gii si presenta. Già pid raro, e scemo 
Scorge suo stuolo , e il ycro Dotceo veoW 
Sente, eie a poco a . poco . i{ y jgór manca, 
t la farètra ornai di dat<U U. vuota ; 
Può P armi appena % sos tenere « ^WioU 
Si conosce fanciuì : ma quando * lai 

V otribile ptiante appresentossi ' c^Kb {s.*\ 
risplendente scudo, un tremor fredda 
volto , e per Je viscere gli scorse . 

Qual bianco cigno , che venir si vede 
Soyra del capo il grande augel„ che a Giov* 
JLe folgori ministra; entro ie sponde v ^t, 
Vorria celarsi di Strjmon sotterra, 1 T^P? ' 
Ed i timidi vanni al petto stringe;. 
Tal di Driante in rimirar la mqle \ 

V Arcade 4* ira non s'ac^enòV^ e sente 
Un insolito orror nu^tfò/. di morte. 
Pur tarmi appresta pallido, .ed invano 
\ is/tmi , e Cincia invoca, e l'arco tendo 
Sordo , e t impotente, e la saetta appresta? 
Tira indietra la destra , e la sinistra 



inge , e ie due corna unisce , 

E C ° n ^^^^ a se §** tocca P ctt0 * 
Ma più vilocfc del Telano it~d*rdo 

Vola con tra il' neri W. i dei sonoro. 

Nwo recide rincitfyat© «odo, 1 



V 

f 



14° Tubai de di StazÌÓ 

E rende vano il colpo, e indeboliti 
Le mani r c l'arco rilassato, a terra 
Cadono inutilmente le saette . 
Lascian queir infelice e il freno , e F armi 3 
Impaziente ^de V acerba piaga , «' 
Che ne Tornerò destro lo trafisse. 
Ed ceco un nuoyo sttal giunge, e trapassa 
La delicata pelle , e le ginocchia 
Tronca al destriero > ed il fuggir gli toglie** 
Ma ne lo stesso tempo. ( Oh maravigliai) 
Cade Driante , e l'uccisore è ignoro; 
Ma son note le cause, e gli odj antichi. 

Riportan mesti il lor signor ferito 
Tra le braccia i compagni , éd ei si duole 
(Oh semplicetta età!) più del destriero, 
Che di se stesso : sciolto l' elmo cade , 
Qual fior reciso, il suo leggiadro volto $ 
E ne' languidi lumi, e moribondi 
Spira la venustade, e manca il riso. 
Tre volte , e quattro sollevargli il cap% 
Tentai* gli amici, ed altrettante il. collo 
Ricusò sostenerlo . Il bianco petto 
Sgorga purpureo sangue , anche a* Tcbani 
Lagrimevol spettacolo , e funesto . 
Tai voci infine da IVsangui labbra 
Mandò interrotte da' singulti estremi . 
Noi già manchiam : vanne Dorceo , e l'affli era 



( • 



Digitized by Google 



Libro IX. 141 

Madie consola . Cerro io so ( se il vero 

predicono le cure) essa nel sonno 

Già la mia morte, o fra gli augurj intese. 

Ma vanne cauto, e con pietoso inganno 

La tien sospesa ♦ ne affrettarti , e tosto 

Non darle il tristo annunzio , e quando parli, 

Guarda che Tarmi essa non tenga in mano. 

Ma quando al line vi sarai costretto j 

Cosi pari* in mio nome a l'infelice: 

Madre , del mio fallir pago le peuc , 

Che rapii 1* wttni ancor fanciullo, e sordo 

A* tuoi consigli fui , ne mi ritenni i 

Ne a mia salute ebbi per te riguardo, 

Nè perdonai al tuo dolor . Tu vivi , 

Vivi , e piuttosto il nostro ardire a sdegno 

Muovaci , che a pietade , o ornai deponi 

Il superfluo timore . Invan da i colli 

Di Liceo miri % se da lungi scorga 

Il mio drappello alzar la polve , o il suono 

Se senta almen de le guerriere trombe . 

Io giaccio freddo al terren nudo in braccio; 

Nè tu chiudermi i lumi, e almen gli estremi 

Spirti raccor con le tue labbra puoi . 

Pur questo crine ( ed a tagliar V offerse ) 

Questo mio crine , che tu ornar solevi 

Contra mia voglia , o genitrice , avrai 

Del corpo invece . A questo dona il rogo. 

/ 



i4i Tra ai ne di 

Ma ne l'esequie mie deh ti ricorda * 
Che con mano inesperta altri non osi 
Spuntar le mie saetti, ed i diletti 
■Miei cani alcun più non adopri in caccia ; 
guest' armi infauste he la prima" guerra 
Abbian le fiamme» o se ti piace» in donò 
©e l'ingrata Diana appendi al tempio 4 



< 



1 ; 



'0 



# • 



ì 

> 

Lì B R O X. 

> ■ * \ < 

SOrsc V umida notte , e' il sole ascose 
Innanzi tempo ne l'Esperie porte * 
Per comando di Giove . Ei già non sente 
De le Tebane , o de le Argive schiere 
Pietà; ma iien gli 4»oI di tante genti, 
Senza colpa > e straniere il grave scempio t 
Per molto sangue apparve ailor del campo 
OrribiI la sembianza , e I* armi sparse 
Giaceano , e i buon destrier* , su cui superbi 
Andar poc' anzi , e senza rogo , e romba 
Abbandonati i eorpi , e i membri Incisi . 
Con le lacere insegne , e senza pompa 
Si dividon le schiere, e son le porte, 
Che tur strette a l'uscir, larghe al ritorno. 
D'ambe le parti è lutto; te pute in Tebe 
Senton conforto in rimirar fra i Greci 
Gir quattro squadre erranti , e senza duci, » 
Di navi in guisa in burrascoso mare 
Prive de* ior nocchieri , e abbandonate 
A* Numi, a la fortuna, a lé tempeste 4 
Quindi di non tornar entro Te -mura 
Prendon consiglio, ed osservar, ehc i # Greci, 
Contenti solo di salvar le vite, 



144 Tejjaide di Stazio 
Moti fuggano notturni entto Micene . 
Si dà l ii nome pel campo» e son le scolte 
Per ordine dispòste , ed a vicenda . 
Fu tratto a sorte in quella oscura notte 
Per capitan Megere, e a lui s'aggiunse 
Spontaneo Lieo : al comandar de^duci 
Tosco s' apprestan 1' armi , e i cibi , e i fuochi; 
E il re, m*ntr*essj yan, viepiù gì* infiamma ? 

Vincitori de* Greci (il nuovo giorno 
Non è lontano, e non saranno eterne 
Queste, che li salvar* cieche tenebre) 
Accrescete < 1' ardire , e i forti petti 
Mostrate eguali al gran favor de* Numi . 
Già là gloria di Lerna è in tutto spenta , 
: E caddero* i migliori : entro I' Inferno v 
De la sua immanità porca le pene 
li barbaro Tideo: del Greco vate 
L'ombra improvvisa fé* stupir la morte t 
Gonfio è V Ismene) de le spoglie opime 
D* Ippomedonte , e ,Y Arcade garzone 
Degno non e , che fra i trofei si conti. 
Stan ne le destre i premj : ji campo ostile 
Pili non apparirà fiero e temuto 
Per sette aurei cimieri , e sette duci . 
Potse d'Adrasto la cadente etadc 
Può ritenerci , o il mio frate! peggiore 
Ne la sua giovanezza, o pur l'insano ' 



Sconsigliato furor di Capanco I 
Che pid dunque si rarda ? Ite, cinoete ) 
Di vigilie, e di fuochi i vinti Argivi : 
Nullo di essi timor-.- voi custodire 
Le vostre prede, e Je ricchezze Vostre . 
Con raii detti i cuor* feroci accende, 
E Je fatiche a rinnovar gli spinge . 
Di polve aspersi, di sudor , di sangue 
Molli, e deformi ancor , tornano indietro. 
De gli amici gl'incontri, e le parole 
Soffrono appena, e le consorti, e i figli 
Respingono da i baci, e da gli amplessi. 
Divisi in turme , d'inimici fuochi 
Cingon per ogni parte il gre co vallo , 
A fronte, a tergo , a 1* uno , e a 1' altro fianco l 

Così rabbiosi, ed affamati lupi, 
Che invan le prede ricercar ne* boschi , 
Dai digiun spinti a le rinchiuse stalle 
Vengon fra V ombre in is<juadron ristretti 
Il belar de gli agnelli, e il pingue odore, 
Che fuori n'esce, le narici pasce 
V* vana speme, e poi ch'altro non ponno , 
1 10 ;; n ***** ]c P^te e l'unghia, e il dente ] 
Ma d altra parte de le donne d' Argo 
supplichevol turba a i Pat rj altari 
Prostrata implora da Giunone aita, 
£d il ritorno de' consorti amati . 



— — j— ^ » 

li' > 



Ttb. di Staz, Tom. IL 



14* Teb-aìoe pi Stazio 

Tcrgon le pince soglie , e i freddi marmi 
Col cria disciolto , ed adorare i Numi 
Insegnano a' lor figli . Il di si spense , 
Ma non céssaro i voti > e ne la norte 
Vegliar'nel tempio, e rinnovato i fuochi\ 
A la pudica Diva offrirò in dono, 
Degno di Jei , regio purpureo maoto , 
Di cui mano infeconda , o dal. marito 
Donna disgiunta non tessè il lavoro: 
In vàrie guise ricamato , e pinro 
V ostro risplende, e folgoreggia Toro. 
Ivi. ella stessa non sposata, ancora,. 
Ma promessa ai. Tonante , ed inesperta 
Di talami , e di nozzej e che ben tosto 
$ta per deporre di sorella il nome , 
Con gli occhi bassi semplicetta» e schiva^ 
liba di Giove .pargoletto i baci,; 
Da' suoi furtivi amor' non anche offesa, 
Di^ cotal veste il simulacro santo 
Ornar* le donne , e fra i singulti, t i pianti 
Dal profondo del cor .cosi pregato .* 
t Mira del cjel regina i tetti, e mira . . 
De la Tebana mererrice il nidoi 
Strugi l'infame tombale con tra Tebe 
Scaglia ( che ben lo puoi ; fulrain novella * 

Or che farà ? Sa ben , che a' Greci suoi 
Sono i Fati contrarj , e Giove irato j. 



r 

L I b A O X. l+j 

Ne vorrebbe però mostrarsi inarata 

A tante preci, a cosi ricchi doni. 

Ma il tempo a lei l'occasione appresta 

Di memorabiJ fatto : essa da V alto 

Vede le chiuse mura , e il vallo Arsivo 

Di vigilie , e di fuochi intorno cinto , 

Punta da sdegno , innorridl il sembiante , 

E scosse il crine, e il venerabil serto. 

Non di tant' ira arde, quando d'Alcide 

Alcmena vide avere il sen fecondo ; 

Né quando, suo malgrado, i due gemelli 

Innalzò Giove a popolar le stelle . 

Dunque risolve di mandare a morte 

Da intempestivo sonno i Tirj oppressi . 

Iride chiama , e de gli usati raggi 

Fa che si cinga, e quanto occor le impone 

Ubbidì a' cenni la leggiadra Dea, 

F giù dal cielo si strisciò per l'arco. 

Cola dove la notte albergha , e giace 
Fra caligini eterne , ove han soggiorno 
Gli Orientali Etiopi, s' inoalza 

T T 

un pigro, e a gli ascri impeneorabil bosco ,- 
Sotto f ta cave tup i un antro s'apre 
Nel vuoto .ooate. A p ozioso Sonno 
Ivi la reggia , ed il s i curo a i betgo 
Die la stanca natura : in su le soglie 
Stan la Quiete opaca > e j, lenw Q b|)Uo . 



M 8 Xeb aidp. di Stazio 
E U languida Ignavia, e non mai dettar 
Oli Ozj,% i Silenzj senza batter penne 
Siedon muti ne l' atrio , e lungi scacciano 

I rumorosi Temi , e foglia in ramo 

Non lascian che si scuota , o che augel canti. 
Itì del mar, benché per tutti i U* 
Romoreggi d'intorno, ivi iti cielo 

Non si iente il f'agor i *• ««? fiame » 

che va scorrendo le viene vali». 

vicino » V antro , infra gli scogli , e 1 sassi , 

II mormorio sospende: i neri armenti 
A rena stesi, ed ogni gregge giace; 
Languiscono d'intorno i nuovi fiori, 
Ed un rerreo vapor 1' erbette aggrava . 
Egli riposa sopra molli coltri , • - 
Scarco di cure nel muscoso speco 

Di sonnacchiosi fior' rutto copetto: 

Gli trasudan le vesti , e il corpo pigro 

Scalda le piume i un vapor nero esala 

Da l'anelanre bocca} il cria sostenta, 

Da la sinistra tempia in giù cadente. », 

Con una mano i abbandonato il eorno 

Cade da i* altra,- misti a' falsi i veri , 

A' tristi i He» stangli intorno i sogni 

Di varie innumerabili sembianze, 

Tenebroso corteggio de la notte : 

Sono a guisa di pecchie a' travi afSss. , 



Digitized by Google, 



J 1 B R O X. 14^ 

O su le porte, o scanno al suol distesi. 

Pallida rheertà luce intorno a T antro 

Moribonda s'aggira, c moribonde 

Son le lucerne , che al primiero sonno 

Con tremolante luce invitan gli occhj. 

Da le cerulee sfere in questa grotta i 

Scesce la vaga Dea fregiata , e pinta 

Di ben mille colori : *al suo passaggio 

Si rischiarano i boschi, e si rallegra 

L* ombrosa Tempe : il sonnacchioso albergo 

Da* rai percosso de* lucenti globi 

Dal sopot si risveglia , e si riscuote . 

Non però si risente il pigro Sonno . 

A la luce, al rumore, ed a la voce, 

Ma ne lo stesso modo e russa, e giace: 

Tinche con tutti i rai ne le pupille 

Oppresse , e gravi lo feri la Dea : 

Indi in tal guisa a favellar gli prese: 

O Sonno , o placidissimo fra i Numi , 
La de' nembi regina , o produttrice 
Giunonea te mi manda , e vuol che gli occhj 
De li Sidonj duci , e de la fiera 
Gente di Cadmo in gran lerargo opprima : 
De 1' empia gente , che superba e gonfia 
De T esterno trionfo , il vallo Argivo 
Osserva , e cinge , e le tue leggi infrange j 
Non ricusar di tanta Diva i preghi ; 

■t 1 



> 



ijo Ti d ai de 01 Stazio 

T^an son questi onori ; e ben tn puoi 
Per lei sperar renderci* amico Giove . 

Cosi dice, e lo sgrida, e perch'ei senta, 
Tre voice, e quattro gli percuote il petto, 
Egli a* comandi , sonnacchioso , e ottuso , 
Solo col capo d'ubbidir fa cenno. 
Iride ailor da quell'oscura grotta 
Esce aggravata da' vapori > e i rai 
Umidi, e quasi spenti accende al giorno* 
li Sonno intanto accelerando i passi, 
E de le tempie dibattendo i ranni , 
Fatto del manto un seno , entro y* accoglie 
Le fredde nebbie de V ombroso cielo : . 
Poi taciturno va per l'aria a volo, 
E già tutto sovrasta a i Tir] campi • 
Al grave respirare , al pigro fiato 
Cadono al suol distesi augelli, e fere, 
E greggi , e armenti, e ovunque ci gira il volo^ 
Languido nel suo fondo si ritira 
Il mar da' scogli , ed ha co* venti pace : 
Van più lente le nubi , e le alte cftnc 
Piegan le selve , e fur veduti a terra 
Cader molti astri dal sopito cielo . 
A T improvviso orror si accorse il campo 
De V arrivo del Nume , e ì gridi , e i fremiti 
Dei vulgo militare a poco a poco 
Andar* cessando , e si abbassarle voci. 



Libro X. ' i J I 
Ma poi che tutto si posò su loro^ 
Con 1* umid' ale , e che distese 1* ombre 
Non mai più dense ne le Aonie tende ; 
Si aggravargli occhj , e s'inchinaro i /colK? 
E restar' tronche le parole a mezzo: 
Indi gii scudi rilucenti, e i pili 
Cadder di mano , e sovra il petto i capi , 
E già tutto è silenzio, e il campo tace. 
Più non Yeggonsi in piedi i buon destrieri , 
E un cenere improvviso i fuochi estingue . 

Ma sovra i mesti , e timotosi greci 
Tanta quiete non diffuse il Sonno ; 
E la forza piacevole del Nume , 
Per la notte vagante , i nembi oscuri 
Allontanò da' padiglioni afflitti ^ 
Stan d'ogni parte in arnie , ed hanno a sdegno 
L'indegna notte, e i vincitor* superbi . 
Quando Tiodamante , il petto invaso , 
E da' Numi agitato , ecco repente 
S* accende d' un furor , che ii*preme, e sforza 
Con orribile strepito» e tremendo 
A rivelate i Fati? o in lui Giunone 
Tai sensi infonda , o al vate suo novello 
Benigno i detti ispiri, e airida Apollo, 
Terrrbil ne la voce , e ne 1" aspetto 
Se ne va in mezzo al campo impaziente 
Pel Nume, che l'invade, e che '1 ricmpieV 



iti Tsbàide di Stazio 
Di cui non c capace il petto angusto . 
Stimolato dal Dio suda , ed anela , 
£ T interno furor nel volto appare 
Talora impallidisce , e ralor tingtf ; 
D' incerto sangue le tremanti gote 5 
Travolge gli occhj , e l'agitato crine 
Misto a le bende gli flagella il capo * 
Tal da ^li aditi orribili , e tremendi 
Cibele tragge il sanguinoso Frige , 
E de le braccia lacerate e incise 
Le ferite nasconde: egli col pino 
percuote il petto , e la sanguigna chioma 
Agita, e scuotere de Je piaghe il duolo 
Disacerba col corso: i prati intorno 
N'hanno terrore , e il pino stésso aspetso 
Di sàngue , ed i leon traggono il carro 
Cón maggior fretta attoniti , e confusi • 

Giunge egli intanto al venerando ostello > 
Ort stanno le insegne , e del Concilio 
Ne la sala più interna , ove dolente 
Per tante stragi , ed i perigli estremi . 
Esaminando , invan consulta Adrasto . 
Siedono a lui d' intorno i nuovi duci 
Più congiunti a gli estinti , e gli alti scanni 
Vedovi fatti di si grandi eroi 1 
Occupan mesti , ed han dolor» che a tanto 
Onor gli abbia innalzati un tanto danno* 



t I 3 H O X. M3 
In CotaL guisa se interrompe il coeso > 
Morto il primo riocchier vedova nave, 
Tosto prende il timon colui, che in cura 
Avea la prora , o il fianco , e ne stupisce 
Lo stesso legno abbandonato , e tardi 
Ubbidiscono vele, arbori, e sarte, 
E il Nume tutelar non siede al fianco 
De V inesperto condotticr novello . 

Ma il vate incanto i dubbiosi Achivi 
In questi detti a miglior spene accende : 

Gli ordini venerabili de* Numi , 
E i*lor consigli vi portiamo, o duci. 
Nostre non son le voci : a voi favella 
Quegli , a cui mi donaste , e le cui bende 
Vostra mercè, lui consentendo, io ciniTO . 
Qtiesra mandano a noi notte opportuna 
A le grand' opre , ed a le insidie i Numi, 
La virtdde c'invita, e da noi chiede 
La Fortuna le destre : in erave sonno 
Posa l'oscè Tebana 5 or vendicate 
Gii estinti regi, e l'infelice giorno. 
Su 7Ìa, Tarmi rapite, e de le porte 
I ritegni spezzate ; in questa guisa 
Appresterem degni sepolcri, e roghi 

A" * • • 

1 corpi esangui de' compagni uccisi. 

Io certo vidi ne l'estrema pugna, 

Quando più afflitte eran le cose . e il rxrg 



Ij4 TètoAiDk di Stazio 
Davamo a vincitori , vidi (e il giura 
Per i tripodi saeri , e per V onore 
Del nuovo sacerdozio,} a nie d' intorno 
Volar con lieti vanni augei felici. 
Ma certo tira ne son . Quale discese 
Sotterra Anfiarào , tale mi apparve 
Fra il notturno silenzio. | destrier'soU 
Iran tinti da l'ombre; io non vi narro 
Notturne larve , e non racconto sogni • 
Egli così mi disse : adunque invano 
Lascerai tu, che i pigri Greci (rendi 
A me le bende , e gli affidati Dei ) w 
Perdan cotanta notte? O di me indegno 
Degenerante successore ! I Voli 
Così apprendesti de gli erranti augelli, , 
E gli arcani de gii astri ? A che più tardi ? 
$* vanne , e almen di me prendi vendetta . 
fìì , disse, e mi sembrò che a queste soglie 
M'incalzasse con l'asta, e con il carrò . 
^Ubbidiscasi dunque a i Numi intanto ; 
.Non fia d* uopo pugnar nel sonno immers* 
Giace la guerra, e incrudelir n' è dato. 
Ma chi vien meco? E chi sarà che sprezzi, 
Invitato dai Fati, in sì grand* opra 
Fregiare il nome suo d'eterna fama? 
.Ecco di nuovo i fausti augelli t io seguo 
;ii lieto augurio, anco* che ogni altro cessi i 



I I » * O X. f j y 

£ vado solo; ceco il suonar de' freni 
Di nuovo sento , e il gran profera io veggio. 

Cosi gridando in gran tumulto mette 
La notte, e il campo, c già son tutti accesi 
( Qua/ se un medesmo Dio rutet riempia ) 
I maggior' duci , e già tori tutti mossi: 
Voglion seguirlo , e accomunar le sorti . 
Trenta cine sceglie i piti robusti , e audici , 
Nerbo, e vigor dei campo. A lui d'intorno 
Fremono altri , e dt restar negletti 
Recansi ad onta in ozio vile , e lento: 
Altti la stirpe illustre, altri de* suoi 
Rammenta i gesti; altri le proprie imprèse. 
Altri voglion, che i nomi insiem confusi 
Si commettano al caso, e chiedon l'urna. 

Quale il signor del generoso armento 
Cola di Foloe su l'eccelse cime, 
A cui son nati al rifiorir de 1' anno 
J nuovi parti , e rinnovato il gregge , 
Gode in miratli , altri per ardue coste 
Gir saltellando, altri nuotar ne' fiumi , 
Altri emulare i genitor* correndo : 
Indi tranquille, in suo pensicr rivolge 
Quale al g\ ogo destini , e crual sul dorso 
Vaglia a portare il cavaliere , e a l'armi 
Qua! si* nato, .ale trombe, e guai prometta 
Ne V arena acquistar le palme Elie * 



T 



1^6 TlB AIDE DI StÀZlO 

Tal era allor fra i Greci il vecchio .Adrasto; 
Ne già manca a 1* impresa , e cosi esclama: 

E donde in noi si tardi , e sì improvvisi 
Scendono questi Numi ? E quali siete , 
O Dei, che* a -riveder le afflitte cose 
D'Argo tornare? E forse il nuovo ardire 
Una virtù infelice? O pure in noi 
-Jerve 1' antico sangue , e ce l' ispira 
De gli avi nostri il generoso seme 
Io certo approvo * o giovani feroci,, 
Vostro nobil tumulto, e men compiaccio 
Ma noi tentiam notturna insidiosa 
Guerra, e convien che stiano i moti ascosi i 
E può la turba discoprir l' inganno . 
Conservate 1* ardire : il nuovo giorno 
Vendicator si appressa ; allor palesi 
Saranno l'armi, allora tutti andremo: 
Con tali detti li raffrena, e molce. 

Non altrimenti avvien , quando il gran padrfi 
Eolo incatena imperioso i venti, - •'" 
Ch' erari già pronti a por sossopra il mare , 
Ne l'antro noto, e con il sasso. chiude 
La porta, e lor divieta ogni altra strada. 

Sceglie allor per compagni a l' alta impresa 
Tiodamante il gran figli uoJ di Alcide y 
Agilleo , e il saggio Attorre : e questi esperta 
Nel facondo .parlar : quegli presuma 



Libro X. 157 
Essere per vigor eguale al padre . 
Ciascun di lor dieci guerrieri ha seco , 
Turba ai Tcbani orribile, e fatale. 
Quando ancor stesser desci . Il rate intanto, 
Che di furtivo Marte al nuovo assalto 
Sen va inesperto , le adorate frondi 
Di Apollo scioglie, e le depone in gtembo 
Del re canuro , e il sacro onor gli affida 
De la sua fronte, e la corazza, c Telmo, 

1 

Dono di Polinice, intorno cinge. 
Ma il fiero Capanèo , che prende a sdegno 
Usar le frodi, ed ubbidire i Numi, 
Del pesante suo brando il fianco aggrava 
Al condottiero Accorre i. ed Agillèo 
V armi cambiò con il feroce Nomi • 
Ed a che prò fra l'ombre incerte gli archi, 
E l'armi usar de l' immortai Alcide? 
Ma perchè lo stridor de 1' alce porte 
Lungi non si oda , da i ripari a sairi 
Precipitato, ond' era il campo cinto; 
Ne molto andar', che ritrovar* distesa 
Immensa preda . Ivi di morti in guisa 
O come prima da più brandi uccisi , 
Giaceano i Tcbani . Il vate allora 
Fatto sicuro , ed alta voce esclama : • 
Ite, o compagni, d'inesausta strage 
Ove il piacer vi alletta: ite, vi prego, 



l$t Tèdaide di Stazio 

£ siate eguali al gran favor de i Numi l - 
Eccovi tutte oppresse in vii letargo 
le inimichc coorti . Oh nostro scorno! 
J questi osa? cinger 1 # Acgivo campò, 
D* assedio intorno ? Essi tenere a freno 
Tanti invitti guerrieri? £i cosi dice, . 
£ il ferro tragge fulminante , è il pasta 
Sul moribondo stuol Con man veloce . 
Chi può Je stragi annoverar? chi i nomi , 
Rimembrar de gli estinti? I terghi , e i petti 
Senz' ordine .trafigge , e dentro gli elmi 
Lascia rinchiusi i gemiti , e nel sangue 
f anime intorno erranti hmem * confonde . 
Quegli che giace sopra molle strato, 
Questi che tardi cede al sonno, e cade 
$ovra lo scudo, e male i dardi impugna i 
-Altri distesi fra le tazze, e l'armi, 
Altri inclinati su le targhe, come 
Ciascuno aveva in feral sonno oppresso 
V infelice sopor , l'estrema notte * 
Tutti senza pietade ci manda a mori*; 
Né lungi è il Nume: Giuno , ignuda il braccio; 
Curva fac* sospende , ed il sentiero 
Rischiara , e i cuori accende. , e i corpi addita, 
Tacit# sente , che la Dea gli assiste 
Il sacerdote , e il suo piacere occulta : 
&a già Tenta d la man , gii il ferco ottuso. 



Digitized 



> I 



vacillanti ih ante stragi J* ire . 
In cotal gujf* fiera tigre Iccana , 
Che ha fatto* scempio idV maggiori armenti , 
Poiché dMmmenso' sio^t , U Yitntre immane 
Ha già satollo, e 'le mgsctjle stanche, 
£ le macchie del Tello immonde, e guaste 
Da la putrida strage i il suo morto 
Contempla, e duolsi che mancò la fame i 
Tal ne 1* Aonio srrazio il sacerdote 
Intorpidisce , e cento braccia * e cento 
• Mani di aver desia : già già gì" incresce 
Perdere Tire invano , s di gii brama, 
Che sorga V inimico a giusta guerra , 
Pa V altra parte li Tebaui uccide 
D'Ercole il figlio, e da quell'altra Attorre, 
Ciascuna turba per scntier sanguigno . 
Seguc^il suo duce; son« di sangue infette ^ 
L'erbe, e di sangue un rapida forre nre 
Scuote le tende . Fuma il suolo intorno 
E r anelar del sonno, e de la morte 
Si confondono insieme. Un sol Tebano 
Non che il volto inna!zi,o chapra gli occh'j: 
Cotanti! sonno gli avea oppressi, e solo 
Loro aj>«yj* .motte V ecclissatc luci . 
Vedute atei cader 1* estreme stelle , 
Per non vedere il di • fra i giuochi , e i suoni 
Inni cantando in su la cetra a Bacco 



\ 



°Ì6€> 'TtHAlDE DI STÀZrO 

Alcmcno , allot che il collo alto sopore 
Gli fe* cader su la sinistra spalla, 
£ su la cetra il capo: Agilleo il fere 
Al petto , e la man punge unita al plettro: 
Tremar' le dita , o fer suonar le corde . 
Turba le messe un liquor tetro , e un rio« 
Scorre di sangue , e misto al sangue il vino 
Torna a le prime tazze, a i primi vasi. 
Giace abbracciato col fratel Tamiro , 
X il fiero Attor V uccide . II tergo fora 
D'Eteclo "coronato il cria di serti, 
Tago : Danao d' uu colpo il capo tronca 
D*£bro, che il Fato non prevede.- lieta 
Pugge la vita sotto l'ombre, e il duolo 
De la morte non sente; in sul terreno 
timido , e freddo infra le ruote , e il carro 
Giacca Palpeto , e i corridori suoi * 
Che de 1' erbe natie si facean pasto , 
Spaventava russando: esala il volto , 
Un sucido sudor , e ferve , e anela 
Soffocato nel vino il grave sonno : 
Beco di lui , che giace , entro la gola 
Tiodamante il ferro immerge ; il sangue 
11 vino espelle , ed il russar gli tronca ; 
porse presaga- la quiete a lui 
E Tebe , e il vate avea mostrato in sogno . 
La quarta parte del notturno corso 



Digitizedby Google 



Libro X. i 6 * 

Restava ancora, allor che di rugiade» 
Il cielo i campi irrora, e molte stelle 
Perdort il lume , e da più ardente carro 
Il carro di Boote in fuga è posto . 
•Ne pili che far lor rimaneva : quando 
Il saggio Actorre al sacerdote volto : 
Deh basti (disse) l'insperata gioja 
Al Greco campo : ne pur kn da morte 
Scampò, ered* io , fra tanca gente -, solo 
Se alcuno fra i cadaveri, e fra'I sangue 
Non si celò , per conservar la vi l a . 
Poq modo a la Fortuna : i rei Tebani 
Hanno anch'essi i Jor Numi , e l'onci nostri 
Ornai stanchi > da noi prendon congedo. 
Ubbidì il sacerdote , e al cielo alzando 
Le sanguinose mani , orò in tal guisa . 

Queste , che tu additasti, eccelse spoglie^ 
Premj de ia tua notte , immondo , e tinto 
Di sangue ancora ( perocché al tuo Nume 
Pei sacrifizio ) io sacerdote fido , 
E de* tripodi tuoi guerrier feroce 
A te » gtan Febo , ora consacro in dono . 
Se a* tuoi cenni ubbidii , se il tuo furore: 
Sostenni, deh sovente in me ritorna, 
E 'la mente- m* infiamma . Or noi ri diamo 
Crudele onot di sangue , e d* anni tronche t 
Ma se avverrà, che. le paterne case 

Teb. diStaz.. Tom. il. L 



- m 



l'I* Tbbaioe df Sdazio 
Noi recediamo , e i sacri ccmpj tuoi 5 
Memore allor del .roto , o Licio Apollo , 
Da nói chieder potrai cotanti doni 
ì A le tue sacre soglie , e tanti torf , 
Quanti per nostra man giacciono estinti . 
Tacque ciò» detto: e i forti suoi compagni 
Ei richiama da la felice impresa^ 

Eran fra questi il Calidonio Oplco 
E l'Arcade Dimaare, ambi al or regi 
Grati, ed ambi compagni, ed ambi a s degno* 
Dopo Ja morte loro , avean la vita . 
Oplèo. a Dimante favellò primiero: 
Dunque , o caro Di mante , e te non cale 
De l'ombra errante del tuo rege estinto? 
Del tuo signor, che forse é fatto preda 
De K cani di Tebe > e de gli augelli? 
E che di lui riporterete indietro 
A i Patrj Lari ? Ecco la fiera madre 
Vi viene incontro , e vi domanda il figlio » 
Ma privo di sepolcro il mio Tidéo 
Mi tten V alma agitata , e pur le membra 
Ha del tuo pili robuste , e come' il tuo 
Degno tanto non e de'nostri pianti, 
Come xcciso nei bei fior de gli anni . 
Ma gire io voglio, e de V infame campo 
Cercarlo in ogni parte , entrare in Tebe * 
£ualor altrove citrovar noi possa • „ 



.Librò X. i*i 
Àscoltoilo Dimanrc, indi rispose : 
Per queste vaghe stelle , e per V erranti 
Ombre del mio signor, che a me son Nume, 
Ti giuro, ahi lasso, ch'uno stesso arilo:" 
Me ancora accende ; ma lo spir:o oppresso 
Dal grave lutto richiedea compagno , 
Ed or andrò primiero . E cos^ detto , 
Ponsi in cammino , c verso il cielo alzindo 
J.' afflitto volto , in cotal guisa prega : 

O Dea , che reggi il cheto orror notturno , 
S* egli è pur ver , che in triplicate forine 
Il Nume muti , e ne le selve scendi 
Sotto altro vottò ; cjuel già tuo seguace , 
E de' tuoi boschi alunno 1 , il tuo fanciullo 
( Or io riguarda almen ) quello si cerca . 
Abbassò il carro allor la Diva , e i corni 
Di maggior lume accese , e con un raggio 
Addito lot de* regi i busti esangui ; 
Scoprirsi Cicerone, i campì, é Tebe. 

Così cjualor tuonando irato Giove 
Smezza l'aria noteurnj , c l'atre nubi 
Sen vanno in fuga , ed ti baleno e al lampo 
Chiari v eggon$Lgli astri, e di repente 
A gli occhj appare 1' oscurato mondo. 

Segui di Cintia il raggio il buon Dimante, 
£d Opieo ancora ravvisò Tidèo . 
Lieti da lungi de* rrovati corpi 



I 

ì 



I * 



TiBAJDF. DI STAZIO . 

Si diero il segno, d' uno, c V altro al dolce 
Peso del suo signor , come se in vita 
Tornato fosse, o a fiera morte tolto, 
Sottopongono il dòrso, c non ardiscono 
Di piangere , o parlare . Il crudcl giorno 
Già s'avvicina, e lo minaccia il primo 
Albor, che sp^ta . Essi sen vanno cheti 
. A lunghi passi fra i -silenzj mesti , 

E dolgonsi in veder pallide farsi 
* V ombre notturne . Oh Fati invidiosi 
/ Alle pietose imprese! Oh rare volte 

Fortuna amica a le magnanim* opre! 
Già vagheggiano il campo , ed il desio 
Più vicin lor l'addita, e più leggiero 
Lor sembra il peso. Quando polve, e nembo 
Vidersi a tergo, c udir' fremito , e suono. 

Il feroce Anfione avea la notte 
Per comando del re menato in giro 
Stuolo di cavalieri. A lui fu dato 
De Greci 1* osservar le guardie , e il vallo . 
Ved* egli > o pargli di veder da lungi 
/ Errar pel campo ( e non v avea la luce 

Ancor del tutto 'dileguate 1' <^ibrc ) 

Un non so che d'incerto , e che rassembra 

♦ 

Aver moto , aver vita : alfin discerne 
Ch' uomini sono . Alior l'insidie scopre; 
£ olà fermate il passo (altieio grida JL 



r n 



/ 



Digitized by Google 



I 



L i d r o X. i M 

(Chiunque siete. Alcun non parla, e cerei 
Si palesan nemici. Il tot cammino 
Seguon , nè per se scessi hanno timore . 
Ei la morte minaccia , e 1' asta vibri ; 
Ma con tal' arte , che a f«:rir non vada , 
E d'errar finge. Iva Dimantc il primo, 
E il balenar de| fetro innanzi a gli occhj 
Gii pa$sò , l'abbagliò, fetmògl'il passo. 
Ma non gii invano ianciat volle Epito , 
E feri ad Oplèo il tergo, e di Tidèo , 
Che ne pendeva , trapassò le spalle . 
Cade il misero Oplèo né del suo duce 
Si scorda , ne morendo 1' abbandona . 
Felice lui, che nel morir non vede 
Il cadavere tolto > e in questa spene 
Scende contento infra Je pallid' Ombre . 
$i rivolge Dimante , e il mira , e sente 
Stargli già sopra le nemiche schiere : 
Dubbioso sta, se preghi, o se combatta 1 . 
L'ira l'armi propon.'ma la presente 
Fortuna vnol eh' ti preghi > e che non osi. 
D'ogni parte è periglio. Alfin lo sdegno 
Differì le preghiere . Innanzi a i piedi 
Depon l'amato corpo, e 4' una tigre, 
Oxid* avea ornato il tergo , il vello avvolge 
Al mapeo braccio, e ignudo il ferro stringe 
E la fronte rivolge a i' aste , ai dardi, 

L 3 

I 

I 

/ 




jtftf ; .Tebaide di Stazio 
/i uccidere , e a morir pronro egualmente . 

Qual leonessa in cavernoso monte 
Cui cinse intorno il cacciato* Numida , 
„ Sta sopra i figli con incerto core , 
„ E freme in suono di pietà, e di rabbia* 
A saltar ne lo , stuolo , a franger dardi 
Furor la spinge, amor l'arresta, e sforza 
„ A riguardare i figli in mezzo a T jra . 
f quantunque Anfion divieti a suoi 
l'incrudelir, già la sinistra mano 
È tronca a T infelice , e per la chioma 
Si trae Partenopeo supino il volto . 
Tardi allor supplichevole Dimante 
Abbassa V armi , e in cotai -detti prega : 
Deh pili miti il traete . Io ve ne prego 
Per le cune dal fulmine percosse 
Del vostro Bacco -, per la fuga d'Ino, . 
E del vostro Paicmonc per gli anni. 
Se v* è tra voi, cui scherzin figli' intornò , 
S' evvi tra voi un padre, al giovanetto 
Poca terra donate , e poca fiamma . 
Deh il rimirate; il volto suo giacente, 
Il bel volto vcrv prega . Ah me piuttosto. 
Me lasciate a le fiere, ed a gli augelli. 

10 sono il reo, che a guerreggiar l'indussi. 
Anzi (disse Anfion ) s' hai tanto a, cuore 

11 dar tomba al tuo re , tosto ci narra , 

\ 

- 



Libro X. \6? 
Quali di guerra volgano Consigli 
I timidi tuoi Greci , e vinti , e rotti 
Clic preparino ancora , e a te la vita 
Diasi, e Ja tomba al tuo signore, e parti. 

Dimante inorridissi, e sino a l'elsa 
S'immerse il ferro in sen.* questo ( gridando ) 
Sol manca a mie sciagure , e a tante stragi , 
Ch'io traditore Argo infelice infami: 
Nulla compro a tal prezzo, e a coca! prezzo 
Lo stesso duce mio nc^n cura i roghi : 
E di gran piaga gii squarciato il petto , 
Sopra I' amato corpo si abbandona , 
E fra i singulti estremi morrmorando : 
Me ( dice ) almeno avrai di tomba invece # 
Cosi de* loro re fra i grati amplessi j 
Questa dei pari generosa coppia, 
L'Etolo forte, e l'Arcade pietoso 
Spiraron l'alme, t sen morir' contendi . 

Or voi , nomi già sacri , ancor che sorga 
Con minor plettro il nostro canto , andrene 
Vincitori de .gli anni , e de V obbllo ; 
Ne forse sdegneranvi ombre compagne 
Eurialo, e il Trojan Niso , e di lor gloria 
Ammetteranyi de gli Elisj a pa rtc . . 

Ma superbo Anflòu del sue* trionfo , 
Ad Ereòcle più d' un Messo invia , 
Che novella del fatto , e, de la frode 



. , *!^8 Tébmde di Stazio n 
Scoperta, e i corpi de' già vinti regi \ 
Racquistati pur ora ., a lui rfporti ? 
Ed egli seg^ ad insultar gli Argivi 
Assediati nel vallo , alto portando 
A l'aste affisse le recise teste. 

Ma da* ripari aveano i Greci inranto 
Scorto Tiodamatite , e la sua schiera , 
E in vederli tornar co* brandi ignudi 
Di fresco sangue aspersi , il gaudio nuovo 
Ricfonda si , che contenet noi sanno . 
Alzano d' improvviso al cielo i gridi , 
Pendon dal vallo, e ognuno i suoi Ricerca 

Stuolo, d* augelli non pennuti ancora 
Cosi in védendo ritornar la madre , 
Bramano andarle incontro, e da l'estremo 
Nido sporgonsi infuori , e gii in periglio 
Stan di cadere ; ma vi oppone il petto 
LÌ madre amante , e co' pietosi vanni 
Addietro li rispinge, e li riprende. \ 
^Or mentre il fatro occulto, e del notturn^ 
Marte narran P impresa , e in dolci amplessi 
Stan con gli amici , e d" Oplco , e diDimante 
Van ricercando il rirornar si tardi ; 
Con lo stuolo Tcbano ecco Annone ; 
Ma non andò di sua vittoria lieto 
Gran tempo ; vede d* infinito sangue 
Fumar la terra , e eh' una sol mina 

* 

\ 



Djcjitized by GoogI 



L i b x o Xi ' i*J* 
Ha la sua gente in vasta stFagc oppressa. 
Quello stesso terror , ch'uomo sorprende 
Del fulmine al cader, quello chi duce 
Commosse il petto, ed un sol ortore ■ 
Mancargli e voce , e vista , e gelò il sangue; 
E mentre ci pianger vuol , lo volse in fuga 
Volontario il destriero , e lui seguendo 
Àlzaro nuova polveri suoi Tebani . 
Appena eran costor giunti a le porte 
Di Tebe , quando dal trofeo notturno 
Fatti audaci gli Argivi uscirò in campo 
Su Tarmi, e su le membra a* terra sparse. 
Per cataste di morti , e di mal vivi 
In mezzo al sangue , e cavalieri , e fanti 
Vengon correndo, e con le ferree zampe 
Tritan f ossa i destrieri , ed a le ruote 
Ritarda il corso il sanguinoso umore. 
Ma piace a i Greci Torrido sentiero, 
E già lor sembra le Sidonie case , 
Calcar co* piedi , e incenerita Tebe ; 
E Capanèo gT instiga : assai (die egli) 
Fu , o miei compagni , il valor vostro occulto» 
Ora a me vìncer giova j ora, che fi giorno 
Testimonio è de l'opra. In campo aperto 
Con le grida, e con l'armi a la scoperta 
Voi mi seguite, o giovani feroci* 
Stanno gli augurj anche in man nostrale il brando» 



m 

\fO Tebaide di Stazio 
Qualor io stringo, ha i suoi furori anch' egli . 
Si , dice ; e lieto Adrasro , e Polinice 
Viepiù gì' infiamman . Privo gii del Nume , 
Men baldanzoso vico T^odamente . , 
E già sono a ie mura} ed Anfiòne 
Narrava ancor la nuova strage j quando 
Poco mancò , che non entraron seco 
Ne la'infelice, e desolata terra. 
Ma Megaréo , eh' a la vendetta stava , 
Chiudi (gridò) chiudi > Guardian, le porte: 
Il nemico c'è sopra. Anche talora* 
È padre di virtudc un gran timore . 
Tosto tutte son chiusele mentre solo 
Echiòne a Serrar V Ogigia è lento , 
V* entra io stuol di Sparta . In su ìe prime 
Soglie Panopeo cade: ci sul Taigcto 
Avea il soggiorno, e seco Ebaio forte 
Notator de 1' Eurora . E tu cadesti 
De le palestre onore , e maravigli» 
Aicidamante vincitor felice 
Ne T arena di Neme . A te Polluce 
Adattò i primi Cesti j or tu morendo . 
Del' lumir*>so tuo maestro miri 
La risplendente stella, ed ei per doglia 
La volge altrove , e si nasconde , e spegne .. 
Te piangeran V Ebalie selve, e il lido 
Grato tanto a le vergini Spartane t 

i 



» 

' I 

* . - *' Digitized by^Coogle 



Libro X. 171 
E ii fiume , ove cantò Cigno fallace , 
E le Ninfe Amiclèe grate a Diana, 
E colei che a te die le prime leggi 
Di guerreggiar , che tu poste in obbllo > 
L'abbia cotanto, si dorrà la madre. 

Marte cosi sul limitar di Tebe 
Incrudelisce; ma 4 H robusto perone , ( 
E Alimeuide in un, quei con le spaile,. 
Questi col petto le ferrate porte 
Sforzando a gara i le serraro in fine , 
Non senra pena ; in quella guisa appunto , 
Che fendo* dei Pangèo gì' inculti un tempo 
Campi due buoi co' colli bassi, e ansanti. 
V utii fu pari 4 danno , Entro le muta 
Chiuser molti nemici , e fuor Iasciaro 
Molti de loro ; e di gii ii Greco Ormino. 
In su le porte i ucciso, e mentre stende 
Amintore le mani > e parla , e preg* , \ 
Recisa la cervice a terra cade « 
E cadon seco le parole , e il capo; 
Ed il monile, onde fregiava il collo, 1 
Lungi balzò su l'inimica arena. 
E già abbattuto ii vallo , e le dimore 
Prendendo a sdegno , de i pedon' le schiere 
Erano giunte a le Anfionie rocche ; 
Ma del fosso in mirare il salto immenso * 
E il precipizio orribile , e scosceso, 



r*7l folUlDE DI STAZIO 

arretrano i desrrieri , e paventando , 
Hanno stupor , eh' altri li spinga innanzi . 
Talor per gir fann* impero , e talora 
Rivolti contro il fren , glransi addietro . 
Altri intanto' i steccati, altri i rastrelli, 
E i ferrei clausiri de l'eccelse porte 
Tentan spezzare f altri con l'ariete 
Muovon di luoghb gì' incantati marmi , 
E squarciano le mura . Altri han piacere 
In rimirar le fiamme a i tetti accese, 
Ch'essi avventaro, ed altri a Time parti 
Muovono guerra , e ricoperti , e ascosi 
Sotto densa testuggine > a le torri 
Scavano di sotterra i fondamtnti . 
Ma d'altra parte le Sidonie genti 
Fanno ai muri corona (unica ipcne , , 
Che loro avanza di salute ) e aduste 
Travi , e lucidi d*rdi , e le piombate 
Palle, eh' ardon ne 1* aria , e i sassi stessi 
Svelti da i muri, sovra i Greci a piombo 
Fanno cadere : orrido , e fiero nembo 
Piove da I' alto , e de* forami armati 
Volano mille stridule saette . 

Come talor pigre procelle mosse 
Da i vicin* colli su gl'infami scogli 
D* A croceranno , o di Malèa* sospese 
Fermatisi accolte in nembo; indi repente 



i 



* # 



Digitized by Google 



Libro X. 173 

Spezzansi > e vanno a flagellar le navi j 

Tal da V armi Tebane eran gli Argivi 

Da ogni parte percossi , e pesti , e infranti 

Ma l'orribile grandine non piega 

Gli audaci petti, ed i feroci volti 

Sol mirano i- ripari , e sol con gli oechj 

Seguono i loro dardi , e de la morte 

Non prendon cura . Iva osservando i muri 

Anteo correndo sul falcato carro ; 

Quando d* asta Tebana impetuoso , 

E grave colpo lo rovescia al piano. 

Le redini abbandona , e con un piede 

( cfrribile spettacolo di guerra I ) 

Pende dal carro, e le due ruote, e l'asta 

Formati triplice solco in sul terreno . 

Va per la polve il capo , e resupini 

Pendon dei crin' disciolti i lunghi giri . 

Con strepito feral la tromba intanto 
Tebe pertutba , e con un suono amaro 
Dentro penetra a le rinchiuse porte . 
Si dividono in schiere i Greci , e ognuna 
Una porta assaliscc , e il suo stendardo 
Minaccioso precede, e seco adduce N 
Le sue proprie speranze , e gli altrui danni 
De 1* afflitta città 1' orrido aspetto , 
Di Marte stesso avrla ammollito il cuore % 
Dolor, rabbia , timore* e fuga infame 



Ì74 Thsaid£, di Stazio 
ìn luoghi oscuri ? e ciechi, in varié formé 
La sbigottita Tebe empia d' ortoti . 
Par, che siati dentro gl'inimici: ferve 
Di tumulto ogni rocca , e per le strade 
S* odon grida confuse , e gii d' avanti 
Vcggonsi 'i ferro , e 'i fuoco , « • a« * a ménte 
Oià si figuran servitù, e catene. 
Quanto mai può accader , come presente' 
Lor dipinge il timore. E già le case , 
Son piene > s e i tempj , e le piangenti tarme 
Circondano gli altari, e i Numi ingrati • • 
Questo stesso timor per tutti fi;frt anni 
passa veloce : i vecchj ornai cadenti • * 
Braman la morte : impallidisce . suda 
La gioventù robusta , ed ogni albergo. 
S'ode suonar di femminili pianti: 
£ gì* innocenti , e teneri bambini 
Piangono anch' essi , e lo perche non siano , 
Ma de le madri lor seguon l'esempio. 
Queste instlga l'amore, e ne gii estremi 
Casi freno non han più di vergogna. 
Esse l'armi a i guerrieri, essi il valore 
Somministrano , e i' ire"* esse con loro 
Van mischiate-, e gli esortano, u non cessano 
B' additar lor le patrie soglie , e i figli . 

Cosi crualor va per rapire il mele 
Pastore ingordo , e muove 1* api a sdegno 0 



Digilized by Go 



Libro X. 1 7 J 

Ferve V armata nube , e col stridore 
S' esortano a ferire , e tutte al viso 
Del rapitor si avventano : ma stanche 
L'ali nel volo > su le bionde case 
Posatisi alfine , c il dolce mei rapito 
Piangono , e al sen stringon te amate cere 

Son divisi*! parer' del dubbio volgo > 
Sorgon moti discordi , e gii in palese 
( Non con segreto , 4 tacito susurro ) 
Gridan > che torni V esule fratello , 
Che gli si renda jl regno . Ogni rispetto , 
Che si aveva del re > manca y e si estingue 
Ne* solleciti petti . Oramai Venga , 
Gridan tumultuando j l'anno alterno 
Goda , e di Cadmo naturale albergo r _ 
£ le pateinc tenebre saluti • 
Altri a l'incontro? questa. nostra fede 
È intempestiva» e \tarda . Egli piuttosto, 
Che patteggiar, vincer vorrà con l'armi. 
Alrri piangenti, e in supplichevol schiera 
Pregan «Tircsia , che il futuro sveli , 
Unico in tanti mali a lor conforco , 
Ma sta ritroso, e tien rinchiusi in seno 
Gli Oracoli de* Numi . fe certo f dice ) 
Cerro , che dianzi i miei consigli attese 
11 re , <£uand' ia vietai P enorme guerta * 
Ma pur, Tebe infelice, e s'io nfin parlo> # 



i7<£ Thbaidb di Stazio 
Gii vicina a perir , non Ha ch'io senta 
La tua caduta ; e con la vuota fronte 
Sotba le fiamme de 1' incendio Greco . 
Vinca in noi la pietà . Vergine , poni , 
Poni gli altari, e consultiamo i Dei: » 
Essa eseguisce , e con sagace sguardo 
Mira Je punte de la fiamma tirfte 
Di sanguigno colore , e .in due diviso 
Ergersi *Ì fuoco sii gli a^-ari , e in mezzo 
Chiara e serena sfavillar la fiamma i 
Indi per i; aria raggirarsi in guisa 
Di tortuosa serpe in varj uodi , 
E mancare il rossore : il vede , e il nirra 
Al genitor dubbioso , e le paterne 
Tenebre illustra. Ed ei ^;ia buona pezza 
Tiene abbracciati i coronati altari, * 
E con la faccia rosseggiante , c accesa 
Va bevendo il "fatidico vapore . 
Le sue dimesse , e scompigliate chiome 
S* ergon in alto, e l'agitato, e insano 
Crine solleva le tremanti bende. 
Par che gli occhj riapra, e che sul volto. 
Di giovanezza il primo fior ritorni . 
Alfin lo strabocchevole furore 
Cosi esalò da 1' infiammato petto ; 
Quale tremendo sagrifizio estremo. 
Chiedano i "Numi , empj Tebani , udite : 



Librò X. 177 
Verri ^er aspra ria l'alma salute. 
Ma di Marce il dragon da noi richiede 
Vittima umana , umano sangue : cada 
Chi l' ultimo fra noi scese ' da V angue . 
Solo a tal patto Tebe arri vittoria • 
Oh lui felice, che darà la vita 
A sì gran prezzo d* immortale onore 1 

Del fatidico vate al fiero altare 
fra vicin Creonte ansio , e dolente 
Del Patrio suol per lo comun periglio . 
Quando , come da fulmine percosso , 
O'da ritorto dardo il sen trafitto, 
Semivivo senti chiedersi a morte 
Menèceo il figlio, e glielo fa palese, . 
E gliel mostra il timor stupido resta , 
E intorno ai cuor se gli restringe il sangue 
Cosi percossi di Trinacria i lidi 
Sótto- ^bl mar > se contro d'.essi il spinge 
.Austro talor da V Anricana arena . 
Del crudel vate, che di Febo ha colmo 
li vasto seno , le ginocchia abbraccia 
Supplichevole in atto , e lo scongiura 
A por silenzio al vaticinio orrendo -, 
Ma invan lo prega , e gii la fama vola 
Con le sacrate voci , e tutta Tebe 
Risuona gii de la Febèa risposta. 
Or chi aggiungesse generosi sproni, 

T$h. di S/*z. Tom. IL M 



tf a TiwtDB di Stazio 
£ €* onorata morte almo desio 
Nel giovane feroce (,im cotal doto 
Non scend* * noi ***** &*or de* Numi ) * 
Or tu rimembra , ò Clio, tu, che conservi . 
Ognor vivaci le memorie antiche» 
£ i secoli vetusti, e dei Tonante 
Assisti al trono, onde sì raro io terra 
Scender suol la virtude , o sia che Giove 
La doni a i smei più cari , o eh' ella scelga 
Anime generose , e di se degne : 
Siccome allor da le celesti piagge 
Lieta, e bella discese. Al suo passaggio 
Dier luogo gli astri > e quelle stesse faci, 
Che di sua mano ella innalzo fra loro: 
£ di già è in terra, e pur l'eccelsa fronte 
S'avvicina a le sfere. Il grande aspetto 
Però mutar le piace, e la sembianza. 
Di Manto prende -, onde più presto a i 
Meneceo porga > e ai vaticin) fede . 
Così mutata per celar 1' inganno , 
Sparver da gli occhj l'orridezza, e il fuoco* 
Ma il primiero decoro , e più soave 
La maestà ràion; depasto il ferro, 
L' augurai Terga impugna % a rena il manto 
Lascia cadere , e le confuse chiome 
Attorciglia di bende, « lascia il Iaur%^ _ 
Ch'era suo fregio: ma il feroce aspetto^ 



I 



*. Digitizpd by Googl 




L i n & o X. 17* 
ti palesa per Nume, e il passo altiero. 

Tale già si ridca del fiero Alcide 
Onfale allor , che in femminili spoglie 
Deposto dei ieon V ispido villo , 
Squarciava e manti e gonne ; c con la mano 
Troppo grave rompea cembali e fusi . 

Te , forte Menec-o , trovò la Dea 
Non di lascive fogge adorno, e molici 
Ma qual convicnsi al sacrifizio , e degno 
Del grande onor de l' immortai comando. 
De la torre Direca schiuse le porte 
Iacea strage de* Greci, e seco Emone: 
Ma quantunque d'un sangue ambi, e fratelli, 
Menecèo io precede; a lui d'intorno 
Scan cumuli di morti, e di maivivi. 
Ogni dardo colpisce , ed ogni colpo 
Seco porta la motte , e non ancora 
Presente è la virtù . La mano , il cuore 
Non trovati posa, e il sitibondo brando 
Non cessa : sembra che la Sfinge stessa t 
Che sta in guardia de V elmo , in rabbia monti , 
E visto il sangue , 1* animata immago 
Fiammeggi , e splenda , ed ci n ha l'armi asperse. 
Quando a lui , che combatte , il braccio arresta 
La Diva , e il brando , indi cosi favella . 

Generoso garzon , di cui maggiore 
Marte »on vide fra il guerriero seme 

M » 



ilo Tebaidl di Stazio 

Di Cadmo , lascia queste pugne umili: 
Non son degne di te vulgati: imprese. - 
Te chiaman gli astri , ( a maggior cose aspira ) 
E renderai al ciel l'anima grande. 
Questo sol grida, a i lieti altari intorno, 
II genitor ; questo le fibre , e i fuochi 
Mostrano : questo sol richiede Apollo : 
Ch' uno de i figli de la terra il sangue 
Dia per la Patria. Vola intorno ilgrido, 
Tebe n' esulta, e ir* tuo valor' si affida. 
Rapisci i Numi con la mente: afferra 
Jl gran Destino; va, curri, t'affretta, 
Pria che t* involi un tanto onore Emòne . 
Disse-, e di lui , che tarda, e sta sospeso, 
Il petto molce con la destra; tutta 
In lai s'infonde, e di se gli empie il cuore, 

Non cosi ratta la celeste fiamma 
Serpe da le radici a V alte cime 
Di -cipresso, dal fulmine percosso ; 
Come il garzon pieno del Nume , i sensi 
A gloria eresse, e s'invaghì di mòrte. 
Ma poi che vide de la finta Manto 
Le vesti, e il portamento , e che da terra 
S'alaa sovra le nubi, inorridissi. 

O chiunque ru sia , Dea , che mi chiami 
( Disse) io ti seguo, e ad ubbidit non tatdo. 
Parte , e partendo Agrio di Pilo uccide , 



> 



Libro X. 18* 
Che ardito 1* incalzava .• in su le braccia 
Lo riporcaro estinto i suoi scudieri . 
Dovunque passa , la festosa turba 
Lieta gli applaude > e autor di pace il chiama, 
Liberatore , e Nume , e sproni aggiunge , 
£ di fiamma d' onor tutto 1* accende . 
Già con ansante corso a l'alte mura 
Era egli giunto, ed in suo cuor godea 
D' aver schivato i genitori afflitti > 
Quando ecco il padre ( ambi restaro immoti > 
Ed ambi muti , ed abbassar' le fronti : ) 
Ma il padre in fine lo prevenne . e disse : 

Qual nuovo caso le difese soglie 
Fa che tu lasci? E qual impresa tenti 
De la guerra peggiore ? Onde ti prego , 
Nasce il turbato ciglio ? Onde il pallore ? 
Perche non alzi al genitore il guardo ? 
Ah veggio ben, che la fatai risposta * 
Figlio , a te giunse: il veggio certo: alj figlio ì 
Per gli anni miei f pe* tuoi, figlio, ti prego * 
E per lo sen de 1" infelice madre , 
Non prestar fede al vate . Adunque i Numi 
Si degneranno nei profano petto 
Scender d' un veglio , che nel vuoto riso 
Mostra il furore , e de le luci privo , 
A l'empio Edippo è ne la pena eguale ? 
Forse chi sa ? Queste son frodi ordire 



Digitized byjQoogle 



iti Tibaide di Stazio 
Dal crudo re > che, ne 1' estrema sorte 
Teme di noi* del nostro sangue, c teme 
11 tao valor / che sovra ogni altro duce 
Ti distingue, e t'innalza. E questi detti 
Non son de* Numi , ( qual Tiresia vanta ) 
Ma del Tiranno . Deh ritieni a freno 
L* animo ardente , e breve indugio accorda , 
Breve dimora al genitor che prega. 
Ogni bel fatto T impero corrompe : 
Così tu ancora a la canizie arrivi / 
Tu pur sii padre , e questa stessa tema 
Provi , che per te provo . I miei Penati 
Non far orbi di te. Dunque cotanto 
De* genitori altrui , de gli altrui pegni 
Senti pietà ? Se te vergogna muove , 
Sentila pria de* tuoi . Questa è pie t ade , 
Questa è onor vero . Ivi è sol gloria vana , 
£ un inutile nome , e ne la morte 
Un vano fregio, che si asconde , e cela. 
Né già codardo padre e , che ti prega . 
Va , pugna misto fra le Argive schiere , 
II petto opponi a T aste > e a Tarmi ignude. 
Io non tei vieto : a 1* infelice padre 
Alnien si dia le gloriose , e belle 
Piaghe lavarti, o figlio, e con li pianti 
Tergerne il sangue , e rimandarti in guerra-. 
Questo è <jue! , che da te la patria chiede • 



/ 



Digitized by Googh 



s 

Libro X. iSj 
Cosi dicendo , de V amato figlio 
Ticn con le braccia , c mani , e collo avvinci ; 

Ma il giovane , che a i Dei s' è offerto in voto , 
Non cede a 1 pianti , e a le querele > e un nuovo 
Ispirato da i Numi ordisce inganno> 
Con cui dal suo timore il padre affida . 

In error sei , buon padre , e di mia tema 
La verace cagione ancor t* c ignora . 
Me non muovon gli oracoli , o i clamori 
De i furibondi vati , o l' ombre vane . 
Canti le fole sue Tiresia astuto 
A se i e a la figlia : non se Apollo istesso, 
Le facidiche grotte disserrando , 
Col suo furore nY agitasse il petto > 
Ma dentro la città ini riconduce 
De T amato fratello il caso acerbo . 
Langue ferito Emon da strale Greco *, 
A fatica 1' abbiam pur or ritolto 
Fra l'uno, e V altro esercito , dal campo, 
Ov* ei giaceva, e da le mani ostili; 
Mail tempo io perdo . Vanne , o padre , e prendi 
Di lui ru cura, e dì, che mollemente 
La turba de i sergenti addietro il porti. 
Io corro in traccia d' Etione esperto 
Le piaghe a risanar , stagnare il sangue • 
Qui tronca i detti , e fugge . Un altro orrore 
Ingombra allor la meme, c i sensi turba 

M 4 



il 4 Tid aide di Stazio 
De 1' incetto Creonte ; errando a caso 
Va la pietà fra i due timor* discordi • 
Ma la Parca lo sforza, e fa» che il creda: 

Intanto Capando torbido , e audace '„ 
I Titj assale' da le porte usciti 
In campo aperto a guerreggiar co' Greci • 
Ora le corna de' cavalli > ed ora 
Le squadre de i pedoni urta , e scompiglia : 
Gli aurighi abbatte , e mette in fuga i carri» 
Che passan sopra i condoteier* giacenti ; 
Or 1* alte torri indebolisce , e scuote , 
Lanciando spessa grandine di sassi : 
Fuma nel sangue, e gli ordini perturba: 
Lancia piombi volanti , e nuove piaghe 
Piove sopra i Tebani : os vibra in alto 
Con tutto il braccio fulminando i dardi* 
A là cima de i muti asta non giunge, 

uora non abbatta , e non ricada al suolo- 
Di fresca strage sanguinosa» e tinta. 
Ne* già più sembra a. la falange Argiva» 
Che Tidco manchi loro > o Ippomedonte y 
O il prisco vite > o T Arcade garzone'? 
Ma par, che in lui tutte sien V alme accolce 
Di canti eroi j così per tutti adempie • 
Non età , non splendor , non vago aspetto 
-Muovono il fiero cuor : dei pari ei fere 
Chi combatte, c chi. prega. Alcun non osa 



tized 



L i a * o X. i9f 

Di stargli a fronte , e di remar la sorte j • 
.Ma ce mon di lontan del furibondo 
L'armi , le creste , e ,1' orrido cimiero , 

In patte eletta de le Patrie mura . 
Permessi intanto Menecco pietoso 
Già sacro ne T aspetto * e Venerando , 
Ed in sembianza , oltre 1* usato , augusto § 
Qua l se da gli astri pur a Ilor scendesse . 
F gii deposto l'elmo, e a tutti 'noto, 
D'alto mirando le guerriere squadre, 
Mise uno strido, e in se rivolse il campo > 
E tregua* impose si li battaglia, e disse; 

Numi de i V armi , e tu , che a me concedi 
Cader di si gran morre, amico Apollo, 
Quelle , che patteggiò , gioja , e riposo , i 
E che comprai con tutto il sangue mio» 
Dan a te a Tebe . Hi volgete indietro 
V orrida^ guèrra , e le reliquie infami 
Iberna vinta ne accolga, ed il superbo 
Inaco aoborra i figli indegni, il tergo 
Impressi di bruttissime ferite . 
Mt cw, v> campi , tempj,.e moglie, e figli 
Da * e t^j^ebani di mia morte in prezzo» 
Se ubbiditile vittima a voi piacqui > Ji^c 
Se del gran tate 4t risposte aerisi 
Con intrepido oricelo , e l'eseguii , 
Tebe non io credendo: al Patrio suolo 



« ■- - — 



I TtflAiDE di Stazio 
Per me rendete la mercè , eh' io chieggio , 
E mi placate ii genitor deluso . 
Si disse > e l'alma geoerosa, e schiva 
Già di sin spoglia , e di più star rinchiusa, 
Impaziente in libertà ripose 
Con il lucido acciaro al primo colpo . 
Di sangue asperse i muri, c l'alee torci, 
£ si lanciò rra i combattenti in guisa > 
Che andò a cader su gli odiati Argivi : 
Ma pietà, ma virtude *lto su Tali 
Bortaro il corpo, e lo posar© in terra : 
E già io spirto sta di Cfiore al trono , 
Ed ha fra gli astri [a primiera sede. 
Senza contese si riporta in Tebe 1 
Il magnanimo eròe : cederò i Greci, 
Venerando il gran fatto . A lunghe file 
Vien ricondotto su gli altieri Volli 
De i giovani più scelti. Il vulgo applaude, 
£ fra gi' inni , e fra i canti , e i lieti -gridi 
Maggior di Cadmo, e d* Arrfion l'appella. 
Alt et l'ornati di -serti , altri di 'fiori 
Sp argon le membra * c 1" onorato corpo 
Ripongono <Je gii avi 'entro la -tomba . : 
Dato fine a le lodi , in guerra riedono., 
Ma' il miserabil genitor , che l'ira 
Conversa Jw in lutto, piange , ed a la madre 
È dato al fise il piangere > e il dolersi i 



L i b r o • Xj v i«r 

Io dunque ti nudrii , garzone invitto , . 
Quasi madre vulgar, vittima a Tebe, 
E capo sacro a la comun salute > 
E che mai feci? E perche i Numi in ira 
M'hanno cotanto? Io gii d'impure fiamme 
Non arsi, o al figlio partorii Depoti . 
Ma che mi giova , se Giocasta i suoi 
Parti ancor mira, e capitani, e regi? 
Noi diam l'ostie a la guerra, ( e tu l'approvi 
Crudo Tonante ) perchè i rei fratelli 
Seme d' Edippo cangia serto, e regno. 
Ma perchè i Numi incolpo ? Ah che a la madré 
Tu affretasti il morir: crudele, 
E d' onde in te questo desio di morte ? 
Qual , Menecèo , dirò furor t* invase ? 
Qua! io mi partorii per mia. sciagura 
Figli da me diversi , e appunto secsi 
Dal dragone di Marte , e da la terra , 
Onde usci l'avo di nuov' armi adorna; 
Quinci l'alma feroce , e il troppo ardire > 
Che racchiudevi in sen.- tu da la madre 
Nulla traesti . A . volontaria morte- 
Ecco tu corri , e de le Parche in onta 
Scendi immaturo infra là pallid' ombre • 
Io per te ben temea gli Argivi , e l' aravi 
Di Capanèo : ma questa stessa mano > 
Lp stessa ferro , che a te , folle , io diedi , 



1 1 1 Ti » ai de di Stazio 

Questi erari da cerner : misera i come- 
1' hai fino a 1* elsa né la gola immerso I 
Non c'avrebbe il più barbaro tra i Greci 
Di più profonda piaga il seno aperro. 

Non darà fine a le querele , a i pianti 
Quell'infelice, onde assordava il cielo.' 
Ma le arniche, e le ancelle il suo dolore 
Van consolando , e suo malgrado , al fine 
La riconduco» nel rinchiuso ostello. 
A terra siede, lacerando il Volto, • 
Né ascolta i detti , e non riguarda il giorno** 
Ma i lumi tiene affissi al suolo , e immoti * 

0 

Tale in Scitica grotta immane tigre , 
Cui furò i figli il cacciatore alpestre, 
Giace lambendo il tepido covile , 
£ l' ire scorda > e il natur§l furore , 
£ la rabbia , e la fame > armenti , e greggi 
Passan sicuri/ essa sei vede , e stassi. 
£ a chi colmar di nuovo latte il seno > 
£ chi portar la conquistata preda? 

D'armi , d'aste, di trombe, e di ferite? 
Basti fin qui : di Capando il valore 
Or conviensi innalzar sino a le stelle: 
Non basta a canta impresa il Plettro usato . 
Uopo è di maggior suono , e che in me spiti 
Nuov* aura > nuovo spirto , e maggior fuoco 
Da le selve d* Aonia , e il scn nY. accenda • 



Libro X. itj 
Su tutte , o voi Casce canore Dee , 
Su tutte , meco osate , e al gran soggetto 
Uniam le trombe , e solleviamo il canto . 

O quel furor dal cupo centro uscio 
Del baratro profondo , e contra Giove 
Di Capanco seguendo il gran vessillo , 
* Kapiron V armi le tartaree suore : 

O la virtù trapassò il segno , o il spinse 
Gloria precipitosa,* o con la morte 
Prezzo merco d' immortai fama , e grande : 
O che lieti principj hanno i disastri : 
O lusinghiere son l'ire de i Numi. 

Sdegna* il feroce ornai terrene imprese » 
Nausea l'immensa strage: e già consunte 
L'aste greche, e le sue, lo sguirdo innalza 
Torvo, e con stanca mano il cicl minacciai 
Indi aereo cammin di cento , e cento 
Gradi fra due gran piante affissi , e immoti 
Alto «sostenta , onde varcar de i venti 
Osa gli spazj , e penetrare ;n Tebe. 
Squadra con gli occhj da la cima al fondo 
L'eccelse torri , e orribile in sembianza 
Di secca quercia accesa face scuote . 
Ne rosseggiano l'armi, e ne lo scudo 
Ripercossa la fiamma, acquista lume. 
Questo è , grida , il sentier , per cui mi sforza 
La virtude a salir là , 've del sangue 



» I 

■ 

I 

tf 0 Tb*AIDE DI $TAZlt> 

Ci Minccco son V aite mura «parse . , 

Ora vedrem , se a lor salute giovi 

Il sacrifizio, o sia fallace Apollo. v 

Si dice,) e «ale, e su i ripari vinti , 

Trionfarne paleggia . In. cotai guisa ^ 

GÌ* immani figli d* Aloo tremendo 

Giove miro , Quando a far guerra ai Numi > 

Sovra se stessa s' innalzò la Terra : 

Kè Pclia era ancor giunto / e gii toccata 

•Le timorose sfere Ossa sublime . 

Ne V estremo periglio de le cose , p 
Attoniti i Tebani, e timorosi, 
Qual te l'ultimo eccidio, e se Bellona, 
La man di face armata, entrasse in -Tebe 
Abbattendo , e struggendo altari , e ; temp] > 
Piovon sopra $ lui da i tetti a gaca 
Immense travi , e smisurate pietre , 
E forni globi da le frorobe usciti . 
(Perocché quale nel vicin conflitto 
Puot* esfer luogo a le. saette , e . H i dardi ? ) 
Impazienti d' atterrarlo , in guisa 
Versan l'infere moli, e le carriere 
Macchine ispesse. Egli sicuro vassi , 
E di colpi percosso il tergo , e il petto , 
Ei non s'arrestai ma per l'aere ascende 
Sterro si , qaal se potasse in terra , 
Ed entra al fine con mina estrema . 



Tal eoa assidui flutti a ponte antico 
Assalto muove impetuoso fiume , 
Treman le travi, e sveki i sassi cadono , 
Ed ei con maggior impeto l'incalza, 
E preme , e scuote : alfin 1* inferma mole 
Svelle , e seco la tragge , e vincitore 
Respira , e corre più spedito al mare . 

Ma poi che totreggiò su 1* alte mura , 
E sotto i piedi rimirossi Tebe , 
E tutta oppresse la città dolente 
Con 1* ombra immensa del feroce corpo » 
Cosi rampogna gli atterriti cuori : 

Son dunque , sono le Anfionie rocche 
Deboli tanto? Oh vostra infamia eterna! 
Son dunque queste le incatenate pietre , 
Che menar danze al suon d'imbelle canto? 
Son questi i vostri favolosi mari * 
Che graade impresa é l'atterrar ripari, 
Di fragil lira a 1* armonia contesti I 
Cosi insultando il passo avanza , e abbatte 
E moli , e tavolali , e ponti , e scioglie 
Le compagi de' tetti > e i tetti atterra.- 
I macigni ne prende , e li rilancia 
Contra i sublimi tempj , e l'alte torri, 
E Tebe pur con Tebe appiana, e strugge, 

Fre mon fra ior discordi intorno a Giove 
Intanto i Dei Tejjaoi, c i Numi d'Argo. 




* • 



19% Teb aide di Stàzio 

Gii sod vicini- -a 1* ire ; a tatti eguale 
Li mira il sommò Padre» ed egli solo . 
Li tiene a freno. Geme Bacco , e duolsi • 
La madrigna 1* osserva , e torva guata 
Il Tonante marito. Oy # è (die egli) 
Tua mano onnipotente ? Ove le fiamme 
De le mie cune, e il fulmine ritorto * 
11 fulmine dov'i? Si lagna Apollo. 
Che cadan da se eretti e tempj , e case S 
Stassi con i' arco teso incerto Alcide 
Tra Lerna, e Tebe da qual parte scocchi 
L' alato cavalier d* Argo materna 
Sente pietade : Venere deplora * 
D' H armo ni a il sangue /e sta in disparte, e 
Il geloso consorte, e Tira ascosa 
Palesa a Marte con furtivi sguardi : 
Sgrida gli Aonj Dei Tritonia audace t 
Giunon sta chetai rea il silènzio amaro, 1 
Scopre il furore , che nel sen racchiude . 
Gli sdegni lor, le lor contese a Giove 
Non giungono a turbar l'eterna pace j. 
E gii tacean le risse s allo* ch'ai cielo 
Giunse di Capane» P orribii voce: 

Numi ( dicea) non vt ha, chi la difesa 
De la citta tremante in cura prenda? 
£ dove siete , de i' infame Terra 
Bacco ! ed Alcide cittadin/ codardi r 



t< - 



D igitized by Got)gle 



Libro X. 193 
Ma perchè i Dei minori a guerra sfido? 
Vieni tu stesso, o Giove,- e chi più degna 
È di pugnar, con noi? Vedi, io già premo 
Di SemeJe Je ceneri , c i' avello . 
Or ti risenti , e conerà me fa pruova 
De le tue fiamme. O in atterrir donzelle 
Solo sei forte, e in penetrar di Cadmo, 
Suocero indegno, il violalo albergo! 

Avvampar' d f ira i Numi; udillo Giove, 
E sorridendo crollò il capo, e disse; 
Dopo io scempio de* Giganti in Flegra > 
Coranto orgoglio in mortai petto vive? 
È dunque, d* uopo fulminar te ancora ? 
Stangli d' intorno i Dei sdegnosi , e lento 
Lo chiaman tutti, e le saette ulerici 
Chiedono a prova : non ardisce Giuno 
Confusa , e mesta ai crudei Fato opporsi . 
Senza il segno aspettate , il ciel turbato 
Lampeggia , e tuona , e gii le nubi insieme 
Vanno a trovarsi , e non le spinge il vento , 
E già i nembi s' addensano . Diresti 
Le tartaree carene avere infrante 
lapeto , ed alzar contro le stelle 
Inarime già Vinta il capo altero » 
Ed Etna vomitar turbini ardenti . 
Si vergognino i Dei del lor timore . 
Ma in cotanta vertigine del mondo , . . 

Teb. di St*z< Tom. II* N 



1*4 Tt&AlDE DI Srxzto 

Vedendo un uom pieno d'orgoglio^ e d' ivi 

Star cootra loro, e disfidarli a guerra, 

Maravigliando stan taciti , e mesti , 

Né de lo stesso fulmine han fidanza. 

Già sordamente su i* Ogigia torre 

Muggiva il cielo , e stava involto il sole 

Entro cieca caligine profonda : 

Ma non teme il feroce, e afferra» s scuote 

Le mura, che non vede, e quando i lampi 

Squarcian le nubi , e il fulmine discende : 

Questi ( grida ) son ben fuochi più degni 

Per arder Tebe, e di mia .stanca face 

Per rinforzar la moribonda fiamma : 

Giove allora tuonò da tutto il cielo , 

£ scagliò il fatai fulmine trisulco . 

Primo lungi volò V alto cimiere ; 

Poi io scudo abbronzato a terra cadde, 

£ V indomito corpo c tutto fuoco . 

Bitiransi i guerrieri , è da qual parte 

Cada , non sanno , e con le ardenti membra 

Qaai schiere opprima. La celeste fiamma 

Sent eì, che gli atde il petto , e l'elmo , e il crine. 

Con disdegnosa man sveller 1* usbergo 

Tenta , e sol trova cenere , e faville j 

£ pur sta ancora , e il viso ergendo in alto, 

Spira .contro del ciel T alma sdegnosa : 

Per non cadere , a 1* odiate mura. 



L i fi r o X. 13) 
Appoggia il petto > e le fumanti membra: 
Ma queste membra al fin disciolte in polvé 
Lasciano in libertà lo spirto immane . 
» Poco più , che a Cader tardato avesse , 
,> Meritato iitìà il fulmine secondo. 



i 



\ 



> • 



>» « ' . • » \ 



- V 



N » 



« ■ 

L I B R O XI. 



POichè tutto il furor d'empia virtude 
Consumò il fiero Capanco , spirando 
Il ricevuto fulmine , e del fuoco 
Vendicatore lungo orribil solco 
Segnar' nel suolo le cadute membra; 
Il turbamento de le sfere , e i moti 
Placò Gioye col cenno , e con un guardo 
Serenò il cielo , e rese il lume al sole . 
Se n* allegraro i Dei seco non meno > 
Che s* ei da Flegra ricornasse ansante , 
E vincitor con tutto 1* Etna il fiero 
E fulminato Ercelado premesse^. 
Orrido in volto ci giace al sen stringendo 
Un grave masso di caduta torre -, 
Ma lascia dopo se di grandi imprese 
Memoria eterna , e degna ben , che Giove 
D' averlo vinto si compiaccia , e vanti . 

Quale , e quanto si stende il fiero drudo 
Violator de V Apollinea madre * 
Se dal petto calor sospesi in alto 
'Stanno gli augelli , hanno terror mirando 
Le immense membra > mentre al credo pasto 
Riproduce le viscere infelici i 



i ì 



Diqitized by Google 



L I B K O XI. 19T 

Tal«s e cotanto Capanco prostrato 
L'inimico terreno ingombra, e adugge > 
Col sulfureo vapor del divin lampo. 
Tebe respira , e il supplichevol vulgo 
Sorge da i rem pj : dassi fine a i pianti > 
Cessano i voti e fatte già sicure 
Depongono le madri i dolci figli . , 
Van per il campo dissipati , e sparsi 
I Greci intanto : non le turme ostili > 
Non mortai ferro è , che li caccia . Irato 
Veggonsi Giove innanzi : a ciascun sembra 
Sentir su Telmo, o dentro il ferreo arnese 
La fiamma, il lampo, la saetta, il tuono j 
d'incalzano i Teban*, l'ira, e il tumulto * 
Del cielo irato in lor favore usando . 

Così talor fiero leon Massile , 
Se fatto scempio de* pili forti tori, 
Sazio sen parte ; da i lor antri in frotta 
Corrono gli orsi , ed i voraci lupi 
Sicuri a divorar la preda altrui. 

Da una parte li preme Eurimedonte 
Di rustie* armi adorno # Agresti dardi 
Impugna , e mesce rusrical rumulto , 
Del padre a guisa, ed il gran Panéilpadrev 
Da l'altra parte superando gli anni, 
li leggiadro Alatrèo gli Argivi incalza , » 
£ del giovane padre egli fanciullo : j 

/- 

N i 



S 



Digitized by Google 



jpt Tbbaide pi Stazio 
Eguaglia la virtuiie * arabi felici ; , - 
Ma più felice il genitor , che cale 
Sei vede a lato, e non sai bea ne l'arnii 
Chi più risuoni, o con più forte braccio 
Chi l'aste vinti , ed i volanti ^ardi . - 
Fuggono i Greci in un raccoki , e stretti, 
E fassi angusto a tanta fuga, il vallo . 

Quali mai volgi , o Marte, aspre vicende! 
Ecco costor , che le Anfionie mura 
Sallan poc' aozi, spaventati, e rotti 
Difènder ponno i lor ripari appena . 

Cosi riedon le nubi, e cosi i venti 
Piegan di qua , di li le bionde ariste , 
E cosi copre il mar d'onde l'arena, 
Cosi la scopre , in se volgendo i flutti . 

I giovani Tirintj imitatori 
Del cittadin lor Nume , armati il tergo 
Di pelli di leon , cadon fuggendo : 
Alcide freme in rimirar da 1' alto 
De la belva Ncmca squarciato il dorso 
Di brutte piaghe , e per lo campo sparse 
Pari a le sue giacer faretre, e clave. 
Stava d* Argiva torre in su le, soglie 
Enipeo avvezzo con guerriera tromba 
A concitare a le vittorie i greci ; 
Ora con più util suono a la raccolta 
Ql'invita , e chiama nel munito campo* 



Libro XI. 
Ecco uno strale il coglie > e la sinistra 
Mano a t arecchio inchioda; in aura sciolta 
Lo spirto fugge 5 ma il rinchiuso fiato 
Nel ritorto oricalco il suono adempie . 

Ma ne le sceleraggini ^potente 
Te sifone crude 1 , che già nel sangue 
De le due genti esercitare ha i* ire ; 
Con la tromba fraterna > e col duello. 
Finir risolve la spietata guerra ; 
Nè crede bastar sola al gran delitto , 
Se da 1 inferna sede a se non chiama 
In soccorso Megera > e d' ambi i crini ^ 
Non siati congiunte le propinque serpi. 
Dunque in remota valle il passo arresta, 
£ scara il suolo col tartareo brando , 
Ed a nome ia chiama» e il maggior angue 
In alto ergendo del vipereo crine 
Sibila, e stridei orxibil segno, e certo» 
A cui mai sordo non mostrossi Averno • »\ 
Al subito fragoft tremar* le sfere > 
La terra > e il mare ; e pur di nuovo Giove 
A la fucina Etnèa rivolse il guardo. 
Udì Megera il suono. Ella si stava 
Del suo padre Acheronte in su la sponda » 
Mentre di Capanèo le furie , e V ire 
Colmavano d'applauso i Numi inferni, 
E spegnea l'ombra spaventosa il fuoco. 

N 4. 



» 



I 



I 

\ 



too TeSaide di Stazio 
Ne l'onda Scigia del celeste dardo. 
Squarcia V oscuro chiostro, e fuor si mostri: 
Respirali 1' alme , e quanto al suo partire 
Scema d' orrore al tenebroso Inferno , 
Tanto manca quassù di luce al giorno . 
Tesifone 1* accolse , e V empia destra 
A lei porgendo , favellò in ral guisa: 

Potei fin . qui del sommo padre inferno , 
Germana, sostenere il grande impero, 
E gì' imposti furori io sola in terra 
Del mondo esposta a V odiato lume , 
Mentre voi neghittose i muti Elisj ■< 
Reggete, e l'ombre facili, e ubbidienti. 
Mira di quante stragi è pingue il suolo , 
Di quanto sangue fetvon fiumi, e laghi, 
Quante vanno alme erranti a Lete intorno ; 
Tutte son opre mie . Ma che mi vanto 
Di si volgari imprese ? Abbiale Marte , 
Abbiale Em'o , che importa? Un fiero duce 
(Certo so ben, che ne 1' Interno suona 
Di ciò la fama ) tu pur or vedesti 
In torvo aspetto, da l' immane bocca 
Stillar putrido sangue : io quella fui > . 
Che il tronco teschio a manicar gli porsi ; 
Lo strepito , e il furor del cielo irato 
Guati non ha , fin ne gli abissi e giunto . 
Un capo a me già sacro il fiero 



Digitized by Google 



l i é k 9 XÌ. tot 
Minacciata i\ quel punto . Ed io fra 1* armi 
Del furibondo eròe schernia gli sdegni , 
E le guerre de i Numi , e mi ridea \ 
Del fulmine di Giove, e de* suoi lampi: 
Ma ti confesso t o suora > al lungo affanno 
Langue V ardire , e già la destra Jio stanca* 
Scema 1* infernal face^ al cielo apetco , 
E il troppo lume ha di sopore oppresse 
Mie serpi avvezze ae 1' eterna notte . » 
Tu, che ancor serbi i tuoi furori ime». 
Le cui ceraste di Oocito a 1' onda 
Si dissetaro , e rinnovaro il tosco , . 
Tu mie forze ristora, e a me t'unisci* 
Non le solite schiere , e non di Marte 
Le usate pugne prepariam : le spade > 
(In van pietade , invan la fe si oppone ) 
Concitar ne convien de i due fratelli ; 
Spingerli al reo duello . Enorme, grande, 
Malagevole impresa l E pur non temo : 
Oli odj loro , i furor'ydaranci ajuto . v. 
Perchè sospesa stai? Su via, ti scegli 
Qual de i due più t' aggrada : .ambi son nostri, 
Ambi facili, e pronti a i nostri cenni. . 
Ben ne poni a n tardar gli empj consigli 
Il vulgo incolto , e la piangente madre , 
E d* Antigone i preghi, e il parlar blaotlo. 
Lo stesso Edippo, che invocar solca 



zot Tesaide di Stazio 
Le nostre Parie a vendicar suoi lumi! 
Or si ricorda d' esser padre , e piange 
le sue sciagure in solitario, luogo- 
Ma perché tardo io stessa a V empia Tebe 
Precipitarmi, ed a le note case? 
* Tu prendi cura del ramingo , e sprona 
I/Argolico delitto» e attenta osserva, 
é Che Ja plebe Lernea , che il mite Adrasto 
Non ti facciano intoppo . Or parti , vola , 
E torna a me nemica al gran duello . 
Gli empj uffizj tra lor cosi divisi 
Per diverso carnmin presero il volo , 

Tal da li due del mondo estremi poli 
Muovono Borea, e Moto aspre procelle, 
V un da i monti Rifei, l'altro da T arse 
Libiche arene: e fiumi, « mari, e selve • 
Fremono al gran fragore, e nubi, e nembi. 
Piange de V anno la matura spene ' 
L'agricoltore, e il conosciuto danno: 
E pur nel suo dolor viepiù gli duole 
Mirar le navi, ed il nocchier* sommersi . * 

Ma poi che Giove rimirò da V alto 
L'enormi Dire funestare il giorno, 
E di sanguigne macchie il sole asperso , - 
Con turbato sembiante a i Numi disse t 

Mirammo , o Dei , fin che ci fu permesso* 
Le usate pugne , ed i furor di Marte , 



Libro XI. 103 
Quantunque un empio, osò contro me stesso 
Di muover guerra, e per mia man sen giacque , 
Or si prepara fra due rei fratelli , 
Infame coppia , scelerata pugna, 
Ne pria veduta su la terra unquanco • 
Volgere altrove il guardo, c senza i Numi 
Osin tentar Y iniqua impresa , c resti 
V orrido' fratricidio ignoto a Giove, 
Pur troppo vidi le funeste mense 
Di Tantalo , e mirai gì* iniqui altari 
Di Licaone , e da Micene il carro 
Volgere in fuga spaventato il sole . 
Ed or di nuovo ha da ecclissarsi il giorno. 
La caligine inferna abbiasi il suolo * • 
Ma ne sian mondi il cfcld > e i Numi eterni , 
Né coranta empietà mirin d* Astrea 
Le pure stelle, nè i Ledei gemelli. 
Cosi parlò l'Onnipotente Padre, 
E volse gli occhj da 1" infame campo , 
Privando il mondo dei suo dolce lume . 

Già per lo campo*, e per le tende Argivi 
La vergine crudel d* Èrebo figlia 
Ih traccia va de 1' esule fratello. 
Il ritrovò lungo le porte, incerto 
Se con la morte , e con la- fuga a i mali 
Il fine imponga, e pien d' augurj infausti* 
Poiché, mentre pei campo errando giva 



DI STAZfO 

Povero di consiglio , e i casi estremi 
Volgendo in mente , de la moglie Argia 
Veduta avea la sconsolata immago , 
C9n tronca face a lui mostrarsi innanzi y 
(Tali de i Numi sono i segni, e tale. ' 
Gire al marito ella doveva in questa 
Misera pompa, e con si mesta fiamma) 
t mentr' ei le chiedeva, ove sen gisse, 
Ed a cjual uopo in si funesta guisa , 
Sol rispose col piantò , c in altra partd . 
Volse la mano , e i moribondi fuochi / 
Conosce ei ben , che sono larve , e sogni ; 
Perchè come cosi sola, e improvvisa 
Partirsi d'Argo , e penetrar nel vallo'? 
Ma del Fato la voc*. e la vicina 
Morte egli sente j e perchè teme , il crede é 
Ma poi che V empia figlia d' Acheronte , 
Tre vòlte a lui con la viperea sferza . ; * 
La corazza percosse , in tutto privo 
Di consiglio /e di senno,, avvampa d'ira? . 
Ni tanto pensa a raccostare il regno, 
Quanto a le seccaggini , a le stragi, \ 
Ed a lavarsi nel fraterno sangue, 
E a cader sopra lui. Corre ad Adrasto y 
E in cotai sensi torbido favella: 

Tardi, e de* miei compagni unicò avanzo * 
E de la Greca gente , amato padre , 

■ 

Digitized 



k Libro XI. ioj 
Prendo consiglio a i disperati casi . 
Ben io dovea, prima, che il sangue Argiyo 
Fosse ancor sjìsiso, a volontaria pugna 
Offrirmi solo, e non esporre a morte 
Tanti invitti guerrieri, e dì tai regi 
V anima grandi , e per ornarmi il crine 
Di corona funesta a tante genti . 
Ma poi eh' aspra virtù mi spinge , e sforza, 
Siami or permesso Je dovute pene 
Pagar almcn . Queir infelice io fui, 
(E ben lo sai, ma per pietà mi celi 
Le tue ferite, il tuo dolore intorno) 
Io quello fui, che, mentre tu reggevi 
Con dolce freno di giustizia , e pace 
I popoli soggettiate dal regno, ' 
Te da la Patria feci andare in bando. 
Deh perchè almeno il mio crudel destino 
Ospite non mi spinse ad altre terre ! 
Or prendine il castigo . Il mio fratello - 
( Che inorridisci ? il mio voler è fermo ) 
Chiamo a mortai duello . Invan mi tieni \ 

j noi potrai . Non se la madre 
Squallida', e mesta, e le infelici suore 
Opponessero il petto in meazo a Tarmii 
Non se frenarmi il cieco padre ardisse, V 
E mi fissasse in fronte i lumi spenti, 
Non cesserò ; forse degg' io 1* estremo 



* r 



iof Teb a/de dì Stazio 

Bevcr del sangue Greco? E a mio profittò 
JJsar le vostre stragi ? Io ridi aperto 
Il suol, ne mi lanciai ne la vorago ; 
Io colpevole feci il gran Tidèo, 
E il vidi estinto, A me il suo re domanda 

- , r .. .... - - ;J 1 WU 1 , ' 

Parrasj urlando va 1* afflitta madre : 
Io non seppi cader ne i procellosi 
Gorghi d* Ismèno, allor clic Ippomedonte 
Del suo sangue lo tinse , e non osai 
Salir fra i tuoni V alte torri , e i mici 
Turori unir dì Capanèo a i furori: 
£ perche mai tanto timor di morte? 
Or si compensili le passate colpe . 
Vengati tutte a veder le greche madri» 
E le vedove spose , e i padri antichi , 
Cui tolsi ogni piacere , e per me spenti 
Restai' le case; io col frate 1 combatto. 
E che più resta? Mirinole coi voti 
Preghiti vittoria a l'emulo germano. « 
Addio dunque consorte , addio Micene 
Sì cara un tempo, e tu diletto padre: 
( S* egli e pur ver che dr cotanti danni 
Solo in colpa non fui , ma peccar' meco 
le Parche, e i Numi ) pei mio cener freddo* 
Abbi pietadc , è la mia esangue spoglia 
Tolta a i rapaci, augelli, ed ài fratello ✓ 



Digitized by Gorogle 



Libro XI. iòf 
Riporta «indietro , e la rie Mudi in urna . 
Questo sol «hieggio , e 1« tua figlia poi • 
Ad altri dona con miglior destino. i 

Gii tutti intomo si scioglieano in pianto; 
Siccome alior che le Bistonie neri 
Sciolgonsi a i lunghi soli, Emo rassembra 
Liquefatto scemarsi , ed in più riri 
Scendere al piano Rodope diviso. 
Già con placidi detti il re canuto 
Cominciava a placar 1* alma superba ; 
Ma con nuoto terror la sanguinosa 
Juria ruppe i discorsi, ed in sembianza 
Di Perinto scudier V armi fatali , • 
E il veloce corsier tosto gli offerse, , 
E chiuse l'elmo, ed il parlar n* escluse* 
Indi soggiunse : a che più far dimora ? 
Su via, t' affretta : in su le porte stassi 
Il tuo fratello, e te disfida, e chiama: 
Così, vinto ogn' intoppo, in sul destrjerd 
Lo sbalza. £i corre per l'aperto piano 
Pallido > _e a tergo si rimira V ombra 
De la -Dèa i che l'incalza, e che lo preme, 

Intarttoualt*£e de la Sidonia gente- 
Vane grazie Jtéttdc va al gran Tonante 
Per la dovuta folgore , credendo 
Dai fatai colpo disarmati i Greci: - ; 
Non Giove al Sacrifizio, e non i JMami - 

ì ■ • ^ 



IO 8 TE3AI0S DI STAZIO 

Furon presenti. A i trepidi ministri 
Mista la Furia, profanò gli altari > 
Usurpò i voti , e li rivolse a Dite . 
O Supremo de i Numi (il re dicea ) 
cui Tebe deriva ( ancor che avvampi 
Argo ch'invidia, e Ja crudel Giunone) 
Fin da quel di , che rapitor turbasti 
Le Sidonie carole, e a la fanciulla 
Di nostra genre supponesti il dorso >*> 
Dando finti muggiti in mar tranquillo ; 
Ne contento di ciò, ne*Cadmei»tctri ^ 
Nuova moglie sceglievi , e fulminante 
Pur troppo entrasti ne le Tirie case j 
Benigno al fine il suocero, e le mura 
A te dilette rimirasti, e tuoni 
Di Tebe difensor con tutto il braccio > 
Com,e se al cielo ruo si desse assalto , 
Tu fulmini poc'anzi, e nubi, e nembi, 
Per noi salvar, movesti: e le tue fiamme 
Gli stessi fuochi riconobbe Tebe , 
Che con terrore i nosrri padri udirò. 
Or prendi in sacrifizio il gregge, e il rora 
A te svenato , e gli odorosi incensi : 
Ma non e già però mortale impresa,, 
Renderti grazie al benefizio eguali • 
Te le rendan per noi Bacco , ed Alcide » 
E ad essi, o Giove, queste mura serba, . 



Digitized by Goo^I 



Libro XI. 

Menu' ci ragiona , esce dal fuoco un vampo* 
Orrido ,■ e nero > che gli fere' il viso , 
£ atterra il regal setto » e lo consuma : 
Prima del colpo , di rabbiose spume 
Il fiero roro sporca il tempia, e fugge 
Rompendo il cerchio , e con T insano corno 
L'alrar percuote, e- il sacrifizio turba: ; 
Fuggono i servi , e il sacerdote solo 
Il re consola, ed ostinato impone, 
Che si rinnovi il sacrifizio , e cela 
Sotto forte sembianza il cuor dubbioso'. 

Tale su V Età il glorioso Alcide , 
Benché sentisse in sen V occulto fuoco > 
E stargli a 1* ossa affisso il reo veleno 
De la biforme spoglia ; invitto , e forte 
I>ié* fine al voto , ed offerì gì' incensi . 
Ma poi che Nesso vincitore il fine 
Serpendo al cuor gli . giùnse ; «un alto strido 
Mise , e &' tutto rimbombare il monte • 

Ma lasciata la porta a lui commessa 
Eplto corre ansante si , che appena 
Può avere il fiato > e in male intesi accenti 
A l' attonito re cosi favella : 

I voti lascia , e il sacrifizio rompi , 
Che fuor di tempo a i sotdi Numi fai. , 
Gira a le mura intorno il tuo fratello 
Su feroce destriero', e l'alte porte 

Tib. di Staz. Torà. II. O 



lift Tibaide m Stazio 
t he V asta insulta, e te chiamando a nomcv 
Te ad alta voce a mortai pugna appella. 
Piangoligli dietro i suoi seguaci, ed ambi ' 
Gemono i campi , e fan rimbombo , e suono 
D'armi percosse. Ahi qual errore • adunque 
Un fratel l'altro sfida? Adesco è H tempo % 
Ora il fulmine tuo fora opportuno, 
Sommo Rettor de i Numi. £ qual delitto 
le* Capanéo più orribile di questo ? 

A cotant- odio inorridissi . ed arse 
Il re di sdegno, e parte in mezzo a Tira 
Senti piacere del furor fraterno. 
Tale il giovenco vincitor, se ascolta, 
Dopo lungo riposo, il fier rivale 
Muggir da lungi, e minacciar vendetta, 
Sta innanzi al gregge, e sbuffa d'ira,, c freme, 
E versa ardenti spume, e il suol percuote .1 
Gol biforcuto piede ,*e 4' aria vana. 
Col corno fere. N' han terrore i campi* 
E le giovenche tiroide si stanno 
Ad aspettar de la battaglia il fine.' 

Molti dicono al ( re: lascia, «he insulti 
Invan le mura, c disperato ; e vinto 
Osi cotanto; a i miseri sol giova l 
Gire incontrò a i perigli, e con la speme 
Non librare la tema, ed i sicuri ~ 
Consigli odiare , ed abbracciar gli estt*mi i 



t 

i 



Digitized by 



L I B K O XI* li 1 

Sta fermo , e fida nel tuo trono : a noi 
L'armi commetti, e fughercm gli Argivi. 

Cosi dicean : ma pien di lutto, c d'irai 
Ed a parlar con libertà di guerra 
Del rutto accinto, ecco sen vien Creonte. 
Gli rode il riero cuor la rimembranza 
Di Menecéo : nulla del padre afflitto 
Può sedare la pena: a lui sol pensa, 
Lui con la mente abbraccia , e ognorgli sembra 
Vederlo tutto del suo sangue asperso 
Da la torre lanciarsi. Onde sdegnoso 
Ad Eteòcle , che s.ta ancor sospeso : 

Tu pure andrai ( diss' egli ) o del fratello, 
E de i duci il peggiot^ senza vendetta 
Noi sorTrirem , che tu d! nostre stragi 
Goda , e de i nostri pianti , unica , e infame 
De le Furie cagione , e de la guerra ? 
Assai per te pagare abb'iam f! pene 
A i spergiurati Numi . Una cittade 
D' armi potente , e di ricchezze , e piena 
Poe' anzi pur di cittadine turbe ; 
Tu distruggesti , d* atra peste in guisa 
Dal ciel discesa, e di nemica fame» 
E cosi vota ancor 1 adombri , e premi ? 
Manca la plebe al giogo: altri insepolti 
Giaccion privi $ fuoco , altri nel mare 
torto T Ismcno , altri le membra troncac 



| I t TlBAXDB DI STXZlà 

Van ricercando : le profonde piaghe 
Altri curando van laceri , e infermi . 
Rendi , crudele , i figli a i padri : rendi 
li fratello al fratello : a i tetti , a i campi 
Rendi gli jabitator' , rendi i bifolchi . 
E dove è il grande Ipsèo? Dove Driante? 
Dove r armi di Focida sonora , 
E 1* Euboichc falangi ? , In giusto marte 
Quelli caddero almen : ma tu , mio figlio , 
Vittima giaci de l' infame regno 
D' agnello in guisa . Oh mia vergogna , e scorno I 
Tu con ,rLco crudele a l Numi offerto , 
Qual primizia a la guerra , e dato a merte 
( Misero 1 ) fosti , e costui tarda ancora ? \ 
E v' è chi '1 chiama ? E di pugnar ricusa ì 
£or«e r empio Tiresia altri per lui 
Vorrà che vada ? E i vaticinj infami 
Cercan forse di* nuovo i pianti miei? 
Fuori d' Eanòne , e eh* altro a me più resta * 
Manda questo in tua vece , e tu sicuro 
Mira da un'alta totre il suo periglio. 
E perche fremi ? E perchè guardi in volto 
La servii tuiba , eh* hai d' intorno ? Chiede 
Ella , che tu scenda a la pugna , e paghi 
le meritate pene : anche la madre , 
Anche le tue sorelle in odio t* hanno : 
E «Tira acceso l'esule germano . . 

- 



Libro X2. *i 
1 Armi minaccia, e murre -, e è de le soglie 
Spezza i ritegni ; e ca sei sordo , e lene 
Cosi Creonte, e d'infelice sdegno 
Smaniava furibondo. Ai fieri detti 
Cosi rispose il re ; tu non m* inganni : 
Non il gran Fato de V estinto figlio 
.È, che ti muove: un generoso padre 
Dovria vantar là gloriosa impresa * 
Ma sotto il tuo dolor speme si cela * 
Occulta speme , e cupidigia infame • 
D* infinto lutto infidi voti copri » 
E già vicino al regno invan mi premi . 
Ma non sia mai, che la Fortuna avara 
Tanto abbandoni le Sidonie mura 
Che cu non degno di cotanto figlio 
Re ne divenga j il vendicatmi fora 
Facile impresa r ma xecate T armi , 
L'armi recate , o serri; al gran duello 
Discendano i fratelli: il nostro sangue . 
Può solo mitigare il Costui pianto . 
Godi del tuo furor ; ma al mio ritorno' 
Me nè darai le meritate pene . 

E ?m 4*. fine a le contese , e Tir* 
Represse , e rhfaò 1» man dal brando . 
guai lievemente da] T illan percosso 
Sviluppa l'angue i giti, e da le membra 
Tutto accoglie a le fauci il fi cr o toaeo j 



■» 



Vt< Tebaide di Stazio 
Se dal cammin si leva, e cede il passo 
Il percussor , cessano l'ire, e il *>lIo 
Gonfiato indarno s'assottiglia, e stende, 
Ed egli stesso il suo velen ribeve 

Ma il primo avviso nel furor fraterno 
Appena giunge a la furente madre , 
Che gli di fede , e* n ha spavento , e corr*. 
lacera il crine, e il volto,* e sanguinosa, 
E ignuda il petto di Baccante in guisa, 
Dimenticando la vergogna, e il, sesso. 
Tal di Penteo la madre a l'arduo monte 
Salia portando il pattuito capo 
Del figlio ucciso al crudal Bacco in dono, 
Non le giovani figlie , e non le ancelle 
Ponno seguirne i frettolosi passi , • 
Tanro il clolor le accresce forza , e tanto . 
Nel- lutto estremo si rinforzan gli anni . 
E di già il re del rilucente' elmetto 
Gravava, il capo, ed impugnava i dardi, 
E mirava T intrepido destriero 
De le trombe ai fragor farsi più liero ; 
Quando V antica madre a lui d* innanzi 
Eermossi : impallidissi egli-, e per tema 
Impallidirò i servi , e io scudiero 
V asta , che gli porgea , ritrasse indietro • 

fijlti furor; ( disse ) e come mai più forto. 
Sorge la furia a flagellare il regno? 



Libro XI. i I g 

Voi dunque al fin dopo cotanti mali, 
yoi pugnerete insieme ? E non yi basta \ 
Le schiere avverse aver condotto a morte» 
Comandato il delitto ì E dove poi 
Tornerà il vincitore? In questo, seno? 

0 fortunate del crude! consorte 
Cieche palpebre ì Di veder la luce 
Voi pagate la penar, occhj miei lassi» 
Costretti a rimirar si infame giorno/. 
Dove rivolgi il minaccevol volto ? 
Perchè ora impallidisci , ora t' acrossi ? 
E perchè ceco mormorando fremi ? . 
Misera me! So ben» che a mio dispetto 
Tu pure andrai : ma prima in questi tetti; 
Forz' è | che provi l' ire • In su la sogHa 
Starò funesto auguri» , orrida immago 

Di vostre sceleranze. A te crudele 
Premer ria d* uopo questo crin canuto^ 
Questo seno infelice , e de la madre 
Spinger feroce il tuo destriet sul ventre # 
Abbi pietà di me: che mi respingi 
Con l'elsa, e con lo> scudo? A i danni tuoi 
Io non chiamai con scclerati voti- . 

1 Numi 'inferni -, nè con cieca fronte 
Invocai il empie Dire . Odi spietato. 
Questa infelice . Non ti prega il padre ; 

La madre c» ciie ti pregai al gran delitto^ 



/ il* T&4AIDP. DI STAZlb 

trappoli dimora, e ciò che ardisci, pensa. 
Ma tu dirai, che il tuo fratello insulta 
Le porte, e i muri, e te a la pugna appella. 
È ver : ma non si oppone al suo furore 
La madre , e le sorelle : in questo luogo 
Ogni cosa ti prega, e piangtam tutti: . 
Là Adrasto appena lo scónsiglia , e tiene * 
O fors' anche lo spinge ;*i Patrj Larj 
Tu lasci, e fuggi da le nostre braccia 
Precipitoso incontro al tuo fratello. . 
Ma Antigone dolente ir\ quel tumulto »,<. 
Turtiva si sottraggo, e nùn l'arresta 
H verginal pudor : quasi Baccante - 
Vola, e non corre, e Taire mura ascende* 
La segue il -vecchio suo compagno Attore . 
Ma per V eti non può eguagliarne f passi -, 
Né giunger de i ripari a V aire cime . « 
fé r mossi ella pensosa, e pria d'intorno 
Rivolse il guardo: e ricercò fra Tarmi 
Il nemico fratello , e poi eh' al fine * 
Lo' riconobbe ( oh sceleranzi I ) é il vide 
Batter con l'atta i muri, e con la voce 
Minacciar morte i il eie! di pianti assorda > 
E di querele: indi da l'alte mura 
Par, che voglia gettarsi, e cosi parlar 

Raffrena T armi , e a questa torre alquanto 
Mira» o germano, e il minaccioso elmetto . 



L * * R ó Xt. xtf 

Nel mio Tolto rivolgi : i tuoi nemici 
Conosci tu ? La fede , e 1' anno alternò 
Cosi domandi, e i patti, e ti quereli? 
Così la causa del modesto esibirò 
Miglior ru rendi ? Per gli Argivi Numi 
(Giacché i Tirj non curi ) io ti scongiuro, 
E per quei che ami, st pur ami, i n Argo, 
Eratel , 1* ira deponi : ecco ten prega 
V un campo , e l'altro, e le nemiche schiere. 
Antigone ten prega a i vosrri errori 
Vittima destinata , e per tuo amore 
Al re sospetta , e sol di te sorella , 
Mostrami almeno il volto, e 1' elmo sciogli. 
Fa ch'io vagheggi almen l'amata faccia 
Porse l'ultima volta, e fa che io vegg ia . 
5e piangi a i miei lamenti: il tuo fratello 
Già placato ha ia madre , e gii depone 
li crudcl brando, « tu resisti ancora? 
A me resisti , che il tuo esilio piango 
La notte, e il giorno, e tuoi raminghi errori? 
Se tu noi sai , io t' avea fatto amico 
li Eero padre . E perché purghi , e lavi 
D'ogni colpa il germano? Egli la fede. 
Egli, corruppe i patti, egli è nocente , 
Egli crudele a i suoi; sì,- ma non scendo 
Da te chiamato a sceierata pugna. 
Malgrado di Tcsifone , già l'ira 



lo lui lang^sce , e gi» la abbassa 

{• asta , Ti 15 * y deWÌM V f ' ,! ?" " 

Totpe lo sdegn.Q . e «»« egua>Te t gogn» 

D'esser venuto,-* di parti"* reo. 

M, respinta | madre . e da V Eri.» 

Cacciaco esc. di Tebe il «• crudele , 

E grida: io vengo , e questo sol «u duole . 

Ch! primier «ni chiamasti , e s .0 tarda. » 

Non m' abusar : «ni titenc» la madre . 
O Patri», o fra due regi incerto regno , 
Ogei il tuo re nel vincitore avrai. 

g N è più placido. 1U1«o : alfiaC rispose* 
ta frconpsci. al fi* consenti al g«mo • 
O da cran tempo ricercato invana , 

Meco combatti: qv«a sola legger ■ -y 
Ouesro è il sol patto i che «man fa»». 
S dice , e, in. lui volge nemic o >J U^o . 
£ invidia U rode in riamarlo «mio 
Da turba di seguaci, e su la »» 
Portai elmo regale, e iUg«» tornerò 
r ■ c™m«»i> at lo scudo 

D' ostro cbperto , e. fiammeggi»' 

Di falgid-U^^ eÌ '"""".Tj 
Splenda ne l' armi » « se ne vada adorno 
' Di nobil m*ntp , ««e con Frig, modt 

««««a di sua mano Argia » 




L i b ft o XÌ à »i* 
^r egiando il bisso con aurate fila . 
Ma già son stesi al mi li rare arringo 
Sospinti da le furie, : al suo campione 
Ciascuna assiste ^ e V irq desta * « il guida 
Esse reggono i freni, esse 1$©A mno 
Ne tergon V armi , e de i oW<ci' j 
Rendon più folti d'intrecciate, ifrpi* 
Vcdesi con orrore in mezzo al campo 
Consanguineo delitto , enorme guerra 
D' un tolo ventre uscita , e sotto gli elmi 
Pugnar due pari , e somiglianti aspetti • 

. Negar' le trombe il segno', p restar' muti 
Del fiero Marte i bellici strumenti . 
Ma ben d'abisso l'avido Tiranno" 
Tuonò rrc volte, e ben tre volte sjoste 
Da Timo centro il vacillante suolo. V**$ 
Puggir- de l'anni i Numi, e la Vktud* ; a 
Non fu, presente? le sue faci spense > 
Jellona , e Marte spaventato volse 
Altrove il carro , e del crude! Gorgone v . 

/'Talla coperse il formidabil "teschio, 
*\ *&f£ si t te stesse Furie ir^ volto # 
S|a»4ag^^^ y misecabil vulgo. 
Sparso l^^g^p^^ ed ogni Rocca suona > 
Pi querele ,- ; e fi^ti ; i veccnj lian doglia» 
Cne visser tanto; stafl le madri affiitte ' ::V 
Ignudo il seno , e di mirare a i figli 



\ • 



t 

I 



/ , - Digitized by Google 



/ 

4±© ?*6aide dì Stàzio 
Vietar, la sceleraggine fraterna . 1 
lo stesso re dei Tartaro profondo 
Apre le porte interne, c VUbl > che l'ombr* 
Tebanea rimirar l'empio ducilo, 
E l'opre de t ne poti , escano al giorno* - 
Siedon sa i Patrj colli in ihesto giro, 
£ turbano la luce , ed han piacere 
In veder superati i lor furori . 
Ma poi che intese il venerando Adrasto- 
Che con odj palesi erano a fronte , 
Ne dal delitto gli riticn vergogna ; 
Vola , e col carro si frappion tra loro *• 
per età , per impero egli è ben degno ' 
Di riverenza : ma che attender puote 
Da due # cuor* sì feroci, e si superbi, 
Che al proprio sangue lor non han riguardo* 
£ pur li prega; mirerem noi dunque 
O Tirj , o Greci , un sì nefando errore? 
E dov* è il dritto ? Dove sono i Dei ? 
Dove ragion di guerra ? I cuor' feroci 
Non indurate : te nemico io prego > 
(Benché, se Tira non t'accieca , tecó 
Son pur congiunto ) a te l'impongo, e il voglio,- 
Genero } e se pur Irai tanta vaghezza 

impero , e scettro , ecco , che il regio manto? * 
Mi spoglio; e ten fo dono: or vanne, e solo' 
£ Lerna, ed Argo a tuo piacer governa. 

■ 



Digitized by Google 



. Libro XI. ' *ir 
Ma nulla più. muove il parlar soave 
Ne gli odj lor quell'anime ostinate , 
Che lo Scitico mar con rutte 1' onde 
A i monti Cianei vieti V uttarsi . 
E poi che invano le preghiere sparse > 
E vide i corridor' già mossi al corso , 
E i furibondi aver già 1* ast? in mano, 
Fugge , tutto lasciando in abbandono , 
Il genero, le schiere, e Tebe, e il campo 
E con la sferza stimola Anone , 
Che addietro guarda , e che il destio prevede 
Tale il Rettor de 1* ombre, e del diviso 
Mondo r ultimo erede impallidlo 
Per la contraria sorte , e il nero' Carro 
Spinse sdegnoso nel tar carco centro, 
Dal cielo escluso , e da le pure stelle. 

Non cosi presto consenti Fortuna 
A 1' èmpie voglie , . ma sospese alquanto 
Lo scelerato barbaro delitto • 
fiancar* due volte d* incontrarsi in corsa: 
Due volte i buon* destrieri uscir d' arringo 
Con lodevole errore , ed altrettante , 
Senza ferire , andar* le lance a voto . 
Volgono ì freni , e con gli acuti sproni 
Panno a i destriet' non meritata pena. 
Il prodigio de i Numi ambe le schiere 
Commosse, c sorse un mormorare altero* é 



ì*a Tebaidb ©i Stazio 
fan bisbigliar, che si riprendati l'armi, 
Che si muovano i campi , c ai lor furore 
Turto s' opponga de la guerra il nerbo . 
# Sprezzala da i mortili, e da i celesti 
Scava del cielo in solitaria parte 
Dolente la Pietà: non con quel manto , 
Onde pria giva adorna, o col sembiante 
Sereno, e lieto-, ma discinta il seno > r 
È senza serro , scapigliata i crini i . 
É pure allor, come sorella, e madre 
Piangea lt pugne , ed i furor' fraterni : . ' 
£ il crudel Giove, e T inumane Parche 
Accusando > minaccia ir ne gli abissi , 
È preferire al.ciel le Stigie case. 
Ed a che mi creasti (essa dicea j 
Ò eie le cose madre , alma natura , 
Perché de gli animali io Tire affreni , 
E sovente de 1 Numi ? Ornai di noi 
Non v* ha chi prenda cura, e ne rispetti . 
Oh seme umano! Oh furor* empj I Oh Direi 
O di Prometeo inique opre nefande ! 
Quanto era meglio, che lasciasse Voto * • 
Pirra d' abitatori il mondo infame ì 
Ècco quai genti da le pietre uscirò . 
Tacque, c il rempo osservando : andiamo ( disse ) 
Tentiamo, ancor che invan, turbar la pugna.' 

Scese dal cielo, e benché mesta scenda/ ; 



I I B R o XL iiy 
icgm il sentier di luminosa riga . 
Al giunger suo nuovo di pace amore 
Ne le schiere s'accesele del delitto, ' . 
Quant'èra , ailor tutto 1* orrore apparve . 
D'ogni parte si piange, ed un occulto 
Ribrezzo al cuor de i due germani sèrper 
Prende d* nomò sembianza , e d' armi cinta 
Or questo* or quel rampogna: e che tardate? 
Su , v* opponete a le lor furie , o voi\ 
, A cui fratelli die' natura, è figli. 
Non veggiam noi, che n' han pietade i Numi? 
Lor cadoa l'aste: stan ritrosi, e fermi 

I corridori , e ri si oppon Fortuna . • 
E già i sospesi cuori anca commossi 

ta Dea -, ma se a r vide, e il nuovo inganno 

Tesifone conobbe , t vi si oppose 

Più del fulmine presta, e cosi disse .• « - 

Ch'hai tu che far ne le guerriere imprese, 
Codardo Nume, e sol di pace amica? 
tedi: è mio questo campo, e questo giorno. 
Tardi di Tebe la difesa prendi . 
Dov' eri tu , quando ne i sacri riti 1 
Bacco a l'armi muovea le madri insane f « 
Dov'allor, che bevea l' iniquo stagno 

II serpente di Marte? Allor che i solchi " 
Apriva Cadmo? AHor che Sfìnge cadde? 
£*ve quando d'Edippo a i pie* chiede* ; 



Li 



» 



# 



%%4t Te^aidi di Stazi© 
La vita il padre ì Q quando al letto infame» 
Giocasti andò di nostre faci ai lume ? 
In tai detti la sgrida, e lei , che abbowe 
L'orrido aspetto, e ne ritira il volto, 
Incalza con i serpi , e con la face . 
Coprissi ali or la mesta Dea col manto, 
E andò a farne querele innanzi a Giove. 
< Al suo partir sorgon più ardenti V ire , 
E piaccion V armi , e le nemiche schiere 
Si fermano a mirar l'empio ocello . 
E già i fratelli a rinnovar la pugna 
Si sono accinti, e primo il re crudele 
Appresta i dardi, e primier i'asra vibra ... 
Vola la feral travede per lo scudo 
Cerca al petto varcar ; ma si ritiene 
Ne Toro, ne 1* acciajo, e asciutta cadde. 
L'esule aliar sottentra alto gridando 
Con funesta preghiera: indarno, I 
Numi invocati del mio cieco padre , 
Approvate il delitto! io non vi faccio 
Ingiusti voti : purgherò la mano 
Nel proprio sangue , e questo ferro is tesso 
M* immergerò nel sen : sol eh' ei morendo ,. 
Con lo scettro mi veggia # e questo duolo 
Porti seca a 1' inferno ombra minore . 
Vola l'asta veloce, e tra l'arcione 
Passa , c la coscia del nemico , e al fianc» 



♦ 



I 



< 



Digitized by Google 



x % t * o xr. 

f Per dar due morti a un colpo ) il destricr fere.. 

Ma il cayaiicro Je ginocchia stende, 

E schiva la ferita. li ferro acuto , 

Resta a ic coste dei cavallo infissò . 

fugge questo, e non prezza il freno, e in giro 

Segna il suo mal col sangue in su V arena : 

N'esulta Polinice, e dei fratello 

Lo stima, ed Eteòcle anch' ei sei crede 

Per soverchio timor V esule allora ~. '\ 

Tutto il freno rallenta , e forsennato 

Corre ad urtare il corridor ferito: 

Meschiansi insieme e freni , e braccia, e dardi * 

E. s* }mpli Cf tì co\ piedi, ónde in un fascio 

Precipitare avviluppati a terrf. 

Come due; navi, cui confuse il Ten to ■ 

Nei fosco prror di procellosa notte, / 

Spezzano i remi , e mutan vele , e sarte > ; 

£ dopo lungo e disugual contrasta * ' 

Co, i tenebrosi nembi, e con se stesse, 

Nel profondo dei mar cadon sommerse * 

Tal de la pugna enorme era ' V aspetto . 

Va m bando ogni arte , ogni avvertenza , e invece 

V ira, ^«k furor combatte, e fuor de gli elmi 
rammegg^ gii, acce$i . fi . ^ 

Ricercando cgn bieco sguardo. 

Spazio noa resta in mezzo , e insiem ristette 
Sono mano con man , brando con brando ; 

-&-\ 

Tek di 5*4*. T. IL p 



/ 



il* Tebaide di Stazio 
$* ode un fremer di denti , un mormorio ' 
Tiero, che serve ior per segno, e tromba. 

Quali da sdegno , e da grand* odio mossi 
Due gran cinghiali ad azzurTar si ranno» - 
Con torci grifi , e rabbuffato, pelo t 
Treman gli occhj sanguigni » e i curri denti 
Suonan fremendo » il cacciator da V aito 
Li mira > e accenna al fida can y che tacciar 
Tali pugnano insieme . Ancor mortali 
Non son le piaghe : ma gii il sangue e sparso , 
Il delitto è compiuto , e de le Furie 
Più non han d' uopo . Attonite , e lodando 
Quelle si stanno , ed hanno inridia , c scorno». 
Che vìnca i Icft furori odio mortale . 
Ciascun di loro dei fratello al sangue 
Aspira furioso > e il suo non sente . 
L' esule in fine , in cui più forte è l' isa , 
£ più giusto il misfatto», il passo avanza 
La sua destra animando * e il ferro spinge 
Laddove mal difende il basso ventre 
L' estrema usbergo » e la pendente maglia > 
£d Eteòcle impiaga. . Egli '1 dolore 
SÌ tosto non senti -, ma de hi spada 
Inorridì ilo il gelo , e si restrinse » 
E tutta si copri sotto la scudo . 
Viepiù s'accorge Polinice» e gode ► 
Che il fratello, é ferito» e impaziente 



Libro Xl H1 
Viepiù l'incalza, e il preme , c lo rampogna: 

Dove, o fratello, il pie ritiri, e cedi? 
Oli fra i sonni avvilirò in molli piume 
fra gli agi e gli ozj, e' de l'impero a l'ombra 
Tu vedi un corpo a duro esilio avvezze*, 
Ed a i disastri: a soffrir l'armi impar#, 
E non fidarti ne le cose liete ; 
Tale fra gì' infelici era la pugna . 
Restava ancor qualche di vita avanzo 
Al duce intatte 4 e star poteva ancora: 
Ma volontario cadde , e ne la morte 
Ordì l'estremo inganno. I gridi in alto 
Salgono, e Citeron rimbomba intorno. 
Crede aver vinto Polinice , e al ciclo 
te mani innalza , ed esclamando dice ; 
Bene sra , che non spesi i voti indarno : 
Ve £3 io occhj ecclissati i e il volto esangue 
Tutto dipinto di color di morte* 
Su tosto, alcun lo «cetrrc, e il rc>al serte, 
Fin eh' ei vede, m'arrechi. In questi detti 
Il passo avanza, e appender pea>a in voto, 
E quasi opime spoglie a i patrj tempj 
L'anni fraterne, ed a rapirle aspira: 
Ma il crudel , che ancor vive, e che ritiene 
L'anima fuggitiva a la vendetta, 
Quando sopra gli f u , curro pel petto 
Gl'immerse il ferro, e le reliquie estreme 



ii 8 Teuaide di Stazio 
Supplì con l'ira de la vita, e lieto 
Sotto il cuor del fratei lasciò il coltello . 
Oh , disse Polinice , ancor tu vivi ? 
Ancora dopo te dura'il furore, / 
Perfido, e indegno di tranquilla, sed'<?? 
Meco%cendi a l'inferno : il regno , e il patto 
Ivi ti chiederò , se pur Minosse^ 
Più muove l'urna, e gli empj re castiga. 
Carlde ciò detto , ed il germano estinto 
Con tutto il peso dei suo corpo oppresse. 

Andate , alme feroci . Jl morir vostro 
Contamini l'Inferno, e tutte in voi 
Si consumin de 1' Èrebo le pene . 
E voi , Tarraree Dee , cessate ornai 
Dai tormentare i miseri mortali. 
Un'età sola, un solo giorno vegga, 
Dovunque è mondo, ùn si crudel delitto • 
La memoria sen perda , e per esemplo 
Sen rammentino solo i re tiranni * 

Ma poi che il fine del crudel misfatto , 
E de gli empj suoi figli intese Edippo , 
Da le profonde tenebre sorgendo , 
Fuori portò la sua imperfetta morte . 
D' un antico squallore infetta , e lorda 
La canizie del capo, e de la barba 
Mostra, e nei sangue l'indurala chioma 
Il volto spaventevole gli adombra i 



L I È it o XI: ù| 

Sca/me ha le guance, e de la vota fronte 
>j>pajon brutti i sanguinosi fori . 
^tigone il sostenta ci lato manco , 
Ed al baston la destra mano appoggia. 

&ual se il nocchier de 1" infernal palude 
Abbandonando il legno , ed ornai stanco 
. Di varcar ombte , esce a V aperto giorno* 
E turba il sole, e gli astri; anch'egii offeso, 
"E impaziente del soverchio lume, 
Mentr'ei S ra lunge da la barca, e cresce 
Il popolo de i morti, e in su le ripe 
Stanno aspettando i secoli gii spenti; 
Tal Edippo si mostra, e a la sua duce, 
Che seco piange; mi Conduci (esclama)» 
Dove giacciono i tòi , e sovra loro 
Tepidi ancora il hVro pa d re getta. 
Sra la giovin sospesa, e dubbia teme 
Di ciò eh' ei volga in mente: e r itmi, e i carri, 
E « cadaveri in^iern confusi e rnisti 
Atcraversan le strade, e il senil passo 
Lubrico va su tanta strage , e suda 
La miserabil vergine, che «il guida. 
Ma poi ch'ai di lei pUnto egli s'accorse 
Dove giaceano ì fi gU , a bbandonossi 
Con tutto il corpo su le fredde membra . ' 
Senza voce rimane , e giace , e mugge 
Su le profonde piaghe, e parlar tenta; 



Tebaids di Stadio 
Ma per dolor non può formar parola. 
Menu* egli tratta gli elmi, ed i nascosi 
Visi ricerca, furibondo il yarco 
Apre a i chiusi sospiri , e cosi dice f 

Tarda pietà > ru pur tormenti , e muovi , 
Dopo tant' anni , la mia fiera mente l 
Può dunque in questo Cuore avere albergo , 
Pierade umana ? Hai vinto , alma natura , 
Hai vinto alfin quest'infelice padre. 
Ecco , eh* io pur sospiro t e per le secche 
Piaghe de gli pcchj miei scorre già il pianto, 
£ la man » che mi squarcia il viso , e il seno , 
Lo segue, e Io seconda. Or ricevete, 
O mici crudeli figli; oh troppo miei l 
L» estreme esequie d' esccrabil morte . 
Misero ! di vederli ancor mi è colto , 
E faveUar con essi \ S. quale abbraccio? 
Dimmi , Vergin , ^ti /prego ? A le vostr* ombre 
Qual renderò funerea pompa , o figli ? 
Oh tornassero in me le spente luci , 
£ «svellerle <Ji nuovo, e un* altra volta 
Contra il mio ca]Jb incrudelir potessi . 
Oh duolo ? Oh inique preci l Oh più del giusto 
Voti esauditi d'un ferace padrei 
Qiiaf Nume fu , che al mio pregar presente 
Mi rapi i detti, e li die in guardia a i Fati? 
Ah che a me li dettò T immonda Erinni, 



Digitized by Google 



Libro XI. 131 
La madre, il genito*, il regno, e gli occhj 
Svelti di fronte , e non fur miei quei detti t 
Per Dite, per le a me grate tenebre, 
Per questa mia duce innocente il giuro , 
Cosi con degna mone a Torco io scenda , 
Ne Lajo da mei fugga ombra sdegnosa. 
Ahi che ferite ! Che fraterni amplessi 
Misero io tratto I\ Le inimiche mani 
Allentate , o mieiX^gli , c gì* importuni 
Nodi sciogliete, e questa volta almeno 
Date tta voi al genitore un luogo . 
Così mentr' ei si la^gna a poco a poco 
Desìo di morte io lui si desta, e il ferro 
Occultamente ricercando giva . 
Ma Io vietò la vergine , e le spade 
Con casta man sottrasse . 11 vecchio allora 
Furibondo esclamò : dove sparirò 
L* armi , e i ferri omicidi ? O Furie , o Dire f 
Son dunque tutti in questi corpi ascosi? 
fe «JMentt*ei così ragiona, indi '1 rimuove 
La sconsolata vergine, e il suo duolo 
Reprime, e tace, e si consola in parte 
In rimirar» che il fiero padre pianga. 
Ma quando giunse t la regina il grido > t 
Di l'impreso duello, librando trasse, 
Che riserbava nel pnl interno albergo r 
Brando di Lajo lagrimerol spoglia : 



Tébaids di Stazio 
£ poi che molto si lagnò co i Numi, 
Col talamo nefando, c con le Furie 
De gli empj figli , e dei primier consorte 
Con r ombra i contrastò col debil braccio * 
E inclinata sul ferro appena , in petto 
Al fin 1* immerse, e sotto il cuor l'ascose 
E lacerate le senili renj , 
Purgò col proprio sangue il ietto impara. 
Su la ferita, ebe gorgogliale stride 
Scn cadde Ismene, e la lavò co i pianti 
E la terse col crine. In cotal guisa 
Erigone dolente entro le §elve 
Di Maratone al padre ucciso intorno , 
Dopo aver .tutti consumati i pianti , 
Disciolse il cinto, ed a morir disposta „ 
Giva scegliendo i più robusti rami . 

Ma già lieto il destin (Tayer delusa 
IV miseri fratelli la speranza 
Avea con empia man dato ad un terzo 
11 regno d* Anfione; e gii di Cadmo 
Sedca sul trono tumido Creonte . 
Misero fin di scelerata guerra ! 
Per lui pugnaro i miseri fratelli; 
E re l'acclama ilJÉeiiicoso seme 
Del serpente di Marte ; e il sangue sparso 
Da Me ne eco per le Tebane mura 
De' popoli r affetto in lui ritolge: 



Libro X7. IJJ 
Sovra il soglio fatai sale il Tiranno , 

De' l'Ancia infelice. Oh di comando 
Lusinghevol potere ! Oh mal sicuro 
E infido consigi iero amor di regno ! 
Quando sarà, che da i passati esempj 
Prendan norma i nipoti? Al fier Creonte 
Ecco già piace star sul trono assiso > 
Ed impugnare il sanguinoso scettro . 
E che non puote in noi lieta fortuna? 
Di già il padre ammollisce , e il nuovo impeto 
Gli fa scordar di Menecco la morte . 
Gonfio i e corrotto dai crudel costume 
De T empia corte ; un fier presagio diede , 
Un'aspra prova del superbo cuore. 
Vietò le fiamme a i Greci, ei roghi esrremi > 
E al cielo aperto abbandonò gli avanzi 
De la guerra infelice i e V ombre meste 
Sen gir* prive di sede intorno erranti. 
Quinci tornando per l'Onua porta» 
In Edippo scontrossi: a prima vista 
Restò sospeso , e nel suo se minore 
Si riconobbe, e raffrenò lo sdegno: 
Poi ripigliando il re^io fasto , il cieco 
Suo nemico sgridò con detti acerbi : 

Partì , vattene lungi , a i vincitori 
Funesto augurio , e le tue Furie porta , 
Crudele altrove, e le Anfionie muta 



xj:4 T^aliDE *r. Stazio 
Purga col tuo partir . Tuoi luoghi voti 
Gii s' adempier s su ria parti , c' invola . 
So* morti i figli , e che bramar ti resta ? 

Per subito furore inorridissi . - 

Il fiero veglio , e la tremante faccia, 
Quasi il mirasse» gli fissò, nel volto..- 

Ed obbliando la vecchiezza, e gli anni, 
Lascia il bastone , a cai s* appoggia , e lascia 
La fida scorta , ed appoggiato a l' ira , 
Queste voci esalò dal gonfio petto; . 

£ puoi si presto incrudelir Creonte } 
Appena usurpi scelerato regno , 
(Misero!) e prendi il nostro luogo -, calchi 
Già le ruine de i passati regi? 
Di rogo i yinti , e de le mura privi 

I cittadini? Or segui, o veramente 
Degno di Tebe sostener lo scettta *' ^ . 
Questo dei tuo regnare e il di primiero. 
Perchè in si angusti limiti rinserri ? 

Tu m* intimi 1' esilio ? Oh troppo vile 
Crudeltà di. chi- regna i £ che non stringi 
Piuttosto il ferro del mio sangue ingordo ì 
A me di fede: il puoi. Su fa che venga 

II carnefice pronto, e mi recida > 
Senza timor, l'impavida cervice. 
Ardisci: speri tu , che supplicante 
Tenda le mani, e tue ginocchia abbracci l 



litio XI. X3i 

Fingi , eh* io ii voglia : il soffrirai ? ftual pena, 
Puoi minacciarmi ? E che temer ni' avanza ? 
Tu vuoi eh* io iasci il patrio suolo? Io prim* 
•VoJonrario lasciai la terra ,* e il cielo , 
E questa man vendicatrice volsi, 
E nissun mi spingea centra il mio volto'. 
Or quale impor mi puoi pena maggiore , 
Inimico Tiranno? Io parto , io fuggo 
Da queste sedi infami. E che rileva,^ 
Dovunque io tragga la mia lunga, morte, 
E Je infelici tenebre ? A mie preci , 
Qual gente negherà tanto di terra, 
Quant'io n'occupo in Tebe, ove riposi? 
Ma dolce è il suol natio: certo più chiaro 
Per me qui sorge ji sole, e più sereni 
Mi splendono sul volto il cielo , e gli astri* 
Ed ho qui anc ór la genitrice , e i Egli . 
Tua sia pur Tebe, e la governa, e reggi 
Con quegli auspicj , con cui Cadmo , e Lajo 
Ed io stesso la ressi; abbi tu ancora 
Eguali nozze , e si pietosi figli > 
Ma non 'abbia virtù , che di tua mano 
Sottrarti ardisca ^fortuna a Tonte ,. 
Ma misero, € 4&&so ami 1* luce. 
Questi sono i miei voti. Or tu mi guida 
Altrove, o figlia . Ma perchè compagna 
Te scelgo ai lutto, ed a V esilio? Dammi 



I 



I 



xlS TiflAiDE pr Stazi» ! 
Dimmi , o gran re , chi nii conduca altrove . 

Antigone temè , che la lasciasse 
li padre sola, e si rivolse a i preghi: 

Per io novello tuo felice regno, 
E del tuo Menecèo per la sant' ombra > 
Venerabii Creonte , io ti scongiuro , 
Perdona ad un afflitto i detti altieri. 
'Tale lo £tt le lunghe sue querele. 
Ne teco sol ,^ma col destin, co i Numi 
Così ragiona , e ben sovente meco 
Non e più mite* tanto il duol V inaspra . 
Questa infelice libertà gli ferre , 
Gii buona pezza , nel feroce petto , 
E insaziabil desio di cruda morte. 
Non vedi con quant* arte egli procura 
Muoverti a sdegno, e provocar le pene? 
Ma tu , cosi Fortuna ognor t* accresca 
Impero, e onor ; non conculcar chi gràce , 
E de i passati re l^urne rispetta. 
Anche costui sublime in trono, e cinto 
D'armi, e d'armati, un tempo , * gì* infelici 
Aita porse, e a tutti eguale, il giusto 
Diede a chi 'i chiese ; e pur di tanto stuolo 
Una sola compagna a luì. rimase , . 
E non ancora era cacciato in bando. 
E questi può turbar la tua fortuna ? ^ 
Dunque contea costui tutti «gii sdegni , 



'Digitized 



L I B h -o XK *fc7 
Tutte le forse del tuo regno impieghi? 
Costui mandi in esilio ? Forse temi , • 
Che strida a le tue porre , e a te d' intorno. 
Con augurio funesto ognor s' aggiri? . 
Non dubirare : il meuerò lontano 
Da le rue soglie a lamenrarsi, e il fiero 
Animo ammollirò , tanro che impari 
Ad ubbidirti . Io Io terrò divisa 
Da o*ni commercio in chiusa cella ascoso . 
Questo sari il suo esilio : e quale estrana 
Terra vuoi tu , che 1' infelice accetti ? 
Vuoi tu, che vada in Argo, o a la nemica 
Micene errando squallido , ed afflitto ? 
O del già vinto Adrasto in su le porte 
Canti le Furie de 1* Aonio regno ? 
Vuoi tu , che dal re d' Argo , un re di Tebe 
Mendichi il vitto? De 1* afflitta gente 
E che mai giova divulgar gli errori , 
E le nostre vergogne , e i nostri scorni ì 
Deh celati li tieni , io te ne prego, 
Ne già molto ti chieggo.- abbi pietade 
Di quesro vecchio , ed infelice padre . ' \ 
Permetti sol , che poca terra il copra , 
Che <jui depon^ il mortai velo : lieo 
Seppellire i TejMuji , In cotal guisa ' t - 
Pregando, sul terrea si .volge , e piange. 
Ma il fiero padre indi la svelle, c sdegna 



£}Sf TsiÀIiVE DI STAtlÓ 

Chieder perdono, c minaccioso freme* 
, Come icon , che rie la verde etade 
fa de i monti terrore , e de le «elve > 
'Rotto da gli anni, e di gii pigro* e lento 
Sen sta giacendo sotto eccelsa tape, 
Ma pur conserva l'orrido sembiante* j ■„ - 
E terribile è ancor ne la Vecchiezza i 
Se lungi ode mugghiar giovenche, e tori ,r 
Alza le inferme orecchie, e di se stesso* 
E del primo vigor ei si rammenta # 
E geme , e duolti , che pili fotti belve, 
De i campi suoi, teoganfc allof l'impeto. 

Si piega a i pianti il re crudele , e parte 
Concede , e patte nega . Al natio suolo 
Non andrai lungi ( dice j ) a me sol basta 
Che non profani con V infausto aspetto 
I sacri rerapj , e i cittadini albetghi • 
De le fiere i covili, e il tuo Citerò 
Stanza degna saran de la tua notte + 
E i campi, ore gii fur l'aspre battaglie « ( 
Ove nel coiaun Sangue involta giace 
E r una , e V altra gente . Ef cosi parla v 
E tumido ritorna al regio albergo 
Fra i finti applausi, il simulato assenso* 
De i cortigiani, e de l' afflitto* vulgo. 

Lasciano incanto l'infelice campo 
Furtivamente gli avviliti Greci. 




Libro XI. xj* 
Ni ss un segue le insegne , o il proprio duce 
Ma fuggon sparsi ; e d' un T indegna yita 
Prendon più cura , e d' un ritorno infame , 
Che d' una illustre > e gloriosa morte . 
Li seconda in notte > e li ricopre 
Coi graro orror di sue benefico/ ombre „ 



\ 




i 



' h I* B R O XII. 

NOti tutte ancot avea del ciei fugate 
Il matùtin Lucifero le« stelle > - 
E con più tenue corno il di vicino 
Mirava Cintia : al fin 1* aurora sorge , 
E le nubi dilegua , e al sol nascente 
Prepara il cnlle , e il vago cielo indora . 
Errando vanno \ i voti alberghi intornò 
Le Tcbane falangi , e troppo lenta 
Loro sembra la notte ? e ancor che quelli 
Sian , dopo 1* armi , i primi sonni , e i primi 
Ozj concessi ; pur la pace ancora 
Debile, e inferma il lor riposo turba; 
E it fa ricordar de I' aspra guerra 
La sanguigna vittoria . Osano appena 
Muovere il passo , abbandonare il vallo , 
E tutte intere disserar le porte 
Il primiero timore ancor li turba , 
E miran con orrore il voto campo . 
E come il X peregrin , che in terra scese > 
Dopo che T agitar* procelle infeste 
Crede che il suol vacilli ; in simil guisa 
Stupisce Tebe , che guerrier non muova 
A rinnovar gli assalti, e ognor paventa 

■ 



\ 



Libro XII. 141 
Che sorga a nuova guerra il campo estinto » 

Così qualor veggon gì* Ida 1 j augelli 
Salir su la lor corre aureo serpente > 
Pan ritirare i figli , e de i ffccoodi 
Nidi apprestano 1' unghie a la difesa , 
E dibattendo yarl le imbelli piume : 
E bencrV ei cada , f aec roto teme ' 
Ancor la bianca turba , e al fin se vola > 
Mira da V alto con orrore il nido . 

Vanno fra '1 valgo esangue', e le giacenti 
Reliquie de la guerra > ove li mena 
Ciascuno il comun lutto, o i praprj pianti* 
Altri 1' armi » altri i corpi , alcuni i visi 
Miraa sol de gli estinti a gli altrui busti 
Giacere appresso ; parte i voti carri 
Bagnan di pianto, e co* destrieri privi 
Del ltfr signor , poiché nuli' altro avanza , 
Fanno querele t altri le immense piaghe 
Bacia, e si duol del militare ardire. 
L' avviluppata strage al fin si stende 
A i cadaveri freddi: alloj fur viste 
Stringer le man* recise ancora i ferri , 
E ne la fronte le saette infisse . 
Molti , che la camion del loro lutto 
Trovar non san , sovr' ogni corpo estinto 
Cadono incerti , e stan disposti al pianto . 

Ma su i deformi, e non ben noti tronchi 

- 

Ttb. di Staz. Tom. II. £ 



ì ■ 

A4i Tmaidi di Stazio 
Nasce Hebil contesa, a chi de l'urna 
Spetti la cura, e de l'esequie estreme. 
E spesso ancor ( tanto scherzò Fortuna ) 
Pianser sovra gemici % e stero incerti • 
Qual sangue calpestar lor sia permesso , 
Qual si convenga rispettar f ima «juclii , 
Cui le famiglie non restar* deserte » 
Ne cagione hanno di privato lutto , 
Scorrendo van le abbandonate tende 
De i fuggitivi Greci, e con le faci 
Vi destano le fiamme; in varie parti 
^ ieri dispersi ricercando vanno 
( Con quei piacer , eh* a le battaglie «egue ) 
Oyc giaccia Tidco : se alcun vestigio 
Appaja ancor de V orrida vorago , 
Ove fu il vate assorto ; ove de i Numi 
Sia T inimico , e ne le membra enormi 
Se resti segno del celeste fudco. 
Già tutto il giorno avean passato in pianti , 
Ne cessaro con l! ombre : a gì* infelici 
Trovano le querele , ed ban piacere • 
In trattenersi su le lor sciagure . 
Ne riedono a le case : a i monti intorna 
Veglia la mesta turba , ed a vicenda 
Scaccia le fiere» ed i rapaci augelli 
Co i gridi , e con le fiamme.* al dolce sonno 
Non cede» e non aggrava i stanchi lumi 



Libro XU. Hi 
ìl pianto > ch'esce d'inesausta vena. 

Ma già tre volte precorrea 1* aurora 
Il mattutin* Lucifero nel cielo > 
Quando del loro onor spogliati i monti > 
Scenderà dal Teumesso, e dal Citerò 
Gran salmeria di roveri j e di pini • - 
S* alzan ie pire , e t lacerati corpi 
Ardano de i Tebani in mezzo a i roghi» 
Godon gli onori de V esequie estreme 
L' ombre cT Ogige : ma, la turba mesta 
De le Greche infelici ombre insepolte 
Geme , e s' aggira intornò a i fuochi errante ; 
Arde Eteocle anch' egli in volgar fiamma» 
Non con pompa regai : ma Polinice , 
Come Greco s' esclude , e va raminga , 
Dopo la morte ancor , esule V ombra . 
Formaro a Menecèo sublime rogo 
Il padre, e Tebe» e non di legna vili, 
Ma di carri , e dr scudi > e d* armi Greche 
Gli alzar' superba > e bellicosa pira. 
Di pacifico alloro il capo adorno , 
£ de le sacre bende > alto ci scn giace , 
Quai vincitor , su le cataste ostili . 
Tale arse lieto sovra l'Età Alcide, 
Quando fra gli astri lo chiamarò i Numi i 
Vittime ancor spiranti , in cima al rogo à 
ti padre uccise i prigionieri Argivi 



t i b k a XII. 24 j 
Ma tu ricevi, o figlio, i primi doni 
Del tuo trionfo , c questo scettro accetta , 
Peso de la mia destra , e queste bende > 
Di cui circondo la superba fronte , 
Che troppo * ahi troppo tu acquistasti al padre 1 » 
Te vegga re nei Tartaro profondo , 
E se ne roda d* Eteàcle V ombra . 
Cosi 'dicendo la man spoglia , e il crine * 
E con ira maggiore indi ripiglia: 

Me chiamiti pur crudel j non to' che teco 
I cadaveri Argivi ardan su i roghi . 
Cosi dato mi fosse , e vita , e senso 
Rendere a i corpi, e discacciar dal cielo $ 
E da l'inferno l'anime nemiche 1 
E dietro me condur fiere, ed augelli, 
E a" le lor fauci , ed a i lor rostri i membri 
Additar de gli estinti empj regnanti . 
Ahi lasso, che la terra li ricetta/ 
E li consuma il tempo ! Onde di nuovo 
Comando , e voglio , eh' a li Greci estinti 
Non sia chi doni l' urna , o il rogo accenda, 
E chi'l farà, dei tolto corpo il luògo, 
Ed il numero adempia, e per lui mora. 
Così di Menecèo per la grand' ombra , 
E per lo cielo , e per li Numi il giura 1 
Disse, e i servi il portar* nel regio tetto- „ 

Ma le vedove Greche in mesta schiera 



I • 



1,4* Tibaidb'di Stazio 
J^scian Argo deserta, e da la fama 
Guidate Tari qual prigioniere , e serre . 
Ha ciascuna il suo latto -, a tutte eguali 
Sono gli abiti, e i pianti: i crini sparsi, 
Ed i seni succinti ' e de le gote 
Lacerate da V unghie il sangue piove 
A le lagrime misto, e le percossa 
livide fanno lor le braccia e il petto. ; 
Regina, e duce de la bruna turba» 
Ora: cadendo de le serve in grembo» ( 
Or risorgendo, e per gran doglia insana 
Prima sen vien la desolata A r g la • 
Non la Patria rammenta , e non il padre, 
Ma la fe conjugale 5 e fra i singulti 
Solo di Polinice ha. in bocca il nome s 
E preferisce ad Argo , ed a Micene 
Dirce , e del fiero Cadmo i tetti infami , 
Seconda vien Deifile dolente 
Non men, che la germana, e seco 
Di Calidonie sconsolate donne > 
Oliste a le Greche numeroso stuolo , 
Al suo Tidco per dar gli estremi onori . 
Ben sapev' ella V esecrabil fame 
Del consorte crudeli ma a lui, che giace» 
Tutto perdona amor : segue Nealce 
Acerba in viso, e di pietà ben degna 
f iange t e piangendo Ippomcdonte chiama 



Digitized by Google 



Libro XII. 147 
Va dopo, lei la crude! moglie avara 
De T augure a innalzargli un rogo vano: 
Chiudon la schiera ia Parrasia madre 
Di Diana seguace orba del figlio , 
E la feroce Evadne : il troppo ardire . 
Quella deplora del garzone audace ; 
Questa del gran marito si ricorda, 
I lieta piagne, e conerà il ciel s* adira . 
Dal frondosa Liceo mirolle > e pianse 
Ecate , e pianse la Tebana madre 
Dal sepolcro de l'Istmo, allor che i passi. 
Volsero al doppio, lido ; e benché Eleusi , 
Per se si dolga » accompagnò, co, i pianti. 
La nottivaga turba > e rese cKiaro- 
Con le mistiche faci il lor cammino». 
Giunone iscessa per occulte strade , ì 
Le guida, a fin che il popol d* Argo accorso 
Non le trattengalo le ritardile loro 
Tolga l'onor d'un memorabil fatto. 
Commette, ad Iri il conservare intatti 
Gì* insepolti radaveri de i regi. 
Essa d' ignoti succhi > e del divino 
Nettare gli cosperge» acciò che interi , 
E incorrotti così serbinsi a i roghi , 
Ne si consumia pria 0? aver le fiamme.. 

- 

Ed ecco Oaito ; avean costui lasciato 



i4 g fjEBAlDE DI StAÌlÓ 

In abbandono i fuggitivi Greci ; 
Ed *i pallido in viso il pie movea 
Per occulto sentier debole e infermo 
Per fresca piaga, ed appoggiava il fiancò 
Di rotta lancia; al tronco. Egli nel bosco i 
Poiché senti il tumulto , e il femminile 
Stuolo scoprì di gii vicino a Lenia, 
Non chiese lor qual del cammin la meta* 
Posse*, qual la cagion j che ben si appose 
£ueir infelice, e favellò primiero: _ 

! Dove misere andate ? A i morti duci 
Sperate voi ài dar l'esequie , e i roghi? 
Veglia un custode a l'ombre , e gl'insepolti 
Corpi va numerando al reo: Tiranno . • 
Sono inutili i pianti, e da quel luogo 
Ogni uomo si discaccia: augelli, e fiere 
Sol v' han l'ingresso: il perfido Creonte 
Credete voi eh' a pietà pieghi . e onori 
Il vostro lutto * I sanguinosi altari 
Di Busiride prima, e l'empia fame 
De i cavalli di Tracia , e i Dei $icani 
Placar potrete . II suo furor mi è noto 
Voi prenderà} né su gli amati sposi 
V'immolerà; ma lungi a l'ombre amiche, 
Che non fuggite, or che il fuggir v' è dato? 
E ritornando in Argo, a i nomi vani 
(Ciò, che solo vi avanza) alzate l'urne? 



Digitized by 



41 



■ 

Libro XII. *4> 
£ T alme richiamate a i voti roghi: 
O che non gite a la famosa Atene 
( Oicon che yinckor dal Termodonte 
Teseo ritorni) ad implorare aita? 
D' uopo è d' armi > e di forza a far che rieda 
V empio Creonte ne* costumi umani . 

Così diss" egli, e per orrore ì pianti 
Si ristagnaro a le infelici, c in esse- 
Stupido resto il moto ; e # far nel viso 
Tutte dipinte d* un egual pallore . 

Così se lungi fremere si sente 
Digiuna Ircana tigre, e ne rimbomba, 
£ se ne turba il campo s alto spavento 
Occupa le giovenche, e stanno inceAb 
Su qual si lanci, e quali membra sbrani. 
Son divisi i pareri: alcuna a Tebe 
Vuol che si vada a supplicar Creonte > 
L' altre ad Atene ad implorar pietade , 
£ vendetta , e soccorso : a tutte sembra 
Il ritornar ultima cura , e infame . ^ 

Ma non aspira a fcmminil virtude 
Argia dolente , e superando il sesso, 
Orribil tenta , e generosa impresa } . , 

Dei periglio la speme il cor le alletta, 
E vuole andare , e disprezzar le leggi 
Del fiero regn# , e provocar la morte • 
Non 1* oserian del Rodope le nuore a 



Digitized by Google 



V 



mi * Tijaide di Stazio 
Ne del Fasi ceroso aspra regina 
Seguirà da le,. vergini guerriere. . 
Accorto inganno ordisce , ondo abbandoni 
L* amica schiera > e prodiga di vita , 
E per gran fatto audace» a la rendetti 
Provochi il re tiranno, e i Numi itati* 
E re l'esorta la pietà , la fede, 
V amor pudico . Polinice istesso 
Ve sempre aranti ki tutti gli atti, e modi % 
Ch'essa lo ride» or ospite, ora sposa 
A i sacri altari, or facile manto, 
Ed or già ascoso pel feroce elmetto 
Mesto abbracciarla, e da l'estreme soglie 
RiroJgA amoroso in essa il. guardo , 
Ma niuna immago a lei più torna in mente ,. 
Che di lui » che sen giace in mezzo al Campa 
Nel sangue involto, e nudo , e chiede il rogo* 
Da tai cure agitata, essa nei core 
Sente tormento e pena, e quel eh* è puro, 
£ castissimo àmorc, ama il suo lutto» 
Onde a V altre si volge , e cosi dice : - 

Gite voi pure, e l'Attiche falangi, 
E T armi vincitrici in Maratone 
A favor vostro usate» e a i vostri voti 
Fottuna arrida ; e me sola cagione 
Di tanto scempio gir lasciate* a Tebe» 
Penetrar ne le case » e prima 1* ire « 



Digitized by 



L i b & o XII. ' *S i 

■ 

£ le furie soffrir de 1' empio regno . 
Non fieno al batter mio sorde le porte 
De la città crudele entro quei muri 
\ìo suoceri, ho cognate , e non straniera 
Giungerò a Tebe, e sconosciuta donna. 
Non mi arrestate i passi i occulta forza 
Colà mi tragge » e nel mio petto io chiuda 
Un grande augurio . Così dice , e sceglie 
Per compagno Mcnete, un tempo a lei 
Del verginal pudor custode , e mastro | 
E benché ignara de, (e strade , il passo 
Precipitosa a Quella parte muore, 
Onde pria venne Oniro : e quando lungi 
JDa le compagne fu, parlò in tal guisa? . 

Io dunque aspetterò, mentre tu- giaci 
Sul nemico terren > qual sia la mente y 
E l'incerto consiglio di Teseo? 
Se i duci ( ahi lasso |) e il sacerdore approvi 
La nuora guerra? E tu , mio sposo, intanto 
Mi vai mancando al rogo . E tardo ancora 
D'tspo* .per te queste tìfie membra ai morsi 
De le xapatì: Acre , e de gli augelli? 
Ed . or ( s" hai senso ) o mio fede! , con V ombre 
Di me ti lagni , e con i Numi inferni ; 
E me di lenta , e d' inumana accusi - 
Ah che, o tu sia insepolto, o che di terra 
Altri t'abbia coperto , è mkr delitto» 




■ • 
♦ » 

4 

£fi," TiéAlDB di Stàzio 
Se 1* uno e l'aluo il mio tardar condanna « 
^ Temerà dunque il mio dolor la morte , . 

E la forza, e il furor del reo Creonte? 
Onito > a l'andar mio "tu aggiungi sprone. 
Cosi dicendo di Megara i campi 
, A gran passi divora , e chi V incontra 

li sentiero le addita, e cori orrore 
« Ne ammira il manto, e ne 'rispetta il duolo, 
, Feroce in vista ella sen corre , e nulla 

O che veda , o che senta , il cuor le turba: 
Ne i gfan mali sicura * appar più degna 
D' esser temuta , che temete alrrui . 
Siccome avvien ne le Trojane notti , 
Quando a gii uri, e al fragore Ida rispondei 
La conduttrice * de l'insano coro, 
Cui Cibele dié il ferro, e il sangue accolse, 
E il crin le cinse de le sacre bende, 1 
Rapida va del Simoenta a V acque * 

Già ne V onde d* Esperia atea tuffato 
Il luminoso Dio V atdente carro , 
. Per sorger poscia da 1* opposto mare . 
Ma tanto può in Argia l'estremo lutto, 1 
Che non sente faticalo non V apprezza , 
9 E non s'avvede , che già spento è il giorno. 
Nulla teme* l' orror , che i campi adombra , 
,* Ne interrompe il camrain : ma va sicura 

Per sassi aspri e scoscesi, e ferma il passo 



i 

m 

% 

* 

Digitized by Google 




Libro XII. l %% 
Sovra tronchi cadaci , e varca i boschi 
Anche di giorno oscuri , e i campi sparsi 
Di cicche fosse , e varca i fiumi , e nulla 
Teme de' guadi, e intrepida sen passa 
A le fiere vicina , ed a i covili : 
Tanto il dolore in lei pnote , e V ardire ! 
Duoisi Menete di seguir più lento , 
E de V imbelle alunna ammira il corso . 
Di quali case non battè a le porte, 
Modesta , nel dolore , ove pastori 
Soggiornassero , o greggi ? Oh quante volte 
Errò dolente nel cammino , # o quante 
L'abbandonò per via spenta la face, 
Guida , e conforto de* suoi luoghi errori , 
E dai notturno gei fu vinto il lume 1 
Ma già di Penceo superato il giogo , 
Verso Tebe scendean ; quando Menete 
Stanco , e anelante favellò in tal guisa : 

Se del finito nostro aspro cammino 
Non m'inganna U spene, Argia, non lungi 
Siamo a Tebe , e i cadaveri insepolti . 
IL lezzo sento, e l' aer atro e grave, 
Ed intorno volar rapaci augelli . 
Questo c il suolo crudele , e son vicine 
Le mura infami: de l'eccelse rocche A 
Non vedi tu, come si stende l'ombra > 
Vasta pe' campi? Come da i veroni 



Libro XII. 

Cerer cosi , poiché 1' Inferno amante 
Rapì la figlia^ con gran face accesa 
Ne gli Etnqi fuochi splendere facea 
Di diversi color* 1* Irala spiaggia, 
£ la Sicana , seguitando T orme 
Del nero rapitore , e per la polve 
Mirando i solchi del Tartareo carro . 
A gli urli insani Encelado rimugge, 
£ vomitando fiamme , a lei le strade 
Viepiù rischiara^ e fiumi, e selve, e mari, 
£ nembi > e cielo suonano d* intorno 
Proserpina , Proserpina . Sol tace 
Del Tartateo consorre il regno oscuro, 
E il dolce nome asconde, e il furto cela* 

Ma Mehete fedel de lì infelice 
Compagno , a lei , che disperata corre * 
Rammenta di Creonte il fiero editto , 
E la consiglia ad occultare il lume. 
Una regina riverita innanzi 
Da le greche cittadi , immensa Cura 
Di mille, e mille preci , augusta spene 
De la paterna stirpe , or senza duce 
In buja notte fra nemiche genti 
Sola sen va su Tarmi, e calca T erbe 
Lubriche di putredine e di sangue . • 
Non le tenebre teme , e non de V o^bre 
La mesta turba, e inttrno a le ior membra 



a'jtf Tebaide di Stazio 
L* anime , che s' aggirano gemendo . 
Spesso ferita da i giacenti ferri 
Dissimula la piaga, c sol le cale 
Ogni corpo schivar, Inenrre ogoi corpo 
Crede , che sia il consorte s e attenta osserva 
I distesi cadaveri . e li volge ^ 
Supini, e li riguarda, e si lamenta» 
Che poco in ciel risplendano le stelle . 

Giunone intanto del suo gran marito 
Toltasi al letto occultamente , giva 
Per r ombre sonnacchiose a l'alte muti 
Del vincitot magnanimo Teseo 
A pregar Palla , che in Atene accolga . 
De le supplici Greche il mesto volgo. 
Ma <juando vide per lo campo invano 
Volgersi Argia , da gran pietà commossa , 
Verso il carro di Cintia il carro volse , 
E si le disse in placida favella: 

Deb mi concedi , o Cintia , un picciol dono , 
Se Giuno è degna put di qualche onore. 
Tu certo un tempo concedesti a Giove 
Triplice notte a procreare Alcide , 
„ Ma pongansi in obbllo le andate cose. 
Or luogo è a compensar le offese antiche ■ 
Non vedi tu per qual' oscura notte i 
Aigla fedele al nostro culto , indarno 
Per quel campo s' aggiri , e le tenebre 
» 



Libro XIK 157 
Le tolgano il trovar 1' amato sposò ? 
£ tu pallida splendi infra le nubi ? 
Rischiara i eorni, io te ne prego, e inchina 
Più. rerso terra il luminoso carro i 
/E questo tuo sopor , che prono il guida , 
£ qfie ne regge i rugiadosi freni, 
Ne gli Aonj custodi , o Dea , diffondi. 

Appena disse, che squarciò le nubi 
Cincia, e ili gran disco tutto intiero apparve. 
Temcron 1* ombre : impallidirò gli astri , 
£ Gi uno appena ne sostenne il lume . 
A lo schiararsi i campi , Argia conobbe 
Del buon consorte la pomposa veste , 
Opera di sua mani benché il ricamo 
Sia coperto di sangue , e scolorita 
La porpora ne resti ^ e mentre grida : 
(Oh Numi/) e* che di lui nuli'altro resti 
Teme * queir infelice \ ecco lo scopre .* 
Mancarle a un tempo e spirto , e vista, e voce, 
E il gran dolor le lagrime respinse . 
Con tutto il corpo su 1* amato viso 
Cade, e co i baci l'anima raminga 
Par che ne cerchi t e con il crin , col manto, 
Per conservarlo ne raccoglie il sangue. 
Al fin la voce le ritorna, e dice : 

Tal dunque ora ti veggio, • caro sposo., 
Ch' a riacquistar l'a te dovuto re^ao 

Ttb. disiti. Tom. II. K 



Ij8 TfcBAIDE DI Stazio 

Givi poc'anzi del potente Adrasto '# 
Genero, e capitan di tanta impresa? 
£ tale ié stessa a i tuoi trionfi or vcgtio? : 
Innalza il volto , e me riguarda: a Tebe 
Ecco Argia * che seri tien . Su ria , le porgi 
La destra, e dentro la città h guida ; * 
Mostrale i Patr j tetti , e grato fendi 
A me V ospizio $ ma che parlo ? ahi lassa l 
Nudo tu giaci sol terreno , e qfcsto ♦ 
Solo di tanto regno, è, che ti testa . - 
oh guerre f Oh risse! Il tuo frarcl non regna. 
Dunque de* tuoi nissun ti pianse ?- Dorè , 
Dov é la madre , e la famosa tanto 
Antigone sorella? Ahi, A* a rat solt 
Tu giaci , e solo a me lei morto j e tinto * 
Quante tolte ti dissi t e dote corri 
Sconsigliato ? A che cérchi il regno altetao T 
Che ti si niega ? *Argo è ti basti: impera 
Ne la cotte del suocero ft piti lunghi Ì 
Tu qui godrai £li onori, * Aon ditiso 
Avrai qui il regno. Mai di chi mi dolgo ? > 
Io la guerra affrettai .* io fui , che il meste*' 
Padre pregai, miserar Ed a qual Erio? 
Per abbracciata in si crudele stato . 
Ma pur sian grazi* a i Numi , é a te , o Fortuna f 
Del mio lungo cammin non fu delusa 
la speme: il corpo ho lit io tato intero ; - 

' • - r 

r • 

' • ¥ " . "i * ~ 

* . ... _ • • • » w . t- .-■*-» 



Digitized by Googl 



Libro kit 15^ 
Ahi quanto immensa è mai questa ferita l 
£ la fece il fratello? E dove giace , 
Quell'infame ladrone? Ah pur ch'il trovi ì 
Vincerò gli^vvoltoj: caccerò lungi, 
Per lacerarlo io sola , e cani , e lupi • 
Ma forse 1' empio ebbe gii rogo» e tomba. 3 
Tu pur 1' avrai > né il tuo natio terreno 
Ti vedrà senza fiamme , e senza onori . 
Arderai ; Sarai pianto ; onor , che a' regi 
Raro si dona , e la mia fede eterna 
Serberà al tuo sepolcro, e il piccol figlio 
Fia testimonio al mio dolore, t a lui 
Riscalderò le redovili piume. 

Ed ecco nuovo pianto , e nuora face 
Portando , a i roghi Antigone sen viene , 
Appena uscirà da le chiuse soglie i 
Perocché a lei stavan le guardie intorno , 
E il re vuol che s'osservi ; onde a vicendi 
• Si cambiavi.n tra loro, e più frequenti 
Rinnovavano i fuochi : essa co i Nuirti > 
E col fratel la sua tardanza scusa. 
Ma non si tosto abbandonarsi al sonno 
Stanchi i custodi , tla le mura uscio r 
Come leonza , che la prima volra 
Sen^ la madre , e liberi correndo , 
Sfoga T innata rabbia, e freme, e rugge , 
E di terror empie le selve, e i campi. ~ 



/ 

160 Tebaidi df Stazio 
Ne* tardò molto, che Té noto il campo, 
E dove il corpo del frate! seti giace. . 
In yederla venir Menetc ha tema , 
E fa cessar da le querele Argia . # 
Ma quando de i suoi pianti il suono estremo 
Giunse a ferir d' Antigone V orecchie , 
E a lo splendor de gli astti, e ai doppio lume 
D'ambe le faci squallida la vide, 
E la mirò statsi col crin disciolto 
Infetto di putredine , e di sangue 

Quali ombre ( disse ) temeraria cetchi 
In questa notte mia ? Nulla risponde 
Queir infelice , ma col manto copre 
Il marito , e se stessa , il suo dolore ■ 
Per timor sospendendo « Allor di* frode 
Più Antigone sospetta , e minacciando 
La donna a un tempo, e il suo compagno incalta. 
Ma T uno , e i* altra sta confusa > e tace . 
Al fine Argia sempie tenendo al sf?no 
Stretto il consorte, scopti il viso, e, disse : 

Se tu qui meco a ricercar pur vieni 
Un qualche estinto , e se tu pur paventi 
L' iniqua legge del crudel Creonte , , 
Ben sicura scoprirmi a te poss' io . J 
E se infelice sei , qual ti palesa / | 
Il tuo pianto, e il lamento j amica dammi , 
Dammi U fede: io son d' Adrasto figlia . . . 



t t fi R O Xlt t*t 

ftel caro Polinice alcun non viene , 
Ahi lassa. 9 al rogo, benché il re io Vieti? 
Srupi a quel dir la vergine Tebana , 
£ inorridissi > e 1* interruppe : adunque 
Da me ti guardi? (oh troppo cieca sorte I) 
Da me compagna de le tue sciagure ? 
Tu le mie membra abbracci, e tu previeni 
L'esequie mie? Ti cedo! Oh di sorella 
Troppo lenta pietade ? Oh mia vergogna! 
Costei prima sen venne ? E qui sul cotpÉ> 
Caddero a un tempo , e 1* abbracciaro insieme , 
E confusero insieme i crihi , e i pianti • 
Sei dividon fra loro , ed a vicenda 
Godonsi il volto con alterni baci . 
E mentre una il fratel , V altra il marito 
E questa Tebe, e quella Argo rimembra, 
Più da lontan cosi comincia Argia : 

Per questo sacro , e lagrimoso furto 
Dei Comune dolor , e per quest' ombra 
Ad ambe grata > e per le pure stelle , 
Che dai ciel ne rimirano, ti giuro: 
Costui non tanto del petduto regno , 
Benché esule , e ramingo , o del terreno 
A lui nativo , o de la cara madre 
Si ricordò; quanto di te bramoso 
Sol d'Antigone ayeva i n bocca il nome, 
E te sola chiamava il dì , e la notte. 



V 

iti Tjeb ai de di Stazio 

■ 

Minor cura io gli fui, c in abbandono 
Più facile a lasciar . Ma ru il vedesti 
Almeno da una torre anzi *J delitto 
Guidar le squadre Greche , ed ei te vide 
Dal campo, e con la spada a te i saluti 
Mando da lungi , ed inchinò il cimiero . 
Noi misere, e lontane! ahi qua! crudele 
.Nume li spinse a così estremi sdegni ì 
Fur vane le tue preci ? A te potèo » 
Cos' alcuna negar ? Gii cominciava 
Antigone a narrare i fatti antichi 
Dal lor principio -, ma il fedel compagno 
Ambe ammonisce : la prpposta impresa 
Prima finite : impailidiscon gli astri 
E s'avvicina il dì : l'opra avanzate., 
E a lagrima*: fia tempo : ahtbia de fiamme 
Il rogo prima, e piangerete poi . , • 

Un roco mormorio senton vicino,, 
Che addita lor non lungi esser l'Istneno 
Che brutto ancor di sangue al mar correa: 
Quivi il lacero corpo ambe portaro 
Congiungendo le destre , e non più forte 
li veglio aneti* egli vi prestò la mano. 

Cosi fumante ancor, lavar Fetonte / ' 
De V Eridano tepido ne Tonde 
Le pie sorelle. Ei fu sepolto appena, 
Ch'esse forma, cangiando, in un momento 

• 

i 



Liiìo Xlf. 2.€% 
Flebili selve fecer' ombra al fiume. 

Mondo che fa* di sangue » e che snl viso 
Tornò di morte ti naturai pallore > - 
Gli dier gli ultimi baci , e d* ogni * parte 
Cercarle fiamme t ma gelati, e spenti 
Ne le putride fosse erano i fuochi > 
Ed ogni rogo in cenere consunto . 
O fosse caso > o pur voler de i Numi 
Un. solo ne restava » ove le membra 
D' Eteòcle crudele arset poc* anzi : 
O nuovi mostri disponea Fortuna , 
O l'empia Furia lo mantenne acceso»' 
Perchè, si dividessero le fiamme . 
Splendere fra i carboni un piccioi lume 
Con flebile piacer mirar' le donne ». 
Ne san qual basco su quel rogo ardesse . 
Ma qualunque egli sia pregando il vanno, 
Che mite al cener suo compagno accolga 
Queir infelice > e insiem confondan 1* ombre 

Ecco di nuovo in campo i rei fratelli: 
.Caddero appena sul vorace fuoco 
Quei nuovi membri , che tremaro i roghi > 
E da. l'esequie l'ospite è respinto: 
Scoppiati le fiamme, e s'alzano divise 
Tinte le corna di funerea luce. 
Cosi, se il torvo regnator d' Averno 
Uni le fiamme di due Furie ultrici, 

* 4 



ir 



T 



v: 



i*4 TEBATDI OI Stazio 
Sorgon discordi» ed infra ior disgiunte , 
Tana lungi da V altra ardere agogni. 
Gli stessi legni» quasi sentan l'ira, 
L'uri da l'altro si sparte > e il peso scuote. 
Ahi i ( gridò allor la vergine Tcbana ) 

Misere l Gli odj antichi» e l'ire spente 
Noi rinnovammo . Era il fratel costui * 
Chi altro» che il fratel l'ombra straniera 
Respinto avria ? Del semiadusto cinto. . 
Mira eli avanzi, e de l'infranto scudo: , 
Vedi come la fiamma si divide, 
, E poi di nuovo si raccozza , e pugnJH 

Vivono gli odj ancor: non fu bastante 
. La guèrra a terminarli. Ah sfortunati! 
Voi contrastaste, e il fier Creonte ha vinto. 
Per voi più oon v'e regno. Ahi qual furore! 
£ di che contendete? Ornai cessate > 
Da le minacce ? e tu primiero cedi 
Esule sempre, e ognor dal giusto escluso. 
La consorte ven prega» e la sorella, 
O in mezzo a voi ci getterem su i fuochi. 
SÌ disse appena, e dal profondo centro 
\ Tremò la tetra, e vacillarle mura; . 

* £ dier muggiti le discordi fiamme 
Del biforcuto rogo. A quel rumore 
Si destaro i custodi» a i quali il 
Pingea l' immago de i vicini mali 



Digitized by Google 



Librò XIR. 
Tosto corrono armati , e minacciosi , 
E ricercando van per tutto il campo. 
Temè in Tederai il solo veglio: al rogo 
Stanno le donne intrepidc^e sicure - t 
E pòi che il corpo è itinere disciolto , 
Palesano co i pianti > e con le strida 
La disprezzata legge di Creonte , 
E il pietoso lor furto : insiem contesa 
Hanno di morte > e di morir la spfne 
Arabe infuria, ed accende .* Io del Fratello; 
Io del marito (or runa, or l'altra grida) 
Arse ho le membra . Io tolsi 1 corpo : i fuochi 
Io fui che accesi : ^ me pietà : me amore 
A ciò sospinse : e provocando a gara 
Offrono T innocenti invitte dest* : 
Quella > che innanzi ne i lor detti apparve 
Riverènza, ed amore, ora rasscmbra 
furore , ed ira * unto ferve > e cresce 
IV ambe il contrasto , e il grido . Intanto i servi 
Le conducon legate al re crudele . 
Ma d'altra parte avea Giunon condotto 
( Consentendo 1 Minerva) entro le mura 
D* Atene il mesto attonito drappello 
De le*redd*é Argive : essa 1* affetto 
Lor del popolo/ aequista . Essa a i lor pianti 
Pieci concilia , e onore: essa lor porge 
Di suppliche voi benda i rami ciati , 



I 

\ 

» « 

tS^, Tebaide di Stazio ,t 
E insegna loro a ricoprir col manto 
Il volto , e gli occhj , ed a mostrar 4ol«nti 
De ie ( oeneri vote io, mano 1 .urne. 
Fuor de l'Attiche j^e escono a prora, 
D'ogni età,.d>gnVsesso, e già (e strade 
Sono ripiene , e son coperti i tetti . 
Onde vien questa turbai S da qual parte 
T<*te misere insieme ? Ancor non sanno 
La cagioni clip la mena, e i ipr disastri. 
•E, gii tutti ne piangono, la pea 
Tra i drappelli mesce , e il tutto narra : 
La Patria ; la cagioa de i loro pianti s 
Che lamino in Atene : ed esse ancora 
In varie parri accusano , fremendo • 
L'empia legg<* di Tci*e , e il fier Creonte. 
Non con tanco rijmor le rondinelle . 
Narran con tronchi accenti a i tetti amici 
Del lascivo Terèo io stupro infame, 
Il doppio letto, e la crude! vendetta. 
Nei mezzo a la città sorgeva un tempio 
Non dedicato aj più possenti Nuipi , 
'Ma eretto in sede a la Clemenza, e sacra 
PattcPr aveva miseraci 1* gente . 
Ognor supplici nuovi > « ognoc le pre* 
Sono esaudite . O^nun, s* ascolta : aperto 

il dì, e la no|ta, e * mitigar la Dea 
Bastano solo U ju«ele > c i jpiantì . 



i 



V 



Libro XII. \6* 
Parco n' è il culto ; non l'incenso , o il sangue 
De le vittime pingui ^ivi s' adopra . 
Son di lagrime aspersi i miti altari , 
Pendono in voto le recise chiome , 
E le vesti da i miseri lasciate , » 
Che ha fortuna miglior condusse il Nume, 
Placida selva il cinge, in cui verdeggia 
II sacro lauro , e il supplicante olivo . 
Ma non v* e simulacro , e de la Dea 
Nessuna immago in vivo bronzo espressa: 
Le menti, e i cori d'abitar sol gode 
Sempre di meste turbe, e bisognose, 
E supplicanti è pieno il luogo, e solo 
A i fortunati è queir altare ignoto, 
Fam'è, che i fì|li de l'invitto Alcione » W' 
Poi ch"arse in Era,»e al cielo ascese il padre 
Cangiato in Dio, da V Attiche^alangi 
Contra Euristeo difesi , a la Pietade 
Ergcsser Tara; ma minor del vero 
È questa fama; e più credibil sembra. 
Che i Numi stessi, a cui diè albergo , e sede 
Ospite Atene; come a quella diero 
Leggi , e costumi , sacrifizj , e T arte 
Di coltivar, e seminar la^erra* 
Che fu poi sparsa in peregrine piagge » 
Cosi sacrasser quivi a gl'infelici 
Un asilo sicuro > onde lontane 

♦ 



Digitized by Google 



I 



jpòsscr ire, e minacce, e i regni iniqui, 
E da ouél giusto altar^ andasse in bando 
la malvagia Fortuna, e i Fati avverai. 
..Ad ogni gente é di gii noto il tempio, 
1 i vinti in guerra , e gii esuli , e dal trono 

I re scacciati, e quei , che per orrore, 
Non per rea volontà commiser fallo, 

Vi concordano a gara , e chiedean pace , 
L'ospitai sede avea poc'anzi accolto 
£dippo , c sciolto da sue furie antieTie t 
E da l'eccidio preservata Olinto 
E da la madre liberato Oreste . 
ivi , additando lor 1' Attica plebe 

II tempio , entratale sconsolate Àrgive * 
E%eron luogo le primiere turbe 

De gl f infelici . Appena entrate furo , 
Clic ne i lor£petti si calmar' gli affanni . 

Cosi cacciate dai natio Aquilone 
Dal freddo polo a più soave clima, 
In discoprir le Gru 1* amata Fato 
Stendon per V aria la volante nube . ' 
E di lieti clamori empiono ii .cielo . 
Dolce c loro sprezzar nei caldo Egitto 
Le fredde neri > e^T importuno gelo 
Scior del tepido Nilo in su le sponde ; 

Ma gli applausi festivi, e de la plebe 
Le grida , che feriscono le stelle , 



V 



Digitized by Google 



Libro XII. 1*9 
E il lieto suon de le guerriere trombe 
Annunzio da», che di eià vinte e dome 
. Le fiere Scice , e vincitor ritorni 
Su carro trionfale il gran Teseo . 
Precedono le spoglie , e pria* T im 
Del fiero Marte ; indi i faIcac v|~^ 
E i destrier' privi de le lor guerriere , 4 
E le bipenni infrante , onde le donne 
Troncar le selve, ed ispezzare il ghiaccio 
Solean. de la Meo cica palude . 
E salmerie d'elmi, di piume, e d'archi, 
E le lievi faretre s e risplendenti 
Di varie gemme i militari cinti; 
E scudi aspersi del femmineo sangue.* 
Seguono poi le Amazzoni sicure , 
Ancorché vinte} ne si mostran donne. 
Ne cjuai donne si lagnano : .e- » le preci x 
Sdegnano* di piegarsi , e cercan solo # 
De la vergine Palla U culto, c il tempio. 
Ma il più gradito oggetto era Teseo 
Su carro eccelso , cui traeaa superbi 
„ Quattro destrier viepiù che neve bianchi : 
Ne Ippolita è minor vaghezza, * speoe 
Del popolo, gii placida in .sembiante ,* 
E al dolce nodo maritale,. avvezza . 
Ne raormoran fra lor l'Attiche donne * 
E torve la rimirano fcemcadot fi . v 




%f$> Té^aide r3i Srxziò 
fch'essa i Patrj costumi intabbàndonO 
Lasci, e le chiome adorai, i membri còpra 
Con lungo manto, e ne la grande Atene 
intri vinta in trionfo , e al vincitore 
Consorte a partorir d'Egeo nel Ietto. 
S* allontanato allor dal sacro alcare 
Alcuil passi le dolenti Greche , 
£ in ammirare' e V ordine , e le spoglie / 
Del superbo trionfo , i vinti sposi 
(Crudele oggetto i ) a lor totnaro in mente, 
Ma poi che, il carro sofFermossi , ed alto 
Richiese la cagion di lor querele 
il vincitore , è a le preghiere porse 
favorevole orecchio} a parlar prese 
Di Capanèo la valorosa moglie : 

Magnanimo figliuol del grande Ege\>'> 
Cui da le nostre stragi esce improvvisa 
Oceasion d'eterna lode, e fama* 
Ndji non. venghiamo a te turba straniera , - 
Né rea d'alcun misfatto : Argo la culla* 
Ci diede, e furon regi i nostri sposi: 
Cosi non fosser stati attdaci tanto» 
Perchè à qua! prò ifcttòvet ben sette campi 
Per castigar A* Agenore i nipoti ? 
Ne 4 però ci dogliam de la lor morte r 
Queste di guerra soft leggi , e vicende . 
Ma quelli che- cader', non far Ciclopi, 



Digitize 



1 llBKÓ XII. 

Mostri prodotti ne V Ernée caverne , 

E non biformi abitator de l'Ossa: 

Taccio la stirpe , e i generosi padri . 

Uomini filr , magnanimo Tesèo , 

(Basti sol tàteto) e d' uman seme nati, 

Ed ebbero con toi comune il cielo, 

La Parria, e l'alme, e gli alimenti stessi 

Color , che esclude da gli estremi fuochi 

1/ cmp?o Creonte, e da le Stigie porte j 

(Come s'ei fosse il torbido Acheronte, 

Onde nac^uer V Eumenidi Spietate , 

O il rèo nocchicr de 1" internai palude } ) 

E fa gir r ombre» vagabonde , e ilicerre 

Tra l'Èrebo, e le stellò. O de le cose 

Produttrice Natura , e tu il consenti ? 

E dorè sono i Numi ? E de V ingiusta 

Fulmine vibrator 1* iniquo Gioire * 

Atene, e dove sei? Già sette volte 

Sorgendo in cielo, volse altrove il carro* 

Spaventata l'Aurora, é oscurò il Iamé y 

E con orrór li rimirar' le stelle : 

E già il putrido cibo odian le fiett , ; 

E gli avvolto}: t quell'infame campò , 

Che lezzo spira , e V aer puro aggravi. 

Siane permesso almeno àrderne l'ossa 

E il putridume : e che di lot più rcsra > 

S« , Cecropj; afietcatéTij a voi tocca 



t7* Tebaide di Stazio 
Questa rendete* : pria che mossi a sdegno 
Tengan gli Emaij , ed i feroci Traci , N 
E quanti son . ab* usan d'esequie, e fiamme 
Dopo la motte aver gli estremi onori . 
Perphè a i* incrudelir qual fia prescritto 
Termine, q meta? Noi pugnammo, è vero* 
Ma morir' con la morte e gli odj>, e V ire . 
Tu pur (che ancor a noi de le tue imprese 
La fama giunse ( non lasciasti a i mostri • ^ 
Sini , e Cercione , e con dolor mirasti 
Il barbaro Sciron privo di rogo \ 
E ancof*la .Tana, onde cotante spoglie, 
Ora riporti, certa son > che vide 
De le Amazzoni sue fumar le pire . 
Deh questo ancora a i tuoi trionfi aggiungi; 
«ol questa impresa al mondo , al cielo , a Dite,, 
Questa sol* opra intrepido concedi . 
Se d'ogni tema Maraton sciogliesti* 
Se del mostro biforme il laberinto 
Tu superasti ; se non pianse invano 
IT ospite vecchia ; cosi teco ognora 
Sia Minerva in battaglia, e non invidj 
Gii fatto Dio, V emule imprese Alcide:. 
E sempre, in carro trionfai ti veggia 
, La genitrice , e sempre invitta Atene 

Mai non senta un dolor simile al neutro. 
Disse i e l'altre approvato, e fra le strida 



i 



Digitized by Goodle 



Libro XII, *7I 
Supplichevoli a lui teset le mani 
Prima arrossi Teséo mosso da i pianti : 
Indi di giusto sdegno il cuore acceso , , 
Così esclamò : qua! nuova Furia a i regni 
Insegnò rai costumi ì Io non lasciai 
Cosi barbati i Greci, ailor, eh* a i Sciti, 
Varcando il freddo Eusino» il cammin volsi; 
D'onde il nuovo furor? Forse, Creonte, 
Credevi tu , che più Teseo non fosse ì 
Eccomi , e non ancor sazio di sangue . 
Del sangue de i Tiranni è sitibonda 
Ognor quest'asta. Ma che indugio? Sprona 
A quella parte , o fido Egeo , e giunio 
A le Anfionie rocche alriero intima 
O il rogo a i Grec; , o mortai guerra a Tebe- 
Si dice ; e de le pugne , e del caramiru^ 
Scordato i suoi conforta ; e per un» poco 
V affaticato esercito ristora . 

Siccome toro, che pur or l'amata, 
E il pasco antica vincitore ottenne , 
E ne gode tranquillo , e si riposas- 
se ode lungi muggir nuovo nemico , 
Quantunque ancor grondino il collo , e il petto 
Di ftesco sangue , rinnovella V ire , 
Cela il dolor, sparge col pie 1* arena, 
E le ferire sue copre di polve . 

Lo scudo scosse , onde si copre il petto 

T«i. di SM*. Tom. IL : $ t 



Te*aidé »i Stazio 
Pallide istessa , e V orrido GotgOtte ; 
E gli angui , «he le fan crint , e corona 
Gonfiato i colli , e nmiraron Tebe i 

, Nè ancor movevan V Àttiche falangi» 

E già Dirt* temea le trombe ostili. 
Non sol la gioveotude a l'armi avvezza , 
Che a partt fu del Scitico trionfo , 
Segue r eccelse Vincitrici insego* 
Del duca invitto? ma v'acsotron pronti, 
E volontarj i popoli Vicini i 
„ Vengono quei, the di Munichio i co!4i * 
,1 % il gelido Braurona *pron co i solchi ) 1 
E quei , che sul Pireo , fido ricetto 
A i nocchieri, e a le navi» hanno 1# sede: 

v Nè ancor famosa per le palme Eoe 

Sua gente al campo Maratone invia: i 
E le case d* Icario > e di Celéo 
Ospiti amiche a i Geniali Dei; 
E le verdi Melene ; e d'ombre, e boschi 
Egaio pieno , e de le sfere viti 
Abbondevole Parne , e Licabcsso . ~ 
Stimabil pi u per le feconde olive, , 
i Vengono i fieri hleS , ed i cultori 

D* Imetto iàscian gli odorosi favi 
•f E Acarne , che di vérde edera testé > 
J rozzi tirsi j e Snniohe altiera , . - 

Che da le prore Eoe Ungi si scorge* — 




Libro XII. i?t 
Onde ingannato da le false vele 
Egèo sen cadde , e die suo nome -al mare } 
£ Salamina, e a Cerere diyota 
La sacra Eleusi, le campagne incul te 
Lasciando > spingo n le lor genti in guerra ; 
£ quelli ancor , che nove volte intorno 
Calliore cinge con gire voi' onda # 
£ quei , che bevon de l' Iliso V acque 5 
D' Iliso consapevole del furio 
De la vaga Oriila » e che cortese 
Diede al Tracio amarore occulto asilo * 
kesta deserto ancor l'ameno colle, , 
Ov'ebber lire i Dei» finche repente 
Il pacifico olivo uscì da i sassi a 
E fé' con l'ombra ritirate il mare. 
Ippolita anco l'Iperboree schiere 
A le mura di Cadmo avria condotte» 
Ma la ritarda la sicura spene 
Del ventre grave , e il vinciror la prega* 
Che di Mine si scordi » e che consacri 
Ai letto <T Imeneo faretra , ed arco . 
Ma poi eh' ei vide intorno a se raccolti 
I popoli feroci, e chieder gfcerra, 
E respirar sol V armi , e dare in fretta 
Furtivi abbracci a le consorti , e ai figli » 
Da l'alto carro favello in tal guisa: 
O valorose schiere , accinte meco 



z?6 TtaAiDE di Stazio 

Del mondo i pacci , e de* le genti il d icto 
A vendicare ; i generosi cuori 
M os tra te degni di si .giusta impresa . 
Pugneranno per noi uomini , e Dei , 
Ne fia scorca Nacura? e clan con noi 
Gli scessi abirator* del muro Inferno . 
Condurran conerà Tebe in ordinanza 
Esercirò di pene» e di cormenci 
V anguicrinire Eumenidi spiccare . 
Gicene iieci , e con sicura *pene 
Per si giusta cagion d' aver viccoria . 
Si disse, e lanciò Tasca, e il campo mosse. 

Cosi qualor la prima bruma , e il, gelo 
Sciolse da 1' Arco nuvoloso Giove , 
£ irrigidiron gli ascri ; Eolo le porre 
Disserra a i venti : e impaziente il Verno 
Di più lungo riposo acquista forze, 
E soffian gli Acjuilloni . Allora i monci 
Fremono , e il mare j aliar spezzare , e rocce 
Pugnan le nubi ; allora i tuoni iti cielo 
Scorrendo vanno , e i fulmini volanci • 

Ai muover de V esercito possente 
Trema lungi la cerra, e i verdi campi 
Tritaci» e pesci de i destrier' feroci 
Da T unghie gravi , e le campagne incorno * 
Ove passar' di fauci, e di cavalli 
te immense schiere , soa ridoccc in polve . 



Digitized by Google 




Libro Xlt ±7f 
Ne perà basta ad occultare il lamé 
De 1' armi ; e io mezto a quella densa nube 
Si veggon ballenar corazze, ed aste. 
Vanno correndo il dì , né li ritarda 
L'ombra notturna, e il placido riposo. 
Han contesa tra lor , chi più veloce 
1/ altro preceda > e chi primier discopra 
Da lungi Tebe, e ne V Ogigie mura 
Chi primo vibri il dardo, o l'asta affida. 
Ma nel lucido scudo impresse porta 
Il sommo duce sue famose imprese , 
E de le glorie sue, principio , e fonte 
Creta, cento cittadi , e il laberint© . 
Lui stesso vedi nel confuso alberilo 
Torcer l'ispido collo al Minotauro, 
E in fiera lotta le robuste braccia 
Legargli a tergo, e l'una. e l'altra mano. 
E dal cozzare de le insane corna 
Ritrarre il volto, ed ischivarne i colpi. 
QuancTrgH entra in battaglia , e lungi mostra 
L' enorme belva , alto spavento ingombra 
Le nemiche falangi in rimirarlo 
Due volte aver le man' di sangue tinte , 
La prima ne lo scudo, e l'altra in guerra. 
E s' ei talora vi rivolge il guardo , 
Vede presenti il mcmorabil fatto, 
11 drappel de i compagni , e V aspre porte 

^ 3 



\ 



TfSAiDE di Stazio 



Dei formidabil tetto , ed Arianna 

Mesta temer, che a lai con manchi il filo . 

Mandava intinto il fier Cieonre a morte 
Legate di durissime catene 
Antigone, e la vedova di Tebe » 
Figlia del grandé Adrasto . Ambe contente , 
£ per grafi voglia di morir superbe , 
Offron la gola a! ferro , e del Tiranno 
Deludono la spene , e sprezzan 1' ire ; 
Quand' ecco giunge il Méssaggier d', Atene ; 
Porta egli in mano il ramuscei d' olirà , 
Segno di pace , ma fremendo , e audace , 
In virtù* di chi 'I manda, armi minaccia» 
E guerra intinte i e ché Tesèo è vicino , 
Grida , e gii ingombra con le schiere i campi. 
Restò sospéso fra contrarj nembi 
Di diversi pensier* V empio Tiranno , 
E "mixjeò V orgoglio , e le minacce . 
Pur si rinfranca > e simulando il riso * 
Ed il volto infingendo , al fin rispose : 

Non basta dunque il memorando esempio 
D* aver pur or vinte Micene , ed Argo , 
Che nuova gente ad intultarci muove ? 
Venga $ ma vinti poi non si quereli, 



Velare il giorno • ed adombrare i monti . 




\ 



Lituo XII. 17 9 
Impallidisce, e frettoloso impone» 
Che s'armi il vulgo, e l'armatura ci Teste, 
Ma tra fantasmi , e larve entro la reggia 
Vede baccar le Furie , e Menecéo 
Torto , e piangente» e su i vietati roghi 
Ardere i Greci, e festeggiarne l'ombre. 
Quale fu mai quel giorno .- in cui la pace 
Compra con tanto sangue , e nata appena 
Spatì da Tebe ? Timidi , e confusi 
Rapiscon 1* armi a i patrj Numi appese , 
I co i laceri scudi il petto coprono , 
Staccano gli elmi d' ogni fregio ignudi , 
£ le saette ancor di sangue lorde . 
Non v'e chi si distingua , o chi risplenda 
Per gemmar» faretra , o tetso brando, 
O per destriero d'ostro, e d'or guernito . 
Non si fidan nel Tallo ; in mille lati 
Son le mura squarciate , e de le porte 
Cercan le ferree spranghe » e 1* opra è vana. 
Che le spezzaro i Greci : e torri , e merli 
Abbatte Capaoèo : pigra , ed esangue 
La gioventù non dà gli usati amplessi 
A le consorti, e i dolci ba<i a i figli > 
Ne san quai voti far gli antichi padri • 
Ma poi che vide il capitan d'Atene 
Spezzar le nubi» e rischiarare il mondo 
li nuoto sole , e lampeggiar sa l' armi k 
^" ( . " 

* 4 



» I ■ 

/ 

• I 

t • I 

ito Tìbaidb or Stàzio 
Scende nel campo, ove sran l'ombre inulte; 
E giacciono i cadaveri insepolti 1 » . 
E in respirate, denrro il chiuso elmetto, 
De le fracide membra il gràve olezzo , 
Intenerissi , e pianse, e in lui lo sdegno .« 
Viepiù forte s' accese a la vendetta". 
Da l'altra parte quest'onore almeno # ." 
Concesse a i Gteci il perfido Creonte, 
Che al nuovo Marte non guidò le schiere 
Su i corpi estinti: de la prima strage, 
Sorse per conservar gii ultimi avanzi , 
E a bere il sangue un altro campo scelse. 

Ma già condotte avea le genti' a fronte 
La disuguai Bellona : un grido istesso 
Non è d'ambe le parti, e de le trombe 
Non è simile il suono . Inferma , e lenta ^ 
Quindi sen vien la* gioventù Tebana 
Co i brandi chini , e strascinando V aste , 
Incedendo il terren , co i scudi a tergo 
Mosrran grondanti ancor le prime piaghe • , 
E già i Cecropj stessi il primo ardore : 
Vanno perdendo , e cessan le minacce » 
E langue la virtù senza conttasto . 
Cosi minor è l'impeto de i venti, 
Se non s' oppone al lor furor la selva ; 
E se non frange a i Lidi , il mar non freme. 
Ma poi che V asta Maratohia in alto 



CX 

» 

i 

Digitized by Google 



Libro XIL til 

Alzò il figlio d" Eg èo > la cui S ran4 ' ombia 

Stese 1* orror su l'inimiche schiere, 

E il balenar dei ferro ingombrò il campo j 

Qua! se da l'Emo i corridori Traci 

Marre sospinga , e seco in carro porti 

E morte, e fuga 5 le Agenoree schiere 

Pallide danno il tergo, e in rotta vanno; 

lassi de la vii plebe aspro governo 

Da gli altri tutti ; ma Teseo non degna 

Contro chi fugge usar la forza , e V armi 

Cosi l'esangue, ed abbattuta preda 
A i cani piace , ed a i codardi lupi ; 
Ma si pasce il leon di nomi* ira . 

E pure Oienio abbatte , e il fier Tamiro 
V uno scegliea da la feretra i dardi , 
L' altro alzava da terra un sasso immenso • 
Quindi i figli d' Alcèo , eh' hanno fidanza 
Ne la triplice union, con tre grand' aste 
Tutti da lungi un dopo V altro uccide ; 
A FUeo il petto , ad Elopt la gola , 
E ne la spalla Japige trafìsse . 
Poi con quattro destrier' su carro eccelso 
Emone ci scorge , e orribil" asta vibra . 
Quegli i destrieri timidi rivolge 
In fianco , e cede i lungo tratto vola 
La ferrea trave, e due cavalli uccide; 
E il terzo feria i ma vi si oppose 



I 

0 



\ 



% it Tt**iDt i»r Stazio 
Il ti mone , ed in se ritenne il colpo . 
Ma gl* non cttrana "o *l g raa Teféo , 

Solo brama co ivoti, e con le grida 
II fier Creonte., e lui sol cerca , e chiama . 
Ed ceed il vede da 1" opposto corno 
Esortar le sue schiere, e con minacce 
Spingerle , lor malgrado , a la battaglia . 
Al comandar dèi ducè , indietro il passo 
Ritirano i éecropj , e il lascian sólo , 
Affidati ne i «umi, e in sub valore; 
Ma T altro i snoi ritiene; e li rappella ; 
E poi che vide, c*e egualmente in ita 
En a i nemici, ti a le proprie squadre» 
Tut^a raccolse il suo furore estremo, 
E infuriando disperatamente , 
Lo' tV più audace la vicina raorrc . 

Queste non son le verginali destre 
( Dice ) con cui pugnasti . e qui non sono 
Di liitftl targhe le guerrière armate- 
Qui pugnerai co 1 foni: e tfói Siam quelli. 
Per le cui mani H gran Tideo sfctt giàcè . 
Noi uccidemmo Ippotnedonre tirerò, 
E noi mandamma CÌapaneo fra i* ombre . 
E qual follìa ti spinse a farne guèrra è 
Mira color , che à Vendicate aspiti , 
Come deformi giacciano, e insepolti. 
Cosi diss'egti, è itaci* Tasta indarno, 



Libro XII. 1*5 
Che Io scudo toccando , a terra cadde • 
Sorrise amaramente il fiero Egide , 
£ dispreizando le minacce > e il buccio . 
Ferrata trave innalza , e il colpo libra ; 
Ma pria lo sgrida con parlar superbo : 

Ombre Argive insepolte > a cai consacro 
Questa vittima infame in olocausto , 
Spalancate 1* inferno , e preparate 
Le furie ultrici j ecco scn rieri Creonte. 
Vola la fatai' asta , é V aria fende , 
£ le anèlla del giaccio , onci' ci raddoppia 
Sotto r usbergo le difese il frettò , 
Smaglia , e fracassa , jt fuor péf céntò tié 
De la rotta lorica il sangue sgorga . 

Cad' egli , e ijKraorte gli ocefaj érrantl scioglie. 
Teseo gii è sopta , e col gran £ié lo preme , 
£ de r armi lo spoglia » e fé rampogna : 

Crudel , ti piace ààcor li gittste fiamme 
Dare a gli estinti , e gi' infciicl Greci 
Coprir di terra ? Or tanne Ove t' aspetta 
Il dovuto supplizio ; e va sicuro. 

Che ti corpo tuo non mancherà d' avello . 

Morto il Tiranno, l'uno, e 1* altro campo 
Mesce le insegne , e porgo risi le destre , 
E germoglia la pace in metio a V armi ; 
Ed ospite è Teséo , non pi i nemico. 
Lo pregano , chs il piede entro le mura 



a 84 Tebaide di Stazio 
Ponga, ed onori i lor paterni alberghi 
E lor compiace il vincitor cortese . 
Tutto va in festa, e con piacer l'accoglie 
La turba de le madri, e de le spose. 
Cosi gii domi i popoli del Gange 
Ebbri , e giulivi , e *i crin di fronde cinti 
Lodar' di Bacco i sacrifìzj insani. 

Quando di grida, e di femminei pianti 
Suonar' le opposte selve , e gii da i colli 
Sceser di Circe le Pelasgbe madri , 
E le vedove afflitte; in quella guisa, 
Che van talor le furiose Menadi 
Chiamate al suon de i timpani , e de' cimbali 7 
Che par , cotanto son feroci , e tumide 
Che fugan dal delitto, o che vi corrano. 
Godono ne i lamenti , e trionfando 
Vanno fra i pianti: un impeto, un tumulto 
Nasce fra lor , se prima al gran Teseo 
Corrano a rendere i dovuti onori , 
O a incrudelire nel Tiranno ucciso , 
O ad accender le fiamme a i corpi amati: 
Vedovanza , e pietà le guida a i corpi . 

Non io , sebben mi fecondasse il petto 
Con cento voci alcun benigno Nume , 
De 1' umi» volgo, e de i sublimi regi 
Cotanti roghi, e tanti pianti insieme 
Coti degno carme raccontar potrei; 



Digitized by Google 



Libro XII. *8f 
Come V audace Evadne ir} -mezzo ai fuoco 
Si lasciasse a cercar del jgran consorte 
Per entro il seno il fulmine celeste : 
Come disresa su le fiere membra 
Deifilc fra i baci il suo tidco . 
Scolpando vada : come Argia racconti 
11 furor de i custodi a la germana : 
Con quali strida le Parrasia madre 
Chiami Partenopeo; Partenopeo , 
Che serba ancor beltà nel volto esangue» 
Partenopeo, cui piansero ambi i campi . 
Non novello furor , novello Apollo 
Tante cose porrla stringer cantando . 
£ già rotte ho le vele > e i rami stanchi , 
£ già la nave mia domanda il porto. 

MA TU , CARA TEBAIDE , al cui lavoro 
Sudai due Stati sotto '1 Sirio ardente > > 
Ed altrettanti Verni infra le brume 
Alsi , e gelai > dopo la morte nostra 
A vrai tu vita > e fama ? E fia , che alcuno 
In questo nuovo stil ti legga , c onori ? 
Certo , so ben , tra i più sublimi ingegni , 
Che te videro ancora incolta , e rozza , 
Molti vi son , che me ne dan speranza. v 
Vivi felice : e come V altra un tempo 
L'orme segui dal gran cantor di Manto 
Che innalzò al ciel con sì famosa tromba 



i8<? Te bai de di Stazio 
Il figliuolo d'Anchise, c de la Diva; 
Così tu ancor di nuovi fregi adorna 
Ne l'Etnisca dolcissima favella v 
V ARMI PIETOSE > e*l CAPITAN rispetta; 
E sebben nata sa le stesse sponde , 
Da lungi adora il FERRARESE OMERO , 
E se avverrà , che te V invidia adombri , 
Dileguerassi e la futura erade 
Ti darà forse i meritati onori s 
Posciachè dal suo fral mio spirto sciolto » 
Onde parti» ritornerà fra gli astri. 




< 



Digitized by 




d by Google 



r 



• 



v 4 




y. Ciocie